Will Attenton (Daniel Craig), sua moglie Libby (Rachel Weisz) e le due piccole figlie si trasferiscono in un’apparente idilliaca casa nel Connecticut, dove Will potrà trovare la concentrazione necessaria per scrivere il suo libro. Ma alcuni indizi nella casa e la minacciosa presenza di un uomo misterioso che li spia dalla finestra li porteranno alla scoperta che cinque anni prima i precedenti  abitanti della casa furono brutalmente assassinati e il principale indiziato è rimasto a piede libero…

A mezza via tra il thriller psicologico e la ghost story arriva in Italia Dream House, travagliatissima pellicola del regista irlandese Jim Sheridan autore di celebri pellicole come Il mio piede sinistro e Nel nome del padre.

Il film si sostiene tutto sull’ambiguità tra la realtà e la finzione, con un meccanismo collaudato che ha fatto il successo di pellicole come Il Sesto Senso di M. Night Shyamalan e The Others di Alejandro Amenàbar ma che perde interesse e credibilità nel momento in cui viene svelato il colpo di scena a metà del film (anticipato, in realtà da un trailer suicida) offrendo una chiave di lettura che, a ritroso, dà anche una giustificazione psicologica (l’amnesia di Attenton che non ricorda cosa sia successo dovuta dal colpo di pistola alla testa) e spiega le relazioni con dei vari personaggi tra di loro: il rapporto di Will con la moglie e quello di entrambi con la vicina di casa Ann (Naomi Watts).

La pellicola prosegue, quindi, con un andamento incerto e prevedibile, in cui è possibile ravvisare notevoli buchi di sceneggiatura, nonostante i personaggi vengano tratteggiati con una buona dose di umanità e di enigmatica contraddittorietà: buona l’interpretazione di Daniel Craig nella parte del padre di famiglia e amorevole compagno che viene trascinato nell’incubo, quella di  Rachel Weisz madre preoccupata e pronta a tutto per difendere le figliolette e Naomi Watts spettatrice inerme dell’abisso di tragica drammaticità della vicenda, che come capiremo coinvolge anche lei e della quale è causa scatenante.

Suggestive alcune ambientazioni come gli esterni innevati della casa, il nascondiglio popolato da bambole delle figlie, il ritorno al manicomio in cui era stato internato Attenton, ma che, ovviamente, da soli non bastano a fare la differenza nel film.

Jim Sheridan, dopo l’uscita nelle sale americane, ha chiesto di disconoscere il film per i numerosi disaccordi e gli interventi post produzione sulla pellicola da parte della Morgan Creek Productions che hanno reso il lungometraggio molto diverso da come inizialmente lui l’aveva pensato. 

In definitiva Dream House si rivela un episodio poco riuscito e un’occasione mancata, una delle tante meteore che popolano le sale italiane nella calda estate; una pellicola che se non verrà ricordata per il merito artistico, ha fatto parlare di sé  per quanto riguarda il gossip: sul set Rachel Weisz e Daniel Craig si sono innamorati e sono convolati felicemente a nozze.