Pubblicato da Safarà Editore, arriva nelle librerie l’ultimo libro di Andrea Biscaro, che dopo il romanzo storico Nerone e la raccolta di canzoni e poesie Ballate della notte scura, scritto a quattro mani con Tiziano Sclavi, torna alle atmosfere horror di Illune (vedi recensione qui) con Il buio nella bocca.

Il libro segue le vicende di uno scrittore senza nome, sopravvissuto alla Grande Epidemia che ha trasformato i morti in zombie affamati di carne umana e di sangue, che lotta ogni giorno per la sua sopravvivenza tra i non morti, arrivando a superare il confine della propria “umanità”abbandonandosi a omicidi, stupri e perfino al cannibalismo, finché un giorno incontra una donna e con lei rinasce la speranza…

Il buio nella bocca è un romanzo horror, carnale e brutale, un viaggio nella paura, senza compromessi, priva di paraventi, che già dal bollino rosso con il suo “vietato ai minori” promette di colpire, senza esclusioni di colpi, lo stomaco del lettore.

Il libro è dedicato a Tiziano Sclavi, il creatore della serie a fumetti di successo di Dylan Dog, ed è proprio nell’opera del papà del detective dell’incubo e al suo mondo narrativo, che vanno cercate le maggiori influenze sia in termine di contenuti sia per quelli di stile.

Come nei romanzi di Sclavi (Apocalisse, Nero, Dellamorte Dellamore) e in alcuni celebri episodi dei suoi fumetti (Morgana, Storia di Nessuno) i protagonisti vivono gli incubi che li sconvolgono attraversati dall’ansia per porvi rimedio, finendo per sembrare delle marionette in balia del caso, così il protagonista di Il buio nella bocca viene sballottato in una serie di eventi surreali, estremi e grotteschi alla ricerca della sua identità, dei suoi ricordi e dei suoi affetti, in sequenze narrative caratterizzate da una compenetrazione di fattori realistici e onirici, in un gioco di storie dentro le storie, di scatole cinesi che si intersecano con il sogno e l’allucinazione in un viaggio obliquo, a tratti straniante ma sempre affascinante.

L’estetica dell’opera è volutamente splatter in un modo quasi eccessivo (con un particolare accento alle descrizioni degli atti sessuali e al turpiloquio) a tratti persino dissacratoria e pervasa di una sorta di humor nero.

La prosa è asciutta ed essenziale, quasi da scrittura cinematografica (caratterizzata da primi piani, zoomate e flashback come una macchina da presa che riprende passo passo la vicenda), il linguaggio rapido come un montaggio, tra il videoclip e il film, passando dalla prima persona (quando il protagonista è al centro dell’azione) alla terza persona (quando vengono descritti i suoi terrificanti ricordi della Grande Epidemia).

Un’opera coraggiosa e per stomaci forti, un libro che sorprende a ogni pagina, veloce come un videogioco e capace di lasciare un senso d’inquietudine.