Ben Carson (Kiefer Sutherland) ha visto giorni migliori. E’ passato quasi un anno da quando l’instabile agente della polizia è stato sospeso dal NYPD per aver sparato e ucciso un altro membro sotto copertura, un incidente che non soltanto gli è costato il posto, ma che lo ha spinto verso l’alcoolismo e a nutrire un rancore che ha allontanato sua moglie e i ragazzi, portandolo a trasferirsi sul divano di sua sorella al Queens.

Desiderando con tutte le sue forze rimettere a posto la sua vita e ritrovare una sintonia con la sua famiglia, Carson accetta di lavorare come guardiano notturno alle rovine dei grandi magazzini Mayflower devastati dal fuoco. Quello che un tempo era un simbolo di prosperità e grandeur ora è scivolato nell’oscurità come una nave fantasma in rovina, distrutta da un incendio imponente che ha divorato anche numerose vite innocenti.

Quando Carson fa un giro tra gli inquietanti resti carbonizzati dell’edificio, inizia a notare qualcosa di sinistro negli elaborati specchi che adornano le pareti della Mayflower. Infatti, riflessi nei giganteschi specchi ci sono delle immagini orribili che lo sconvolgono. Oltre a proiettare delle sconvolgenti immagini del passato, gli specchi sembrano anche manipolare la realtà. Quando Carson vede la sua immagine torturata, soffre degli effetti fisici legati alle sue visioni da ubriaco. Improvvisamente, il problematico ex poliziotto si ritrova a dover combattere i suoi demoni personali e quelli che hanno rapito la sua immagine, tormentandolo con delle convulsioni, delle sanguinose ferite spontanee e delle esperienze di apparente soffocamento.

Sua sorella Angela (Amy Smart) gli vuole bene, ma è scettica e considera questi bizzarri "incubi" come una conseguenza dello stress e del senso di colpa legati alla sparatoria casuale. Invece la moglie separata di Carson, Amy (Paula Patton), un razionale patologo del NYPD, è meno comprensiva. Il comportamento sempre più strano del marito la spaventa, portando la sua famiglia ad allontanarsi, anche perché il timore è che lui metta i figli in pericolo.

Ma c’è una minaccia decisamente più mortale che incombe, intrappolata negli specchi e nelle superfici riflettenti di cui è piena la nostra vita quotidiana. Mentre Carson indaga sulla misteriosa sparizione di una guardia di sicurezza della Mayflower e i suoi possibili legami con le spaventose visioni di cui soffre, capisce che una forza malvagia e ultraterrena sta utilizzando i riflessi come un portale per terrorizzare lui e la sua famiglia.

Per avere qualche speranza di salvare sua moglie e i figli da una morte orribile, Carson deve in qualche modo scoprire la verità dietro agli specchi e convincere Amy ad aiutarlo a combattere il male peggiore che lui abbia mai affrontato. 

 SPRIGIONARE UNA NUOVA PAURA: DIETRO IL MONDO DI MIRRORS

Dal folklore alle fiabe, dalle superstizioni alla religione, la mitologia legata agli specchi ha sempre proteso verso l’oscurità.

Gli antichi romani ritenevano che gli specchi avessero il potere di riflettere l’anima di una persona e condizionare il suo benessere. Questo, assieme alla loro convinzione che la vita si rinnovasse ogni sette anni, ha portato alla leggenda secolare che sette anni di sventura colpiscono chiunque rompa uno specchio.

Nei film e nella letteratura, gli specchi vengono utilizzati come simboli di vanità, dei pericolosi portali della verità o per trasportare qualcuno in un altro tempo e luogo. Per la fede ebraica, tutti gli specchi di una casa debbano essere coperti mentre si piange la scomparsa di una persona amata, in modo che essa non venga distratta dalla trappole della bellezza e del mondo fisico.

Ma questi racconti cautelativi legati al narcisismo e alla sfortuna non sono nulla rispetto al fenomeno più comune associato agli specchi: la morte.           

