Van Helsing è un inno all'abbondanza: ci sono Dracula, le spose di Dracula, i figli di Dracula, gli amici e i parenti più lontani di Dracula, il dottor Frankenstien, il mostro di Frankenstein, un paio di lupi mannari, Mr. Hyde (e, incluso nel prezzo, il dr. Jekyll), Igor il servo con l'immancabile gobba e, ovviamente, l'ammazza-vampiri del titolo, o meglio l'ammazza-mostri, completo di spalla comica (un frate pasticcione) e bella figliola in stivaloni e corpetto.

Tiriamo il fiato e passiamo alle location: c'è la Transilvania, Budapest, il Vaticano, Parigi coi suoi mille comignoli, non uno ma ben due castelli di Dracula, la foresta x, la foresta y, la foresta z. C'è persino la mappa su cui avanza la solita linea a indicare il solito lungo viaggio.

E' l'abbondanza, ma un'abbondanza che pare una purea preparata frullando tutto quello che sta nel frullatore. Buttiamoci ora gli effetti speciali: una miriade, sprizzano e svolazzano dappertutto, centinaia di effetti speciali che si annullano tra loro e creano confusione sullo schermo. Ferma! Basta! Ma no, l'abbondanza è assoluta e inarrestabile: abbondanza di duelli, cavalcate, scazzottate, calci, sputi e spintoni, ruzzoli e capitomboli e i bambini ridono felici e saltano sulla poltroncina del cinema. Abbondanza di dialoghi tanto poveri da sfiorare l'imbarazzante, un'abbondanza di ammiccamenti e frasi fatte, l'abbondanza straripante di una colonna sonora che insiste a giocare col leit-motiv, che sottolinea ogni emozione, quasi ce la imponesse perché noi, poveri spettatori, non ne possiamo più di tutta quest'abbondanza, di tutto questo rumore, di tutte queste luci, di questi colori, di questi effetti da playstation. Non ne possiamo più di un film che non vuole mai finire, più tenace di Dracula nel non voler morire e che, scoccata finalmente la sua ora... riesce a darci il colpo di grazia con qualcosa che fa sembrare tutti i dialoghi precedenti, e la non-storia che li contiene, quasi un'opera degna. Un ultimo, raggelante frammento di imbarazzo.

Usciamo dal cinena.

Finalmente.

Film così si vanno a vedere per avere due ore di svago. Ci si aspetta di essere intrattenuti, di ricevere un paio di spaventi e trovare l'occasione per farsi qualche risata. In fondo, il regista era riuscito almeno una volta nell'intento. Stephen Sommers aveva confezionato un film tutto sommato bellino, divertente e digeribile, La mummia. Anche Deep Rising - Presenze dal profondo non era malaccio: non un capolavoro, ma nemmeno il peggior horror di tutti i tempi.

Ma questo Van Helsing, dopo un inizio promettente, cola a picco.

Soprattutto sono tre, i punti deboli.

Primo: la sceneggiatura. Se il soggetto è un pastiche volutamente demenziale, la sceneggiatura è in corto circuito dalla prima all'ultima battuta. Quando Sommers cerca di essere comico risulta, come detto, imbarazzante; quando prova a essere drammatico riesce a essere solo comico. Non c'è un solo colpo di scena che non sia "telefonato" con almeno cinque-dieci minuti di anticipo. Persino gli spaventi, comunque rarissimi, sono dei "buh!" fuori tempo: non fanno nemmeno sobbalzare, ma irritano.

Secondo: la recitazione. Nessuno si poteva aspettare una performance da Oscar da attori come Hugh Jackman e Kate Beckinsale, eppure il risultato è tale che li si rimpiange nelle parti di Wolverine e della sensuale vampira di Underworld. Complice lo script risibile, ritroviamo i due bellissimi impantanati nel film sempre con la stessa espressione tranne quando, ancora complice la sceneggiatura svergognata, possiamo "ammirarli" in due momenti di commozione. E si torna all'imbarazzo. Viene quasi da piegare la testa e coprirsi gli occhi con la mano intanto che loro piagnucolano. Meglio è quando stanno zitti, mettono in mostra muscoli e cosce lunghe, saltano e svolazzano e piroettano di qua e di là, mentre i bambini in sala continuano a dimenarsi sulla poltroncina e a battere le manine. Tutto questo detto anche per stendere il "pietoso velo" su un Dracula trasformato in macchietta, di cui è decisamente meglio non parlare.

Terzo: gli effetti speciali. Belli sono belli, alcuni persino straordinari. Ma, va ripetuto, sono troppi. Se mai un film del genere aveva bisogno di una atmosfera minima (siamo pur sempre in Transilvania!), la profusione di computer grafica azzera ogni possibile coinvolgimento emotivo. E il troppo movimento, il troppo colore, l'abbondanza sollecitano l'occhio come un bombardamento di luce stroboscopica e alla fine danno il mal di testa.

Tirar fuori le citazioni che Van Helsing fa alla letteratura e al cinema horror significherebbe cercare di salvare il film in qualche modo.

O seppellirlo del tutto, molto più probabilmente.