Correva l'anno 1886, a New York veniva inaugurata la Statua della Libertà e poco lontano John Pemberton creava la Coca-Cola, ma noi rivolgiamo lo sguardo sul vecchio continente dove, in Inghilterra, Marie Corelli pubblicava il suo secondo romanzo: Vendetta!.

E' stato necessario più di un secolo per vedere arrivare anche qui in Italia, per merito della Gargoyle, questo romanzo vittoriano del tardo gotico.

E la scelta si è rivelata vincente, la Corelli ha scritto un brillante esempio della letteratura gotica, immergendoci in questa partenopea vicenda dove la vendetta del conte Fabio Romani si compie.

Nel lontano 1884, a Napoli, il conte Fabio Romani un giorno incontra una donna di cui si invaghisce perdutamente e decide di farne sua moglie e questa scelta lo condannerà a un triste fato.

I primi anni con Nina sono agli occhi del conte il coronamento di una vita felice, il matrimonio viene presto allietato anche dalla nascita di una splendida bambina, Stella.

Ma ben presto un'ombra oscura adombra la tranquilla vita coniugale del conte. Il colera esplode a Napoli e Fabio ne rimane presto contagiato; nonostante le disperate cure di un monaco cade in un coma profondo e, creduto morto, viene seppellito senza indugi nella cripta di famiglia, per evitare il contagio.

Ma il conte non è morto e con terribile orrore si risveglia rinchiuso in una bara che porta il suo nome. Una cieca paura e una furiosa ricerca di libertà lo portano a rompere le pareti di legno che lo circondano e a uscire dalla sua lugubre prigione. Riesce a tornare sulla terra dei vivi, tuttavia molto amara è la scoperta che l'amata moglie non piange per la sua prematura dipartita, ma ride fra le braccia del suo amante, Guido Ferrari, il migliore e più fidato amico del conte.

Fabio decide così di vendicarsi dell'orribile tradimento e ordisce un perfido complotto per torturali e solo infine porre termine allo loro vili esistenze.

La lettura scorre piacevole, sebbene lentamente, poiché la ricercatezza del lessico e le corpose descrizioni rallentano. Tuttavia si riceve la curiosa e unica sensazione di riassaporare uno stile ormai perduto. Un'enfasi e un gusto per il melodramma che non ci appartengono più e che riusciamo con piacere a rivivere solo nei vecchi classici o in questo romanzo della Corelli.

Un encomio particolare va alla traduttrice, Monica Meloni, di cui in quest'opera più che in altre si deve riconoscere l'impegno e la dedizione, capace di restare fedele al testo senza tralasciare il tono ricercato.

Fanno sorridere i paragraffetti morali più volte inserti nella trama da Marie per avvertire i propri lettori a prestare attenzione ai difetti di carattere dei personaggi o del popolo descritto. Si legge con sincero divertimento l'elogio a tutte le virtù della donna, così come gli sfacciati riferimenti alle varie duchesse, baronesse inglesi che vivono molto al di sotto dei canoni di virtù dell'autrice. E così si arriva facilmente a comprendere il perché la Corelli fosse una della autrici preferite della retta regina Vittoria.

Ricordiamo che benché il nome possa suggerire un'origine nostrana, l'autrice era una britannica puro sangue, adottò il nome Corelli all'età di 30 anni rinunciando a Mackay per ottenerne una fama più 'esotica'. L'Italia descritta nel romanzo è, infatti, costruita su immagini stereotipate e favolistiche, derivate probabilmente da un'appassionata lettura di operette e commedie italiane. Tuttavia è difficile definirla come una pecca del romanzo; spesso e volentieri siamo descritti meglio che da noi stessi e siamo soprattutto ancora lontani dallo stereotipo statunitense dell'italiano mafioso; in questo romanzo siamo un popolo di appassionati più dediti alla risata che al malaffare.

In conclusione non è l'originalità che si va a ricercare in quest'opera, i più avranno notato le similitudini con il più noto romanzo di Dumas, Il Conte di Montecristo, a cui però, in tutta sincerità, non può essere lontanamente comparato. La bontà di Vendetta! sta nel piacere di leggere un'opera dimenticata immeritatamente, che si rivela un buon libro anche per noi moderni cinici più dediti al divorzio che all'omicidio.