Due uomini si svegliano legati con robuste catene agli angoli opposti di una stanza. In mezzo a loro un cadavere che ha in mano parte della soluzione del loro enigma. Non ricordano come sono finiti lì dentro ma capiranno ben presto di essere finiti nelle mani di Jigsaw (l’Enigmista), un pericoloso serial killer abituato a uccidere le sue vittime nelle maniere più fantasiose e complesse mai immaginate. E' una corsa contro il tempo per riuscire a liberarsi e salvare la famiglia di uno dei due, tenuta in ostaggio dal killer. Ma per lasciare la stanza l'unico metodo sembra essere quello di tagliarsi un piede con un seghetto...

Onestamente, cosa può rendere ancora interessante un thriller dopo tutti questi anni di inflazione rampante sulla scena noir? Buoni attori? Forse. Una regia mai piatta e banale? Anche. Una sceneggiatura coerente, con dialoghi efficaci? Sicuro. Ma sopra ogni altro possibile dato io porrei una certa visione sadico-morbosa che ci porta indietro di parecchi decenni, filtrata però da tutte le innovazioni stilistiche e tecniche occorse durante gli ultimi anni.

Saw viaggia attraverso la recente e passata storia dei film di tensione per innestare un plot simile a quello di Se7en (un serial killer quasi onnipotente, connotato da un forte moralismo, creativo al limite del parodistico nel congegnare i suoi omicidi, un twist narrativo sorprendente e di grande efficacia) con un'estetica soft splatter/gore (le membra tagliate, alcune scene di morte delle vittime precedenti) innestata su una tecnica molto up to date, che riesce a prendere il meglio della generazione videoclip/MTV senza soffrirne dei possibili contraccolpi (di solito quella patina da spot pubblicitario che ottunde inevitabilmente gli spigoli del terrore). James Wan paga anche i dovuti omaggi ai vari maestri del settore, Dario Argento in primis.

Saw, pellicola di esordio del regista (se si esclude qualche suo precedente nel campo dei film indipendenti) è un prodotto fin troppo "furbo" per un esordiente: lui e Leigh Whannell sfruttano con piena consapevolezza i momenti più forti e tensio-attivi per coprire certa banalità di fondo della trama e ovvie implausibilità di sceneggiatura, ma chi vi scrive vede questa capacità come positiva, chiunque riesca a nascondere i suoi difetti tramite i suoi pregi è comunque artista degno di nota.

Gli amanti dei meccanismi ad orologeria e del realismo a ogni costo rimarranno sicuramente delusi dall'assurdità di certi omicidi (riuscite a immaginare qualche individuo malato che abbia a disposizione simili mezzi e che si prenda tale briga per uccidere persone colpevoli di non vivere tutte le potenzialità della loro vita?) e per certa fatica che si avverte nella distribuzione temporale degli eventi e nella conseguente indagine della coppia di poliziotti mentre gli amanti della sorpresa rimarranno deliziati alla rivelazione dell'identità del killer. C'è anche carne al fuoco per tutti gli zombie cannibali presenti fra i nostri lettori: il film non è una festa dello splatter ma non mancano due o tre momenti nei quali l'indicatore del mio personale frattagliometro ha fatto qualche balzo in alto, segnatamente la scena nella quale una vittima, per liberarsi da un casco-trappola deve prendere la chiave direttamente dentro lo stomaco di un prigioniero, vivo e cosciente. Per quelli come me che frequentano con entusiasmo il club degli automatonofobici segnaliamo anche un terrorizzante manichino che spunta in alcune scene del film.

Ottima la prova di Cary Elwes, una spanna sopra tutti gli altri, mentre Danny Glover calca i toni della sua recitazione in maniera francamente fastidiosa, dando vita al banalissimo detective ossessionato e sul viale del tramonto: tutte le scene dedicate all'investigazione della coppia Glover-Seung rappresentano spiacevoli e goffe interruzioni della narrazione principale che rovinano in parte l'atmosfera di questo giocattolo ben confezionato.

Scenografie pauperistiche memori degli esordi tarantiniani fotografate con buona cura (ma senza distaccarsi dalle de-saturazioni di moda da David Fincher in poi) da David Armstrong.

Si tratta in definitiva di un thriller a forti tinte horror che viaggia a corrente alternata ma è capace di mantenere alta la tensione fino alla conclusione e che, a fronte di una evidente artificiosità e ampollosità presenta comunque un livello più che discreto di interesse se confrontato alla sgradevole e stanca massa di storie nelle quali il detective deve "diventare come il killer per batterlo" o nelle quali c'è la solita bella e giovane poliziotta abile con la pistola, in possesso di 5 lauree scientifiche a 26 anni e paracadutista-free climber nel tempo libero fra un appuntamento erotico e una caccia all'ineffabile genio del crimine. Niente male per un film girato in meno di tre settimane da un esordiente e che nelle intenzioni della produzione sarebbe dovuto uscire direttamente sul mercato video!

Preparatevi per una edizione in dvd con alcune scene tagliate che, a sentire l'internet hype dovrebbero essere una festa per gli amanti di obitori e intestini al vento.