Horror Magazine ha incontrato Andrea Brando che ha recentemente pubblicato il suo nuovo romanzo, edito da Delos Digital, Cercasi Anticristo.

Ciao Andrea, benvenuto su Horror Magazine. 

Grazie per l’invito, che accolgo con molto piacere, tanto più che anch’io sono fra i vostri lettori.

Inizio col chiederti come stai vivendo questo periodo particolare. La tua routine creativa ne ha risentito o scrivere ti aiuta a vivere con più serenità questo momento?

Penso che, se in questo periodo non hai perso il lavoro e sei in salute, devi solo ringraziare la tua buona stella ed essere contento. Per quanto mi riguarda, scrivere mi aiuta sempre. Mi fa evadere dalla realtà. Per intenderci, ora come ora non scriverei mai una storia dove il Covid ha qualche ruolo. Magari fra qualche anno, quando ci saremo lasciati tutto questo disastro alle spalle.

E a proposito di esorcizzare la paura, nei tuoi lavori mescoli ironia e orrore, non per sminuire il terrore ma per farselo scivolare addosso. C’è un motivo per il quale hai deciso di adottare questo tipo di espressione narrativa?

Direi che in questo sono stato decisamente influenzato dal cinema. Da sempre amo il genere horror in tutte le sue declinazioni, ma amo molto anche la commedia. Credo che in fondo la commedia sia nel DNA di ogni italiano. Di qui la mescolanza di ironia e orrore. D’altronde, che l’horror possa avere una vena comica senza perdere le sue caratteristiche non è scoperta recente. Da Un lupo mannaro americano a Londra in poi, ci sono stati tanti film horror dotati di ironia. Pensiamo solo alla cinematografia di Wes Craven, che è in gran parte improntata a questa cifra stilistica. 

Altra tua caratteristica è una prosa estremamente scorrevole, uno stile colloquiale eppure ricercato. C’è qualche autore in particolare che ha influenzato il tuo stile di scrittura?

Mi piacciono in particolar modo gli autori che hanno una grande attenzione per i dialoghi. Il massimo è quando riescono a farmi ridere e a spaventarmi al tempo stesso. Niccolò Ammaniti, Joe Lansdale, Gianluca Morozzi sono in grado di mettere in bocca ai loro personaggi battute esilaranti mentre si svolgono situazioni terribili, senza perdere credibilità. Ti strappano una risata mentre ti scende un brivido lungo la schiena. Per me sono dei grandi maestri.

Una neonata con una voglia rossa su un palmo viene rapita da una strana ragazza. A distanza di trentatré anni dopo, una ragazza del tutto identica alla prima viene sospettata di aver rapito un’altra neonata con una voglia rossa su un palmo. Questa, in breve, è la trama del tuo ultimo romanzo. Da dove è arrivata l’ispirazione?

Sempre dal cinema. L’idea di base mi è nata vedendo "Amore tossico" di Claudio Caligari. È una sorta di documentario, non ha una vera e propria trama, descrive le vite di alcuni giovani tossicodipendenti romani. Gli attori non sono professionisti, sono davvero tossicodipendenti o ex tossicodipendenti. Il film mi ha a tal punto colpito che ho deciso di scrivere un romanzo ambientato nel bosco di Rogoredo, che fino a poco tempo fa era uno dei principali luoghi di spaccio di Milano. Così, ho cominciato a immaginare una storia in cui viene rapita la figlia di una giovane tossicodipendente. Costei è romana di origine e si chiama Michela, come la protagonista di Amore tossico. Poi volevo che si incontrassero personaggi che avevo già utilizzato in mie precedenti romanzi. Quindi ho affidato le indagini investigative all’agenzia Brando & Co., e come presunta rapitrice ho messo in scena la strega Apollonia.

In questo, come in altri tuoi lavori, attribuisci alle donne capacità straordinarie. Ci vedi come esseri sovrannaturali?

