Nel lontano 1977 apparve sul grande schermo Suspiria, horror diretto da un Dario Argento reduce dal grande successo ottenuto con Profondo Rosso, considerato ancora oggi il suo massimo capolavoro. Il film in questione, oltre a dare inizio a una trilogia, è stato la prima produzione "argentiana" a trattare temi soprannaturali: infatti l’opera metteva al centro dell’attenzione una delle tre Madri, streghe malefiche sparse in grandi città europee intente a compiere i più efferati delitti. Il secondo episodio della saga non tardò ad arrivare: Inferno, dove il protagonista di turno fa fuori Mater Tenebrarum (Mater Sospiriorum invece apparve in Suspiria).

Dopo questi primi successi, però, pare che a furia di tirare in ballo maledizioni e malocchi lo stesso Argento sia rimasto stregato, poiché tutti, pubblico e critica, sono concordi nell’asserire che la seguente cinematografia del regista romano, salvo rari casi, non sia stata all’altezza dei primi lavori: la suspense e l’angoscia irradiate da Pronfondo Rosso, Suspiria e Inferno, hanno fatto posto alla violenza gratuita, alla banalità, e negli ultimi tempi all’erotismo, elementi che avevano raggiunto il massimo apice nell’ultimo prodotto firmato Dario Argento, il mediocre Il cartaio.

Quando, pochi mesi fa, hanno incominciato a girare i trailer de La terza madre, la speranza dei fan di rivedere il proprio idolo tornare ai fasti di un tempo si era riaccesa, soprattutto alla luce del fatto che questo è l’episodio conclusivo di una trilogia più che valida. Purtroppo, però, la delusione è arrivata implacabile.

La trama narra di Sarah Mandy (Asia Argento), studentessa di restauro a cui viene consegnata una strana urna risalente all’Ottocento ritrovata nei pressi di un vecchio cimitero a Viterbo. Per sua sfortuna, l’apertura dello scrigno scatenerà delle forze demoniache che inizieranno a spargere il terrore per tutta Roma, trasformando i cittadini in feroci assassini e stupratori. Grazie all’aiuto dello spirto della madre (Daria Nicololdi), una strega bianca che ha combattutto in passato la prima delle tre terribili sorelle, Mater Sospiriorum, Sarah scoprirà che dietro l’orrore si cela Mater Lacrymarum, l’ultima rimasta del diabolico trio. Per non parlare poi del fatto che tutte le streghe provenienti dai quattro angoli del globo si stanno radunando nella capitale italiana, per celebrare il ritorno in attività della potente madre delle lacrime.

Già come si può notare, la storyboard non brilla per originalità, tuttavia l’incipit fa ben sperare, con le immagini apocalittiche e i brani musicali latini. Sopratutto la prima uccisione del film, cruenta e in pieno stile Dario Argento, da l’impressione allo spettatore di stare per assistere a uno degli spettacoli più inquietanti degli ultimi tempi. Invece dopo appena quaranta minuti viene voglia di girare la testa dall’altra parte, non per l’angoscia, ma perché ci si trova di fronte a una pellicola inguardabile sotto tutti i punti di vista: mancano il pathos, i colpi di genio nella sceneggiatura e l’atmosfera oppriminente vista nei primi due capitoli, tutto a favore del puro gore, di budella squartate, orge e scene di nudo (anche omosessuali). Per non parlare poi di certe trovate a dir poco ridicole, più adatte a un film ispirato ai fumetti americani che a un horror degno di nota, e sopratutto un finale che ricorda molto una sequenza di Final Destination. Aggiungiamo una pessima recitazione del cast, vero e proprio pugno nello stomaco, sullo sfondo di ambientazioni anonime e poco suggestive, e si ha la sensazione di trovarsi di fronte a uno splatter condito con elementi pornografici, piuttosto che a un prodotto di Dario Argento.

In definitiva, ci troviamo purtroppo di fronte a un nuovo passo falso del famoso regista orrorifico, il quale sembra aver voluto da tempo abbandonare il proprio peculiare talento per omologarsi alla produzione cinematografica contemporanea, basata più sui fiumi di sangue che sulla sostanza. E, inutile sottolinearlo, La terza madre si autoproclama come il peggior capitolo della trilogia, essendo inferiore ai predecessori in tutto e per tutto, a dispetto dei tempi.