Esiste un mondo diverso rispetto a quello che i nostri sensi ci permettono di vedere? Con Red Lights, Rodrigo Cortés torna al cinema dopo il sorprendente Buried - Sepolto, mettendo in campo con astuzia ed esperienza un dibattito tematico forte che vede contrapposti il mondo dei fenomeni paranormali e quello dei ricercatori di tali fenomeni, spesso scettici e con un’unica  sola visione capace di cambiare il famoso claim di X- Files da “I want to believe” in “I want to understand”. Io voglio capire.

In una America avvolta dai colori autunnali e battuta perennemente dalla pioggia, Cortés presenta i suoi protagonisti: la Dr. Margaret Matheson (Sigourney Weaver) – sì, quel “Matheson” è un omaggio a Richard Matheson -  e il suo collaboratore, Tom Buckley (Cillian Murphy) due famosi investigatori a livello internazionale, scettici per professione e capaci, per buona parte del film, di smascherare decine di falsi lettori del pensiero, cacciatori di fantasmi, guaritori e altri fenomeni da baraccone, cogliendo quelli che nel gergo vengono definiti appunto “Red Lights”, i tasselli che permettono a uno scienziato di capire se il fenomeno osservato è un fake oppure no. 

Ma tutto cambia quando il leggendario sensitivo cieco Simon Silver (Robert De Niro) torna alla ribalta dopo un’assenza di 30 anni. Un uomo che incute timore reverenziale, oscuro, che trascina con sé l’onta della morte di un giornalista suo acerrimo critico. In gioco questa volta c’è molto di più della carriera, e per la Matheson la posta è troppo alta per affrontare quel demone, sebbene sia sicura che Silver sia un grande impostore con tanti adepti che lo seguono come una sorta di messia. Nel frattempo qualcosa si accende nel cuore di Buckley, che vuole smascherare a ogni costo Silver, per farsi un nome, uscire dall’ombra e trovare i fondi per accaparrarsi tecnologie sempre più avanzate per smascherare farabutti e falsi profeti. 

Il dibattito tematico del film è davvero forte e Cortès, che ha trascorso mesi a frequentare veggenti ed esperti del paranormale, presenta un mondo di persone fragili disposte a tutto pur di credere in qualcosa, nella povertà di reali sostegni interiori che possano semplicemente aiutarli a tirare avanti. Il film affonda a piene mani nel “profondo” della psicologia umana, e nella comunità provinciale a stelle e strisce. Ne esce così un thriller che cresce a poco a poco tra fenomeni bizzarri e suggestioni, creando nello spettatore l’illusione di saper distinguere un versante dall’altro, giocando con gli stessi stratagemmi di un mago, e nascondendoci l’angolo reale di lettura dei fenomeni.

Il film procede bene nella sua struttura fino alla parte finale, che cede il passo all'idea di voler strafare e stupire a tutti i costi, con sequenze da pièces teatrali lunghe e faticose. Silver viene spogliato della sua austerità, i personaggi secondari fino a questo punto preziosi perdono la propria consistenza, poiché le regole cambiano e il focus della lotta tra protagonista e antagonista da esteriore diventa personale, in un contesto nel quale il pubblico sa già tutto, e di certo non può immedesimarsi con le sofferenze di un unico soggetto che decide di venire allo scoperto troppo tardi e troppo platealmente, quando avrebbe potuto farlo prima, visto l'asso che nasconde nella manica. Il puzzle di Cortès è chiaro, ma forse avrebbe dovuto incastrare certi avvenimenti in maniera diversa  per convincere il pubblico a immedesimarsi con lo spirito e con il cuore a quell'atto finale così emotivamente valido ma forzato. Forse, con qualche accorgimento strutturale, Red Lights avrebbe potuto essere un film molto più che sufficiente.