Presente in culture diverse, come quelle romane e dell’estremo Oriente, è la tradizione di considerare gli specchi delle entità malevole che intrappolano le anime dei vivi (e quindi ne causano la morte) o imprigionano le anime dei defunti prima che possano arrivare nell’aldilà, bloccando per sempre i loro spiriti. Si pensa anche che un vampiro non abbia un’immagine che si riflette, perché è una creatura che appartiene al regno dei morti e ha già perso la sua anima.

Che il legame tra gli specchi e la morte sia passato attraverso le generazioni e abbia permeato le società attorno al mondo rivela non solo il complesso rapporto con il Grande Mistero, ma anche con la propria immagine.

“Gli specchi ti sfidano a guardare dentro te stesso”, osserva Kiefer Sutherland. “E’ difficile osservarsi e non importa quanto tu possa essere bello. Sia a livello fisico che spirituale, è dura fronteggiare te stesso in uno specchio. A seconda di quello che vedi, può risultare veramente spaventoso”.

Gli elementi più oscuri di questa mitologia collettiva vengono ripensati per il ventunesimo secolo in Mirrors, la terrificante storia di un tormentato ex poliziotto che deve difendere la sua famiglia da un male terribile che sfrutta le superfici riflettenti come portali per terrorizzare i suoi componenti.

Nello sviluppo del film, un remake dell’horror sudcoreano del 2003 Into the Mirror per la New Regency, la produttrice Alexandra Milchan ha visto il potenziale per un thriller psicologico dotato di diverse chiavi di lettura, secondo la tradizione di Shining.

“Al di là dell’aspetto horror del film originale, c’è qualcosa di decisamente universale ed interessante sulla mistica degli specchi che forniva le basi per una notevole pellicola drammatica”, sostiene la Milchan, produttrice di pellicole come Goodbye Lover e Righteous Kill

Così, ha contattato Alexandre Aja (Le colline hanno gli occhi, Alta tensione) per chiedergli di portare il suo stile coraggioso e la sua narrazione forte al film.

 “Io cercavo un progetto che mi permettesse di esplorare la paura in modo nuovo”, rivela Aja, che si è dimostrato una personalità originale e importante del genere horror con il fortunato slasher movie francese Alta tensione e con Le colline hanno gli occhi, il suo spaventoso remake del thriller del 1977 sulla lotta di una famiglia per sopravvivere al brutale massacro compiuto da alcuni mutanti cannibali.

 Al centro di Into the Mirror, la storia di un detective che indaga su una serie di spaventose morti legate agli specchi, Aja ha trovato quello che cercava. “Tutti hanno dei rapporti con la loro immagine”, sostiene il regista. “E’ qualcosa a cui non prestiamo attenzione, ma che avviene continuamente. Alcune persone amano guardarsi allo specchio, altre odiano farlo. Gli specchi possono mostrarci i traumi e le verità che esistono nel nostro subconscio e che sono in attesa di essere rivelate”.

Avendo già esplorato gli estremi sadici della natura umana, Aja era lieto di avere l’opportunità di calarsi nel sovrannaturale. “L’idea era assolutamente originale e io volevo creare una storia intorno a questo tema che avrebbe spinto il pubblico a confrontarsi con se stesso e con le proprie paure in un modo che non avevano mai immaginato prima d’ora”, sostiene il realizzatore. 

Assieme a Gregory Levasseur, il cosceneggiatore di Alta tensione e Le colline hanno gli occhi, Aja ha costruito una nuova e inquietante storia per Mirrors, basando la vicenda della battaglia di un uomo per la redenzione che inizia come un tentativo di riunire la sua famiglia a pezzi e che rapidamente si trasforma in una lotta feroce per la sopravvivenza.

“Tutto attorno a lui sta andando a pezzi”, rivela Aja parlando di Ben Carson, un agente del NYPD che è stato sospeso per la sparatoria che è costata la vita a un altro poliziotto sotto copertura. “Ha perso il lavoro, la famiglia e la sua anima”.

