Shaun è un trentenne privo di ambizioni, che lavora in un anonimo negozio di elettrodomestici e sembra tenere di più ai suoi amici (in particolare Ed, un essere amorfo che dissipa la vita fra birre, playstation e frigorifero) che alla sua stessa ragazza. Nel momento decisivo della sua vita, quando i morti sorgeranno dalle tombe per invadere Londra, Shaun dovrà tirare fuori il meglio di sé stesso e salvare sia la sua ragazza che la madre degli assalti dei non morti. Gran finale con assedio fra zombi e vivi che difendono un pub come ultimo fortino dell'umanità...

Chi ha la fortuna (o la sventura, i due termini sono tranquillamente interscambiabili) di possedere un abbonamento a Sky avrà notato da tempo che gli inglesi sembrano possedere un istinto innato per certo tipo di umorismo di classe, cinico e amaro, leggero e sarcastico, privo della volgarità che affligge gran parte delle restanti produzioni mondiali. Mini/maxiserie quali Bottom, Father Ted, Spaced o The Office rappresentano esempi illuminanti del tipico humour per il quale gli inglesi sono giustamente famosi nel resto del mondo.

Shaun of the dead non è altro che l'esemplificazione di quello stesso humour applicato al moderno filone horror dei morti viventi. In tempi di grandi produzioni americane che si pigliano spesso troppo sul serio senza avere reali basi di sceneggiatura ecco che una commedia sul confronto fra un gruppo di perdenti e alcuni zombi giunge come ossigeno vitale, necessario a ristabilire le giuste proporzioni e distanze, ottimo strumento per riconsiderare interi filoni nella giusta ottica.

Intendiamoci, il film è sicuramente più umoristico che orrorifico e trova la sua via nelle recensioni del sito solo per merito di alcuni zombi particolarmente sgradevoli e cattivi, ciò nondimeno i suoi non morti, annegati in un mare di umorismo, riescono a provocare più orrore che l'intera visione di Dawn of the dead o film similari.

La natura di "perdente" di Shaun è così distante dalla nozione tipica americana (dove solitamente il perdente tipico è un Ben Stiller, loser ma pieno di soldi e ragazze) e da quella italiana (che ha sempre un fondo di riscatto e rivincita, quasi a sottolineare la nostra presunta abilità ad arrangiarsi...) da risultare a tratti incomprensibile e aliena, un feroce tunnel nel quale nemmeno le più ardue prove del fato riescono a cambiare la natura di un individuo (è sufficiente guardare il finale del film...).

Vi è una successione di gag semplicemente irresistibili, dal doppio viaggio di Shaun verso il posto di lavoro alla lotta contro i morti viventi a colpi di vecchi LP fino all’assedio finale ambientato nel pub. L'attore principale, Simon Pegg è anche co-scenegggiatore e riesce ad alternare un nutrito numero di punch lines a momenti splatterosi che, visti i tempi di generale autocensura filmica, diventano ancora più preziosi. Il modello di riferimento è chiaramente il Peter Jackson degli esordi e se questi ragazzi inglesi non sono provvisti del feroce genio del regista neozelandese è anche vero che un maggiore budget a disposizione e la conseguente possibilità di sviluppare fotografia, costumi e scenografia colmano in parte il confronto con il maestro di riferimento. Da sottolineare anche l'ottima colonna sonora con alcuni pezzi (quali Ghost Town degli Specials o White Lines di Grandmaster Flash) che contribuiscono a conferire alla pellicola il possibile status di cult negli anni a venire.