Il disastro nucleare di Cernobyl accaduto nel 1986, è stato uno degli avvenimenti che hanno colpito maggiormente l’immaginario collettivo del mondo intero, coinvolgendo numerose città e nazioni (anche lontane dall’accaduto) con il rilascio nocivo di radiazioni, che nel corso degli anni hanno causato numerose terribili malattie e decessi.

Partendo da questa premessa Oren Peli, già artefice del campione d’incassi Paranormal Activity, produce questa nuova pellicola intitolata Chernobyl Diaries, affidata alla regia dell’esordiente Bradley Parker.

L’incipit della vicenda ricorda vagamente Hostel di Eli Roth, con il gruppo di ragazzi che si muove in un viaggio di vacanze nei paesi dell’est per ricongiungersi al fratello di uno di loro, con tanto di telecamera a mano come ormai tante gettonate pellicole del genere, degli ultimi anni, ci hanno abituato. Qui il gruppo viene coinvolto in viaggio di divertimento estremo: guidati da un ex corpo speciale, si dirigono verso la cittadina di Prypiat (nonostante l’esplicito divieto) un tempo popolata dagli operai impiegati nel reattore nucleare di Chernobyl, e abbandonata in fretta e furia dopo l’incidente nucleare. Dopo un breve tour dell’inquietante città fantasma con le sue architetture traballanti, le case diroccate (con ancora tanti effetti personali degli abitanti che non hanno fatto in tempo a portarli via), le automobili abbandonate, e il parco giochi, allestito per i festeggiamenti del primo maggio, i ragazzi rimangono intrappolati nella città e ben presto scoprono di non essere da soli.

La pellicola si sviluppa in un crescendo che parte disseminando segnali disturbanti e inquietanti (l’incontro con i giovani sbandati di Kiev, l’ostilità dei soldati nei pressi Pripjat, i pesci mutanti morti sulle rive del fiume, la città fantasma, il cadavere del cane, il monito a non sottrarre oggetti dalle abitazioni perché contaminati, l’aggressione dell’orso all’interno di uno degli appartamenti abbandonati ), per poi esplodere in un’aggressione, inizialmente da parte dei cani randagi, che diventa cruenta quando è poi sferrata dagli orribili mutanti, vittime delle radiazioni.

La forza principale del film è quella di riuscire a creare quest’atmosfera malata e di abbandono e di non mostrare mai l’orrore, ma di farlo intuire da apparenze fugaci, di cui intravediamo vagamente le orribili deformità, e dalla suggestione dei rumori e dalla colonna sonora abilmente orchestrata.  Per il resto il film si sviluppa in modo abbastanza prevedibile, ricalcando vari cliché e situazioni dei film a cui volontariamente o involontariamente si ispira (Cloverfield, The Blair Witch Project, Paranormal Activity, per esempio), e rinforzando nello spettatore la sensazione del “già visto”: la bambina girata di spalle, la registrazione della telecamera della dichiarazione dei due fidanzati che viene brutalmente interrotta, la fuga dei ragazzi dai mutanti “zombie” nel dedalo claustrofobico di cunicoli, gallerie e spazi angusti, i soldati con fucili spianati e mascherina anti contagio e via dicendo.  

Assente quasi totalmente l’approfondimento psicologico dei protagonisti, ridotti a semplici vittime sacrificali, di cui facciamo, presto, il conteggio delle loro uccisioni fino al prevedibile e sensazionalistico epilogo.

Un’operazione di marketing molto furba (a partire dal titolo), un film che ammicca allo spettatore, pensando di dargli quello che vuole, ma che in definitiva risulta debole sia dal punto di vista narrativo sia per quanto riguarda il meccanismo di immedesimazione con i personaggi e la situazione, che probabilmente si dimostra essere di cattivo gusto così legata ad avvenimenti tragici e reali.