Consumato dal senso di colpa e dalla rabbia, Carson ha portato la moglie e i giovani figli ad allontanarsi da lui per via dell’alcoolismo e del suo carattere instabile. “E’ al punto più basso della sua vita”, rivela Sutherland parlando di questo poliziotto tormentato, che è rimasto separato dalla famiglia per diversi mesi, finendo sul divano della sorella e cercando di rimanere sobrio, anche se con grandi difficoltà.

“Lui sta evitando il passato, così come di fronteggiare se stesso e i suoi fallimenti, non soltanto come poliziotto, ma anche come marito e padre”, aggiunge la Milchan. Era questo mix tra horror di ottima fattura e autentico dramma familiare che interessava a Sutherland. “Alex mi ha raccontato una storia magnifica”, ricorda l’attore vincitore dell’Emmy e del Golden Globe, che ha incontrato la prima volta Aja per discutere del progetto dopo aver terminato una lunga notte di riprese della sua fortunata serie 24 per la Fox Tv. “L’horror è un genere che mi ha sempre interessato, ma quello che mi attirava in questa storia è il fatto che parlava di una famiglia che cerca disperatamente di capire come ritornare insieme. Si tratta di avere una seconda possibilità. In questa situazione assolutamente estrema, un uomo trova veramente se stesso e instaura nuovamente un legame con la sua famiglia. Quando le cose sono al loro punto più basso, lui tira fuori la parte migliore di se stesso. E questo mi affascinava molto”. 

Grazie a quel breve incontro con Aja e prima ancora di vedere Le colline hanno gli occhi, Sutherland ha accettato di fare il film. “Io sono un giocatore”, rivela l’attore. “Mi piace giocare a carte, scommettere e avevo la sensazione forte in quell’incontro che io e Alex avremmo fatto delle cose speciali insieme. Avevo fiducia e mi sento molto fortunato perché avevo ragione”.           

Ci potrebbe essere un’altra ragione per cui Sutherland si è impegnato a fare Mirrors senza aver prima visto l’acclamato remake realizzato da Aja de Le colline hanno gli occhi. “Trovo molto difficile vedere film horror”, ammette l’interprete. “Ho portato mia figlia a una proiezione de Alla ricerca di Nemo e quando lo squalo arriva nella nave, il mio popcorn è volato in aria. All’epoca, mia figlia aveva dieci anni e mi ha preso in giro”.

“Io sapevo che Alex e Kiefer sarebbero andati decisamente d’accordo, perché sono entrambi molto diretti e intensi”, osserva Milchan. “Se osserviamo la carriera di Kiefer, lui fornisce sempre il 150%. E’ decisamente concentrato e autentico e il pubblico ama proprio questo di lui”.

Sutherland fornisce la sua caratteristica intensità al ruolo di Ben Carson, un uomo che rischia di perdere tutto quello che conta per lui. Distrutto e desideroso di ricostruirsi una vita, Carson accetta un lavoro come guardiano notturno ai grandi magazzini Mayflower… o quello che ne è rimasto.

 Distesi contro il cielo notturno come una nave fantasma che si ritrova in una città prosperosa, la Mayflower era un tempo un simbolo del lusso e della grandeur, fino a quando un incendio non ha distrutto la struttura e ha portato via tante vite innocenti. Sono passati cinque anni dall’incidente e la Mayflower si ritrova invischiata in una serie di battaglie legali che l’hanno portata a marcire nell’oscurità, sospesa nel tempo come un’inquietante istantanea di una vita tragicamente interrotta.

 Mentre visita le rovine bruciate del centro, Carson coglie delle immagini distorte che si riflettono negli enormi specchi che sono presenti sulle pareti. Quelle che ritiene siano solo delle bizzarre allucinazioni in breve tempo diventano più evidenti, mentre gli specchi rivelano delle visioni scioccanti e particolari di notevole sofferenza.

