Come nel più classico degli spot pubblicitari: per avere il disco dei Bloodbath basta una carta di credito (o se preferite dei vili contanti), ma sentire Michael Akerfeldt (Opeth) che rigurgita eresie per quaranta minuti non ha prezzo. La all-star band messa in piedi da Anders 'Blakkheim' Nyström (Katatonia) nasce una decina di anni fa, raggruppando alcuni nomi noti della scena svedese. Il progetto aveva (e ha tuttora) come obiettivo quello di tributare il death metal classico scandinavo, senza fronzoli e senza compromessi. Oggi i Bloodbath pubblicano il loro terzo full-lenght, ribadendo quale sia la loro scelta stilistica, ma senza per questo scadere nella mediocrità.

Il disco esordisce con At the behest of their death, che subito fa capire a cosa ci si trova di fronte. I serrati riff di chitarra, i brutali vocalizzi, le scariche della batteria e i testi blasfemi al punto giusto faranno breccia in fretta nel cuore del deathster più incallito. Seguono le due tracce successive, Process of disillumination e Slaughtering the will to live, che già dai titoli fanno capire che non ci si discosta più di tanto da quanto preannunciato.

Un leggero cambio di velocità si ha con Mock the cross, senza che però venga meno la compattezza dell'impenetrabile parete generata dai distorsori. Nemmeno Akerfeldt, mai così incazzato, si concede tregua, raggiungendo l'apice con le due tracce successive. Treasonous, in cui fa capolino addirittura qualche passaggio vagamente melodico, è dotata di un ritornello irresistibile, in cui è impossibile non buttarsi in un headbanging sfrenato. La carica di cattiveria però non si esaurisce e la successiva irriverente 'preghiera', Iesous, ci regala un intermezzo perfetto per scaldare il pubblico di un eventuale live.

Il disco prosegue con i brani successivi, senza variazioni significative. È forse questo il limite principale di The fathomless mastery, ovvero una certa monotonia, che impedisce ai singoli brani di venire valorizzati. Drink from the cup of heresy ci riporta alle massime velocità. Alla conclusiva Wretched human mirror si giunge passando prima per Earthrot, poi per Hades rising. Tutti episodi riusciti che fanno scorrere fin troppo in fretta il disco al suo epilogo, pur facendo fatica a rimanere in testa.

Dal punto di vista tecnico il disco è ineccepibile (ma non poteva essere altrimenti dati i componenti) e può vantare una registrazione limpida che ne permette una fruizione perfetta. A conti fatti, The fathomless mastery risulta un ottimo disco: chi ama il Brutal potrà, aggiungere una stellina in più al voto finale, in quanto troverà di certo pane per i suoi denti. Agli altri, l'acquisto è consigliato solo se non si è alla ricerca di un prodotto sofisticato o dotato di maggiore ricercatezza. Dimenticate Opeth e Katatonia. Qui c'è solo death fucking metal.

Tracklist

1. At the Behest of their Death

2. Process of Disillumination

3. Slaughtering the Will to Live

4. Mock the Cross

5. Treasonous

6. Iesous

7. Drink from the Cup of Heresy

8. Devouring the Feeble

9. Earthrot

10. Hades Rising

11. Wretched Human Mirror