Un romanzo per bambini, una favola per adulti. Neil Gaiman, eclettico autore inglese, in questo suo gioiello fatto di tenebre dolcissime a lungo in vetta alle classifiche americane, ci porge la mano di Coraline e ci accompagna in un mondo “altro”, una dimensione parallela descritta con rara poesia, con la stessa liricità che contraddistingue le sue storie a fumetti più famose e geniali, come l’universo del Sogno di Sandman.

Nel grande edificio dove una bambina di nome Coraline vive con i suoi genitori, c’è un vecchio che dice di possedere un circo di topi musicisti, ci sono due donne anziane e grassocce che un tempo sono state attrici famose, ma soprattutto c’è un corridoio con tredici porte più una. Al di là della quattordicesima porta, un muro di mattoni e oltre il muro un appartamento uguale a quello di Coraline, così come identica parrebbe sua madre, se non fosse che al posto degli occhi ha luccicanti bottoni attaccati con ago e filo. E ha lunghe dita veloci e unghie adunche e denti affilati come coltelli. E neri capelli che fluttuano da tutte le parti come i tentacoli di una creatura degli abissi un minimo lovecraftiana. In compenso questa “altra madre” si rivela molto più amorosa e sorridente di quella vera. Almeno all’inizio. Poi l’incontro con tre poco allegri ragazzini morti e un gatto che sembra conoscere se non la Verità, almeno una delle possibili verità. E le due attrici di nuovo giovani e vincenti, nel loro appartamento che qui ha le sembianze di un granguignolesco teatro d’altri tempi. “E’ molto più interessante che a casa” dice Coraline. Il tutto fotografato dalle inquietanti illustrazioni di Dave McKean e scandito da citazioni dalle opere di Shakespeare che battono il ritmo della narrazione di Gaiman e del viaggio oscuro, sul finire dell’estate e forse dell’infanzia, di una bambina all’intrepida ricerca dei suoi genitori e delle anime perdute dei tre ragazzini spettri. Fino alla sconfitta di quelle ragnatele fatte di buio che la stavano avvolgendo.

Il consiglio è di leggere questo libro ai bambini, quelli che stanno fuori di noi, i nostri figli in giro per casa, che scavalcano giocattoli per raggiungerci quando si alzano tutti scarmigliati la mattina. Porgiamogli anche noi la mano di Coraline e portiamoli via almeno per un po’ al dio televisore, ma non trascuriamo di leggerlo anche a quei bambini che stanno dentro di noi, lì sepolti da qualche parte del nostro animo. E poi chiudiamo gli occhi un attimo e cerchiamo di visualizzare il corridoio dalle quattordici porte, senza sentirci ridicoli se la cosa potrà apparirci troppo zen. E ringraziamo Gaiman, di cuore. Che fa riaffiorare dall’abisso delle memorie le nostre paure bambine, di quando un libro poteva ancora riuscire a essere più spaventoso della realtà quotidiana.