Al piano di sotto i riflessi luminosi del tubo catodico sono l’unica luce che illumina la scena, conferendo al sangue un colore bluastro e metallico.

Quando Milena torna a casa, lasciando il suo ragazzo imbronciato e insoddisfatto sul sedile della macchina, l’aria all’interno è pregna dell’odore di sangue già in decomposizione, come ferro con un fondo dolciastro. La ragazza lo avverte immediatamente, e nel breve lasso di tempo che la porta d’ingresso impiega a chiudersi il suo cervello assimila e comprende quel che è successo. Lo spettro la guarda rannicchiato sulle scale, e in lei qualcosa cede definitivamente. Non pensa per un solo attimo alla fuga o a nascondersi in qualche stanza, i suoi occhi sembrano offuscati da un velo composto non solo da lacrime, ma anche da disperazione e rassegnazione in parti eguali.

Lentamente, con movimenti da sonnambula, singhiozzando e sospirando, avanza andando incontro alla fine, a quel folle grumo di lame, sangue e paura. Quando gli giunge vicino guida lei stessa i colpi del demone, affondando i coltelli vicino al cuore con un sospiro che non possiamo dire se di sollievo o di dolore.

Fuori il buio.

In casa il rumore delle zanne e degli artigli viene coperto dal frastuono del televisore.

Poi il nulla.