Per chi ama Robert E. Howard e il fantastico d’annata, questa nuova uscita della Dagon Press è una piccola bomba. Pietro Guarriello ha curato e tradotto con la consueta passione quattordici racconti horror e thriller – quasi tutti inediti in Italia – recuperati da riviste pulp americane ormai introvabili. A completare il quadro, le bellissime illustrazioni di Giovanni Valenzano, che sembrano uscite direttamente dalle pagine di Weird Tales.
Come ricorda Guarriello nell’introduzione, “l’orrore, per Howard, non fu mai un mero orpello stilistico”. Il terrore, in tutte le sue forme – cosmico, psicologico, soprannaturale o weird menace – era per lui un modo per raccontare il mondo. E questa raccolta lo dimostra: anche nei testi minori, Howard mette in scena forze oscure e destini ineluttabili con un’energia narrativa che travolge ancora oggi.
Il racconto che da solo vale l’acquisto del libro è “I mostri della costiera tenebrosa”, autentico capolavoro di orrore cosmico. Pubblicato postumo nel 1969 su Spaceways, racconta di un uomo e di una giovane donna precipitati su un’isola deserta dominata da granchi giganti dotati di telepatia. Nessun mito di Cthulhu viene citato esplicitamente, ma l’atmosfera e il senso di indifferenza cosmica ricordano da vicino Lovecraft. L’idea di una razza aliena, evoluta e del tutto estranea all’uomo, è da brividi. Echi di Edgar Rice Burroughs e del ciclo di Pellucidar rendono il tutto ancora più avventuroso: un gioiello di immaginazione pura. Il volume si apre con “Artigli nelle tenebre”, un poliziesco che Howard scrisse probabilmente solo per motivi economici – ma anche qui il fantastico si insinua ovunque. Tra culti africani segreti, uomini-leopardo e atmosfere da weird menace, la storia scivola presto nel territorio dell’incubo. Howard non sapeva proprio scrivere qualcosa di “normale”. Più realistico, ma non meno inquieto, è “Il diavolo nel cervello”: niente mostri o stregonerie, solo due personaggi divorati da conflitti interiori che sembrano riflettere i tormenti dello stesso autore. E la scena di violenza domestica, raccontata con cruda efficacia, suona drammaticamente attuale.
C’è poi “L’orso nero azzanna”, che cita apertamente i Miti di Cthulhu (compaiono Cthulhu e Yog-Sothoth) ma li colloca in un’ambientazione esotica da “Pericolo giallo”. Non è un racconto perfetto, ma è un curioso esperimento che mostra quanto Howard sapesse dialogare con l’universo lovecraftiano senza mai copiarlo. Molto suggestivo “Il tesoro dello stregone”, rimasto incompleto, ambientato nel deserto dei Gobi tra monasteri perduti e un sinistro Lama nero. Da non perdere anchhe “La capanna infestata”, una classica ghost story del Sud americano, e soprattutto il frammento finale, “I culti innominabili”. Qui Howard intreccia il suo mondo con quello di Lovecraft, parlando del mitico Unaussprechlichen Kulten di Von Junzt e collegando l’era hyboriana all’origine della civiltà egizia. Pochi frammenti riescono a far sognare così tanto. Certo, non tutti i racconti sono allo stesso livello – compresi alcuni testi sportivi dedicati alla boxe, curiosi ma minori – ma nel complesso il libro è una vera miniera. È Howard allo stato puro: muscolare, visionario, irresistibilmente pulp.
Un volume imperdibile per chi ama il fantastico classico e vuole scoprire un Howard diverso, più oscuro ma sempre grandioso. Dagon Press colpisce ancora. Il volume esce in una bellissima edizione cartonata limitata e anche in paperback.













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