Siamo in un mondo post apocalittico. La civiltà è stata distrutta dalla piaga dei morti viventi, che camminano sulla terra, come molti film, libri e fumetti ci hanno ampiamente raccontato. 

R è un giovane zombi, che passa il suo tempo ciondolando in un vecchio aeroporto abbandonato, insieme ai suoi compagni non-morti, a collezionare oggetti testimonianza di una civiltà che non esiste più (come vecchi dischi di musica) e a cibarsi, anche se controvoglia, di esseri umani per la sua sopravvivenza.

R è uno zombie, un po’ diverso da tutti gli altri, nonostante sia intrappolato in un corpo in decomposizione, la sua indole lo porta a interrogarsi sulla sua identità, a rubare i ricordi delle proprie vittime (cibandosi del loro cervello) e a volere qualcosa di più.

E la sua non esistenza, infatti, un bel giorno cambia, quando incontra Julie, una ragazza determinata a sopravvivere in un mondo ormai allo sfacelo, che lo incanta e per la quale inizia a provare dei sentimenti che pensava di non avere, a diventare sempre più umano e sempre meno zombie. Ma questo cambiamento turberà gli equilibri tra umani e zombie. e tra gli zombie e gli “ossuti”: l’ultimo stadio del non-morto, quello disperato e cattivo, da cui non c’è più ritorno.

Adattamento del romanzo omonimo scritto da Isaac Marion e pubblicato in Italia da Fazi, arriva nei cinema Warm Bodies sceneggiato e diretto da Jonathan Levine.

Inserendosi nel filone sui morti viventi che ha, negli ultimi anni, invaso cinema, narrativa e comics la pellicola si propone di analizzare tematiche “teen”, adolescenziali attraverso uno degli archetipi più celebri della iconografia horror: lo zombie.

Operazione questa destinata a far inorridire i puristi dell’horror tout court, anche per l’accostamento pubblicitario al fenomeno Twilight (di cui la pellicola condivide gli stessi produttori) ma che riesce a centrare, invece, un target, quello Young Adults, alla ricerca di storie che evidenzino il lato sentimentale e romantico in un ambientazione di carattere soprannaturale.

Warm Bodies diventa, così, il ritratto di un disagio giovanile, la metafora dell’adolescente che si sente un “diverso” tra gli adulti, un ragazzo intrappolato in un corpo in continuo cambiamento e che cerca un posto nel mondo e una formazione sentimentale.

Una pellicola non certo esente da difetti e con numerose forzature a livello di caratterizzazione (gli zombie a volte corrono, a volte si trascinano claudicanti, per esempio) e narrativo (il pretesto non troppo convincente con cui Julie viene mandata alla ricerca dei medicinali, quando ci sarebbe a disposizione un intero esercito ben più equipaggiato, per esempio) ma che ha il pregio di non prendersi troppo sul serio e di giocare con i toni della commedia (in un contesto pur sempre horror), e strappare in più di un’occasione una risata.

Buona l’interpretazione Nicholas Hoult e Teresa Palmer, nella parte degli innamorati, che portano avanti un’interazione sempre posata e mai eccessiva sul piano del romanticismo e sempre una garanzia quella di John Malkovich (che interpreta la parte del padre di Julie e generale dell’esercito che combatte gli zombie).

In definitiva Warm Bodies si rivela un discreto film, che riesce a trovare il tono giusto per il target a cui si propone senza risultare eccessivamente stucchevole e con il pregio di riuscire a veicolare un messaggio di tolleranza e integrazione: molto simbolica, a questo proposito, la scena finale in cui il “muro” che divide il mondo dei non morti a quello degli umani crolla con una spettacolare deflagrazione.