Il prossimo 25 marzo esce Possession (Spinefarm/Universal), il nuovo lavoro dell'extreme metalcore band norvegese Benea Reach. La band fu fondata nel 2003 dal batterista Marco Storm (Selfmindead) e dal cantante Ilkka Volume; a loro si unirono Morten (basso), Tor (chitarra) e Anders (tastiere), ma la formazione riuscì a sopravvivere solo per un anno. Nel 2004 la band contò quattro nuovi elementi, tra i quali Christer Espevoll (Extol); i Benea Reach registrarono un demo del pezzo Pandemonium, il quale fruttò un buon responso da parte di varie labels. Il gruppo firmò un contratto con Tabu Recordings e rilasciò così il primo full length, Monument Bineothan; grazie a questo lavoro, i Benea Reach furono nominati allo Spellemannsprisen per la categoria metal, assieme a Enslaved, Gorgoroth e Keep of Kalessin. Nell'agosto del 2007 la band annunciò sul proprio sito internet di voler registrare l'album successore di Monument Bineothan, assieme al produttore danese Tue Madsen; il nuovo album dei Benea Reach uscì nel 2008 con il titolo di Alleviat. Nel 2009 il gruppo partì per un tour in India, che offrì la possibilità di esibirsi al The Great Indian Rock Festival in Pune, Delhi e Bangalore, e al Thomso '09 Cultural Festival of IIIT Roorkee, uno dei più grandi festival studenteschi dell'India.

La band si ispira a gruppi del calibro dei Meshuggah, Neurosis, Botch ma anche a Dillinger Escape Plan, My Bloody Valentine, Cult of Luna, Tool e Mastodon. Attualmente la line up vede Ilkka Volume (voce), Marco Strom (percussioni), Martin Sivertsen (chitarra), Andreas Beglihn (chitarra), Mikael Wildén  (basso) e Thomas Wang (chitarra e tastiere).

Woodland apre il lavoro finemente, con un arpeggio di chitarra che lascia a mano a mano spazio all'ingresso degli altri strumenti e della voce: un cupo scream si incornicia su una base strumentale dispari, insistente, violenta nei modi e nelle sonorità. Pennellate melodiche si combinano con evoluzioni musicali più aggressive, creando un mosaico complesso ma fluido, che lascia una sensazione di completezza.

Mountain si presenta subito col piede di guerra: uno scream acuto e melodico si alterna a uno scream cupo e grottesco, su una base musicale complessa nelle dinamiche. Il pezzo è piuttosto complicato da afferrare e descrivere, scivola fluido come l'acqua, cambia in modo repentino e naturale senza, però, farsi mai afferrare completamente.

Violenta, Desolate si avvia con passo pesante e deciso: inizialmente protagonista è una voce sporca, urlata, a tratti demoniaca, che si alterna, tuttavia, a una linea melodica pulita e angelica, dal timbro femminile, soave e gentile. Sicuramente Desolate può considerarsi un pezzo esemplare dell'extreme metalcore del quale i Benea Reach sono perfetti ambasciatori. I riff di chitarra e le componenti ritmiche, un momento sono aggressivi e violenti, un momento dopo si cambiano d'abito, divenendo docili, gentili, grazie anche al contributo fondamentale della voce: è proprio la voce, infatti, ad avere l'onere e l'onore di sancire il mood di ogni brano e di ogni sua componente musicale.

La chitarra che introduce Nocturnal ha un che di bizzarro e richiama un'atmosfera caliginosa e indefinita: l'ambientazione offuscata si schiarisce lievemente al comparire di voce e batteria. Il brano si configura come ombroso, rimanda a una notte nebbiosa, in cui timidamente fanno capolino luna, stelle e creature misteriose, mostruose dell'oscurità. La voce, melodica nel ritornello, spezza l'ambientazione cupa, la quale, tuttavia, torna immediatamente e imperante con l'indurirsi del sound e degli strumenti.

Acida e arrogante, Crown si apre con la voce spietata e gridata: le dinamiche ritmiche veloci, violente, una voce sporca e grattata lasciano in bocca il sapore del sangue. Il pezzo prende una strada completamente differente, si alleggerisce e si ammorbidisce grazie al bridge pacato, in cui protagoniste, restano chitarra e batteria. Uno stacco lascia spazio alla voce, che di nuovo suona asprigna e arrabbiata, in linea con gli altri strumenti, i quali, sul finale, si spengono via via in uno sfumato.

Empire ha una carica notevole, resa soprattutto grazie all'insistente tappeto aspro di chitarra, basso e batteria, il quale rende un'atmosfera truce e cattiva. Degna di nota è la voce, protagonista indiscussa col suo essere stridula, sporca, demoniaca, intrisa di potenza e al contempo melodica: uno squittio gelido e crudele che si alterna a soluzioni più cupe, accompagnate da un sound di chitarra prettamente noise. Sul finale il mood si fa ancora più arrogante, violento e insistente, e in definitiva il pezzo è da considerarsi fra i più interessanti dell'intero lavoro.

Sheddin Skin, con il suo riff di chitarra gentile e la batteria timida, sembra essere un brano calmo e pacato. Tutte le convinzioni premature affondano e si annientano con l'esplosione fulminea di violenza degli strumenti e della voce: il brano torna a essere in sintonia con la crudezza alternata a dolcezza e melodia dell'intero lavoro.

Fallen, sulla linea aggressiva dei brani precedenti, lascia spazio a Constelation: una chitarra morbida introduce il tema portante del pezzo, sul quale va a incastonarsi un coro di voci fatto di componenti melodiche e scream. Interessante da notare è il ritornello, funzionale e molto piacevole all'ascolto.

The Dark si avvia con un giro di chitarra particolare, che suona distante e a tratti inquietante. Entrando nel vivo del pezzo, una buona dose di veemenza sonora travolge l'ascoltatore: il ritornello, anche in questo caso, si configura come la componente migliore dell'intero brano. Piacevole da ascoltare, potente ed energico, offre un riff di chitarra che carica ed esalta.

Il lavoro si conclude con Aura, un brano dai tratti malinconici ed emozionali; una voce femminile canta soave la strofa, su una base strumentale dolce e pacata, che via via si gonfia di potenza. Un'esplosione energica è data dall'ingresso in scena della voce di Ilkka Volume, che, rapido, lascia spazio alla voce femminile. La tastiera infonde una sensazione di sospensione gradevole, fino al comparire, nuovamente, della voce maschile aggressiva, sporcata e roca, che sfocia in un potente scream. Il brano si conclude riproponendo il tema iniziale e lasciando l'ascoltatore con un amaro senso di sospensione.

Possession è un album qualitativamente buono, dal punto di vista compositivo e sonoro: ogni singola componente musicale, suona studiata nei minimi particolari. Il lavoro, nel complesso, infonde una sensazione piuttosto strana e particolare, ed è difficile farne un sunto conciso e definito: Possession copre molti aspetti musicali, spazia dal metal estremo a un metal più melodico, senza tralasciare qualche pizzico di sonorità progressive. Un piacevole annebbiamento dei sensi è il riassunto più definito e ottimale che si può proporre per un album che andrebbe ascoltato e riascoltato, soprattutto per poterne apprezzare la qualità nei minimi particolari. Il lavoro dei Benea Reach è adatto a tutti coloro che amano sperimentare nell'ascolto di una musica differente, particolare e di ottima qualità, senza restare ancorati in generi concisi e troppo definiti.

Sicuramente non è un album che ci si aspetterebbe da una band della patria del black metal.