Il 36° Giusto è il secondo appuntamento con i personaggi creati da Claudio Vergnani ne Il 18° Vampiro, del quale è il sequel molto atteso da tanti lettori.

A un anno di distanza l’autore modenese riprende da dove aveva lasciato con la sua opera precedente, e ci propone nuove, gustose, avvincenti ma anche tragiche avventure dello scalcinato gruppo di ammazza – vampiri, composto da Claudio, Vergy e Co.

Questa seconda opera di Vergnani appare come un volume di transizione, sia nella trama sia nella forma.

Per quanto riguarda la trama, l’autore non propone più un episodio unico, come nel primo volume, ma singoli episodi, singole avventure dei nostri eroi (o sarebbe meglio dire antieroi).  Il gruppo, dopo la mattanza vampirica, in cui i vampiri hanno dichiarato la loro esistenza al mondo e massacrato innumerevoli mortali, viene ingaggiato e stipendiato come ammazza – vampiri alle prese con i succhiasangue rimasti in circolazione (i maestri e i vampiri di serie “A” si sono ritirati nuovamente nell’ombra), esseri disperati e malconci, ridotti a spettri di se stessi, ma sempre in grado di nuocere di notte.

Per quanto riguarda la forma, invece, Vergnani, consolida e perfeziona il suo stile fatto di numerose descrizioni, citazioni continue (prosegue il ricorso alle note a fondo capitolo per spiegare i molti riferimenti letterari e cinematografici al lettore), divertenti caratterizzazioni dei personaggi, brillanti dialoghi (nei quali il turpiloquio dei protagonisti raggiunge qui vette massime e irresistibilmente pulp) e la presenza di dosi massicce del cosiddetto splatter: sangue, viscere, liquami e nefandezze varie.

Dalla lettura di questo tomo di oltre 500 pagine (forse troppe come già lo erano state per il precedente volume, ma che comunque si leggono molto agilmente) emerge una visione pessimistica e tragica dell’essere umano. L’autore sembra volerci chiedere: chi è più miserabile, il vampiro o l’uomo?

I vampiri del 36° Giusto (come già lo erano stati ne Il 18° Vampiro) sono qui descritti come essere ripugnanti, sporchi, in decomposizione, ben poco romantici e affascinanti, esseri a cui certo non non si può chiedere né pietà, né sensibilità. Come afferma l’autore: “I vampiri si sentivano legittimati a portare oltre ogni limite la loro crudeltà, ma in qualche modo anche obbligati a farlo. Molto spesso le cose sono semplici e stupide. Poi certo la sete di sangue non aiutava. Magari una decina d’anni di martellamento a base di Twilight ed epigoni avrebbe potuto cambiare le cose, rendendoli bravi ragazzi dediti alla figa e alla poesia, ma ne dubitavo”.

D’altro canto gli uomini descritti nel libro cercano di dimenticare velocemente la mattanza vampirica del precedente episodio, gli orrori, le stragi, rifugiandosi nella vita di tutti i giorni e nei loro piccoli e grandi problemi quotidiani. Claudio, uno dei protagonisti del romanzo, leader dello sbandato gruppetto di ammazza - vampiri, e alter ego dell’autore, è un uomo che non ha più nulla nella sua miserabile vita. Vive di stenti, cerca di arrivare a fine giornata come può, senza un lavoro, senza amici e senza una donna e degli affetti. Va avanti per inerzia, ovattandosi verso il resto del mondo assumendo tranquillanti e psicofarmaci. L’unico scopo della sua vita diventa quello della lotta contro i vampiri. Ma non certo per motivi nobili o per salvare l’umanità da questo male, ma perché è l’unico lavoro che riesce a fare, l’unico per cui qualcuno è ancora disposto a pagarlo.  Lo stesso Vergy, il suo mastodontico compagno di avventure, è un uomo più male in arnese di lui e anche le avventure che si trovano ad affrontare contro i vampiri hanno tutto fuorché dell’eroico. Spesso combattano in condizioni paradossali (esemplare è la sequenza della lotta e fuga dal cimitero, in cui per far fronte a una diarrea fulminante e dovendosi scontrare necessariamente con i vampiri, Claudio e Vergy fanno dei buchi dietro ai pantaloni, rimanendo letteralmente con il fondoschiena all’aria) e ancora più spesso i buoni per causa loro ci lasciano le penne.

E tuttavia il romanzo è percorso da una profonda e sottile ironia e da una speranza di riscatto, che, l’autore lascia intendere, prima o poi arriverà.

Non a caso il titolo del romanzo prende le mosse da una credenza che risale alla Genesi, quella dei Lamed Wufniks: i trentasei Giusti che giustificano il mondo agli occhi di Dio.  “Loro non sanno di esserlo. Morirebbero, se lo sapessero. E sono poverissimi. Non vedono gloria o grandezza nei loro atti. Vivono vite senza sfarzo. Ma, se non fosse per loro, Dio annienterebbe il genere umano”.

In definitiva il 36° Giusto è un buon romanzo, che conferma le ottime capacità di narratore di Vergnani, forse non all’altezza dell’episodio precedente, ma che va preso appunto come premessa (alcuni personaggi come Matthew il nano nero e la vampira russa, maestra della notte, promettono il loro ritorno nel volume successivo) all’ultimo episodio della trilogia, che si preannuncia altrettanto interessante e avvincente.