Esatto. In Italia voi donne dovete avere dei superpoteri, vostro malgrado. Dovete lavorare e mandare avanti quasi da sole la vostra famiglia, e il più delle volte ci riuscite benissimo. Non dico che l’andazzo sia giusto, ma di fatto è così. Forse la mentalità sta un po’ cambiando, ma ci vorrà ancora del tempo per arrivare a un’effettiva parità.

Al contrario i tuoi personaggi maschili sono quasi sempre imperfetti, imbranati…

Che il maschio sia in crisi lo sappiamo tutti. E il fatto che i miei personaggi maschili siano un po’ imbranati serve anche a creare l’effetto comico. D’altra parte, non è che gli uomini dei miei romanzi abbiano solo difetti. Anzitutto, credono nel valore dell’amicizia e sono molto leali. Inoltre, sono spesso dotati di autoironia, e sono di solito consapevoli dei propri limiti, il che è un pregio impagabile. In definitiva, si rendono contro di essere in crisi, ma ci ridono sopra. Prendono la vita con leggerezza, da non confondersi con la superficialità. E continuando a riderci su, dalla crisi prima o poi ne usciranno. Ne usciremo.

Cosa racconta di te Cercasi Anticristo?

Tanto. Nick Brando, titolare dell’omonima agenzia investigativa, è in sostanza il mio alter ego. È da lui che ho ricavato il mio pseudonimo, Brando. Ci tengo invece a sottolineare che anche se nel romanzo si parla parecchio del Diavolo, io non credo affatto nella sua esistenza. Per me Dio e il Diavolo sono solo due invenzioni umane. Fra i due, comunque, il secondo mi sembra il personaggio più simpatico. È meno pretenzioso, meno terribile, e in ultima analisi anche meno pericoloso del primo.

Ti ringrazio per il tempo che hai voluto dedicarci e chiudo con la domanda di rito: quali sono i tuoi prossimi progetti?

Sto scrivendo una storia di pirati, ambientata nel Seicento. Se scrivessi qualcosa ambientato nel 2021, dovrei – volente o nolente – parlare della pandemia, e come ti ho detto, non ne ho nessuna voglia. È già fin troppo doverla vivere.

Cercasi Anticristo – la scheda

Sinossi: 1985. A Milano viene rapita una neonata. La sequestratrice riconsegna al fratellino la bimba, ma con il collo spezzato. Il ragazzino ha l’impressione che la donna misteriosa sia in grado di trasformarsi in una gatta nera.

2018. Sempre a Milano, un’altra neonata viene sottratta alla madre tossicodipendente, mentre questa si trova nel bosco di Rogoredo (il cosiddetto “bosco della droga”, perché covo di spacciatori e drogati).

I detective di una scalcinata agenzia investigativa vengono ingaggiati per ritrovare la neonata scomparsa a Rogoredo. I detective cominciano le loro indagini presso il bosco della droga, dove si imbattono in una ragazza che sembra la perfetta sosia della rapitrice di trentatré anni prima. La giovane nega di essere coinvolta nel misfatto, e uno degli investigatori, Beppe Mascaretti, donnaiolo impenitente (benché sposato e con prole), comincia a frequentarla. Tipa stramba, costei gli confessa tra il serio e il faceto di essere una strega, e di riuscire a viaggiare nel tempo a cavallo di una scopa.

La faccenda si complica quando lo stesso Mascaretti si vede sottrarre la figlia, anche lei con voglia rossa sul palmo. La cosa stupefacente è che la piccola viene ghermita in piena notte, mentre tutti dormono. La porta e le finestre risultano perfettamente chiuse dall’interno, e non risulta esserci nessuna impronta lasciata da estranei. Peraltro, non solo la bimba è scomparsa, ma anche la gatta nera che era entrata il giorno prima nella casa del detective, e che questi aveva deciso di adottare.

L’autore: Andrea Brando è nato a Milano il 25 giugno 1973. È avvocato civilista. Ha pubblicato un romanzo giallo (A che ora cenano i cannibali?, Todaro, 2013), un romanzo e un lungo racconto gotici (Per il sabba sempre dritto, 2015; La cura del diavolo, Todaro, 2018), un romanzo horror (Angela Merkel contro i morti viventi, Apollo, 2019).