I giovani americani Josh (Derek Richardson) e Paxton (Jay Hernandez) e l'islandese Oli (Eythor Gudjonsson) viaggiano da settimane per le strade d'Europa. Zaino in spalla e tanta voglia di trasgressioni, i tre giungono ad Amsterdam, ciondolando tra coffee-shop e bordelli. Durante una delle loro folli notti, gli amici incontrano un ragazzo dei paesi dell'Est, Alex (Lubomir Bukovy). Il giovane suggerisce loro di andare in una località nei pressi di Bratislava, dove potranno incontrare le ragazze più belle del mondo. I tre partono pieni di eccitazione, consapevoli di poter comprare ogni vizio con il loro denaro. Incontreranno qualcuno che la pensa come loro. Qualcuno disposto a pagare pur di torturare e uccidere.

Hostel di Eli Roth è stato il film horror più atteso dell'anno. Dal regista di Cabin Fever ci si aspettava un film brutale, sanguinario e disturbante come pochi. Una pellicola che rendesse omaggio ai sovversivi horror degli anni '70. Un capolavoro.

Ora che Hostel è arrivato nei cinema italiani, si possono fare due osservazioni importanti. La prima è che Eli Roth è un genio. Il regista sa come si vende un film, sa quali corde bisogna toccare per solleticare il fandom e sa come divertire il pubblico. La seconda è che Hostel è la più grande presa in giro dell'anno. Chi si aspetta shock e violenza può mettersi l'animo in pace: non si vede assolutamente nulla. Nulla che la cinematografia di genere degli ultimi trent'anni non ci abbia già mostrato. La gallery che vi presentiamo su Horror Magazine contiene le immagini più atroci, con la differenza che qui potete contemplarle a piacimento mentre al cinema questi fotogrammi scorrono così fulminei che riuscirete appena a decifrarli. L'unica scena veramente gore è girata in modo tanto grottesco da risultare piuttosto ridicola anziché spaventosa.

Queste precisazioni sono necessarie. Intorno a questo film c'è stato così tanto clamore che le condanne o gli elogi sembrano motivati dalle sole promesse (non mantenute) di sangue, violenza e sadismo. Meglio sgombrare il campo da ogni equivoco, allora. Chi scrive pensa che un horror debba essere innanzitutto un buon film. Con o senza l'opzionale dose di violenza. E Hostel non è un buon film, nonostante avesse le potenzialità per esserlo.

La prima parte descrive il viaggio scollacciato dei tre amici. Eli Roth, che ha dichiarato più volte di aver voluto girare un film politico, ci serve un'immagine dell'Europa condita di luoghi comuni e volgarità. Amsterdam, per esempio, sembra una città importante solo per hashish e bordelli. Forse anche Eli Roth era troppo stordito per notare altro (in una scena ambientata in un coffee shop ci sembra di averlo intravisto in un cameo, mentre armeggiava con un enorme bong). Il messaggio più importante che apprendiamo da queste scene è questo: "anche se hai i capelli color topo e se hai l'acne, anche se indossi una vergognosa polo a righe e un imbarazzante marsupio, in Europa riuscirai a inzuppare il biscotto".

Da questo film si imparano sempre cose nuove. Per esempio, che una guerra ha decimato la popolazione maschile della Slovacchia. Vicino Bratislava, adesso, i bambini sono assassini usciti dalle pagine di Ranxerox; le ragazze hanno corpi da istruttrici di fitness e sono disinibite come pornostar; i pochi uomini ancora in vita (perché sopravvissuti alla guerra) hanno tutti il fisico da lottatore e la mascella quadrata di Robert Z'dar. Ci sono poi i poliziotti: corrotti e cattivissimi, ai posti di blocco anziché chiedere i documenti sfoderano direttamente il manganello. Nel caso vogliate scappare, sappiate che in questi lontani paesi ci si muove in treno o guidando residuati pre-perestroika (Zvastava arrugginite per i proletari e austere ZIL per i vip).

Inutile bacchettare Eli Roth per aver descritto l'Europa con tanta superficialità. In alcune interviste ha dichiarato che era esattamente ciò che voleva fare. Il suo intento era mostrare di proposito un'immagine stereotipata del Vecchio Continente: la maggior parte del pubblico statunitense ci immagina così e lui ha cercato di denunciarne l'atteggiamento.

Il tentativo è apprezzabile ma deve essersi perso per strada, visto che Roth ha ottenuto l'effetto contrario. Senza il necessario distacco dai suoi personaggi, Paxton e Josh diventano due simpatici scavezzacollo: impossibile non parteggiare per questi due loser in fuga dai cattivi euro-asiatici.

Dopo un'ora di parabola cripto-razzista, tra nudità gratuite e scene di seduzione in stile Porky's, finalmente qualcosa di interessante. Gli ultimi venti minuti sono divertenti e ricchi d'azione. Gli inseguimenti sono avvincenti, le torture grottesche, le fughe dei protagonisti tragicomiche, e le punizioni inflitte agli aguzzini risultano catartiche e liberatorie.

Dopo essere usciti dal cinema, permane la sensazione di essere stati gabbati. Il film non annoia ma nemmeno spaventa. Spacciato da mesi come un horror da voltastomaco, Hostel suscita risate proprio durante i momenti di massima tensione. Eli Roth scivola (letteralmente) nella scena in cui Paxton affronta il suo aguzzino armato di motosega. Complice la pomposa colonna sonora di Nathan Barr e i dialoghi poco intelligenti, sequenze splatter come quelle delle dita (scippata a Bad taste) e dell'occhio risultano involontariamente comiche. Nonostante la splendida fotografia di Milan Chadima, l'adrenalina sparisce sul più bello. Nella norma gli effetti speciali, anche se il grande Greg Nicotero ci mostra un make-up non sempre d'effetto. Specialmente quando fa gironzolare la povera Jennifer Lim per un quarto d'ora con una specie di bistecca appiccicata sul viso.

Hostel non è un film riuscito né un film di culto, ma di certo farà discutere. Il finale giustizialista (cambiato all'ultimo momento come rivelato in molte interviste) rende privi di senso i tentativi di approfondimento alla psicologia dei personaggi e alcuni episodi cui si accenna durante la narrazione. In questo senso, un discorso interessante — che avrebbe potuto salvare il film — è quello che insinua una somiglianza tra Paxton e il suo aguzzino. Durante un dialogo tra i due, apprendiamo che le motivazioni che spingono il riccastro a torturare e uccidere il prossimo sembrano essere le stesse che fanno viaggiare i ragazzi tra bordelli e coffee shop: la ricerca di emozioni sempre maggiori. L'unico limite ai propri desideri è nelle possibilità economiche.

Questa morale consumista potrà sembrare banale, ma avrebbe avuto senso con un finale diverso: Paxton sarebbe stato un protagonista non meno corrotto e perverso dei suoi torturatori, vigliacco e capace quasi di uccidere un bambino pur di recuperare un telefono cellulare.

La versione edulcorata di questo film ne cambia il senso. I ragazzi un po' ignoranti e viziati ma in fondo buoni, i ricchi uomini d'affari perversi e crudeli. Come palcoscenico, un'Europa che per il pubblico americano sarà sempre piena di catorci su quattro ruote e bellezze dai facili costumi.

Anche questo titolo di Eli Roth spaccherà il fandom. Molti lo odieranno, molti lo ameranno. La delusione che si prova guardando Hostel è direttamente proporzionale alle aspettative con le quali si entra in sala. Chi andrà al cinema alla ricerca di un divertimento onesto e senza troppe pretese non si annoierà di certo. Ma il cinema horror è altro.