Avevo già dato notizia dell'uscita di questa graphic novel per i tizi della Magic Press qui, passo ora a parlarvene in maniera più approfondita. Meglio togliere ogni dubbio fin dall'inizio: chi mi segue sa bene che sono restio a dare il massimo dei voti ma questa volta, se guardate quante stellette si sono accese sotto la copertina dell'albo capirete facilmente che per me il volume può essere catalogato sotto la voce capolavoro.

E chiariamo anche un'altra faccenda: nel campo dell'editoria a fumetti, come in ogni altro settore, possiamo dividere coloro che ci lavorano grosso modo in due gruppi, quelli che lo fanno esclusivamente per soldi e quelli che operano per soldi e per passione. La Magic Press ricade senza ombra di dubbio nella seconda categoria, più ristretta della prima e negli anni questa casa editrice ha saputo fare molto per la diffusione del fumetto di qualità in Italia senza raccogliere se non in parte il successo economico meritato.

Chi vi parla è anche convinto che troppo si sia detto e scritto su Howard Phillips Lovecraft, mi piacerebbe che tale attenzione e apparato critico fossero spostati anche su altri autori, leggo troppi volumi che non fanno altro che riportare le stesse informazioni, le stesse analisi... Il volume della Vertigo giunge puntuale a contraddirmi e ne sono davvero lieto: Hans Rodionoff, Enrique Breccia e Keith Giffen , sfruttando un modo di dire piuttosto logoro, rappresentano una autentica boccata d'aria fresca nel panorama delle produzioni ispirate al Genio di Providence.

Il panorama dei fumetti derivati dall'opera lovecraftiana è assai variegato e presenta forti somiglianze con quanto accade nel mondo del cinema: molti cercano di sfruttarne il nome, pochi riescono a coglierne realmente tematiche e atmosfere. Impossibile ricordare in questa sede tutti i titoli ma una menzione spetta sicuramente alle tavole di Dino Battaglia a certe opere di Alberto Breccia, dallo Speciale Metal Extra 3 con i lavori degli Umanoidi francesi alle gesta di Hellboy passando per le testate della Bonelli che spesso e volentieri hanno saputo recuperare temi lovecraftiani anche in ambiti poco ortodossi quali, a esempio, le avventure di Tex.

Il presente volume spazza via ogni possibile confronto, operando con tale profondità di testo e ricerca grafica da diventare istantaneamente punto di partenza imprescindibile per ogni futuro discorso intra ed extrafumettistico su HPL. Rodionoff attua un approccio analogo a quello usato da John Carpenter ne Il seme della follia e procede miscelando la biografia di Lovecraft alle sue stesse opere fino a creare una narrazione nella quale diventa impossibile distinguere fra realtà e fantasia. L'autore individua in Randolph Carter il giusto alter ego di HPL e mostra di aver letto con impegno e attenzione non solo l'opera omnia del maestro di Providence ma anche i vari volumi di critica e le biografie presenti sul mercato. Ogni pagina contiene riferimenti, citazioni e omaggi che faranno la gioia del fan e lasceranno stupito il novizio che si troverà di fronte a un vero e proprio compendio su Lovecraft. La narrazione copre l'intero arco di vita dello scrittore americano, fermandosi al momento del suo ritorno a Providence dopo la parentesi newyorchese: puristi storceranno il naso di fronte a possibili alterazioni di date e personaggi non capendo che parte del sottile gioco di Rodionoff risiede proprio in questi improvvisi e subdoli scarti del reale.

Keith Giffen opera da par suo, mediando fra la scrittura cinematografica di Rodionoff e le esigenze del media fumetto, un lavoro spesso invisibile ma indispensabile alla corretta riuscita dell'opera, scandendo probabilmente i tempi della narrazione e la ripartizione delle tavole e(nostra supposizione) intervenendo nei dialoghi, arte nella quale eccelle da sempre.

I disegni di Enrique Breccia rappresentano il punto più alto della sua carriera: si passa da un tratteggio fitto e un'attenzione esasperata per la linea e gli inchiostri (specie nei momenti maggiormente "biografici" e "realistici") per poi far esplodere la tavola sottraendo i contorni e potenziando i colori in una vera orgia di psichedelia weird. Il maestro argentino recupera decenni di iconografia lovecraftiane fa tesoro di varie lezioni senza dimenticare le influenze cinematografiche (i segni sono sparsi ovunque, basti citare come unico esempio il volto bluastro e zannuto del dottore nel Manicomio di Arkham, che ci pare chiaramente preso da Dagon di Stuart Gordon).

Breccia si trova perfettamente a suo agio sia con i corpi umani che con le teratologie cthulhiane e, dimostrando anche lui chiara comprensione della lezione lovecraftiana, ha sempre un occhio di riguardo per l'architettura, appartenga essa alle strade di New York o a quelle di qualche città immaginaria.

Insomma, un volume che lascia completamente soddisfatto il lettore smaliziato (che lo rileggerà più volte in cerca di indizi e nuovi particolari) sia il neofita che non potrà fare a meno di provare una esaltante confusione di fronte all'irruzione del caos nella vita organizzata e pacifica di tutti i giorni.

Acquisto obbligato.