Le immagini sono talmente potenti e esplicite, con persone che bruciano vive e con la carne che si consuma fino all’osso, che Carson ne sente gli effetti come se li subisse direttamente.

Ma la sceneggiatura di Aja e Levasseur porta l’idea originale ben al di là degli specchi. Cosa succederebbe se una forza malvagia, intrappolata tra le nostre immagini riflesse, potesse utilizzarle come dei condotti per terrorizzare gli esseri viventi? “L’idea che un mondo completamente diverso esista su un altro piano e osservi il nostro universo al contrario, è veramente spaventosa”, rivela Sutherland.

Il fattore paura è amplificato notevolmente quando delle superficie riflettenti normali come le finestre, l’acqua, gli schermi televisivi, delle facciate di acciaio e delle cornici vengono trasformate in canali mortali di malvagità. Improvvisamente, Ben si ritrova non solo a combattere contro i suoi demoni, ma anche con quelli che hanno sottratto la sua immagine.

“Le immagini riflesse rappresentano quello di cui siamo capaci”, rivela Sutherland parlando del loro dualismo tematico. “Buone o cattive, riflettono noi stessi a livelli estremi. E possono farci compiere delle azioni che noi preferiremmo non dover fare”.

Locandina del film sudcoreano
Locandina del film sudcoreano
Mirrors sfrutta il potere che noi forniamo alla nostra immagine, come se fosse un foglio bianco per esplorare le nostre paure più recondite. “Puoi rinchiuderti nella tua idea di chi sei e osservare cose nella tua immagine riflessa che altri non vedono e che non esistono realmente”, osserva Paula Patton (Hitch - Lui sì che capisce le donne, Déjà vu - Corsa contro il tempo), che interpreta la moglie separata di Ben, Amy.  “E’ come un’anoressica che vede una persona grassa allo specchio, quando in realtà il suo riflesso mostra una persona decisamente magra. Parla della capacità del nostro cervello di creare qualsiasi immagine voglia vedere, tanto che gli specchi non sono mai un’accurata immagine di noi stessi”.

La Milchan ritiene che ci sia una critica sociale presente nell’esplorazione di Aja e Levasseur della miriade di superfici riflettenti che esistono nella vita di tutti i giorni. “Se si osserva l’architettura di Dubai, New York o Las Vegas, tutto è legato al vetro, agli specchi e alle superfici scintillanti”, rivela la produttrice. “Gli specchi e le superfici riflettenti nel film rappresentano la nostra cultura e l’enfasi che viene posta su temi come il narcisismo e i soldi. ‘Sono qui, di fronte a te. Guardami’”.

“Se quello da cui stai fuggendo è la tua immagine, è impossibile evitarla nella nostra società”, conclude Sutherland. “Esistono troppe superfici riflettenti, provare per credere. Camminate per due isolati e cercate di non vedervi riflessi in una finestra o in una pozzanghera d’acqua. E’ impossibile. Questo crea un senso di paranoia per Ben, che è stato fantastico da interpretare come attore”. 

Nella vita reale, Sutherland non ama gli specchi. “Ne ho uno in bagno e uno nell’armadio, giusto per assicurarmi di aver messo i calzini giusti, ma a parte questo, non mi piace molto guardarmi”, rivela l’attore. “E’ decisamente strano osservare continuamente se stessi mentre stai lavorando. Questo era un aspetto molto interessante nella realizzazione del film”.

Quando Carson indaga sulla misteriosa morte di una guardia di sicurezza della Mayflower e il suo possibile legame con gli specchi minacciosi dei grandi magazzini, il male che lo ha preso di mira allarga la sua attenzione alla famiglia. Così, la loro semplice casa del New Jersey diventa un campo da giochi virtuale per l’immagine riflessa posseduta del figlio Michael. “Lui ritiene che buona parte di quello che avviene alla Mayflower dipenda dalla sua immaginazione”, rivela Sutherland. “Quando le persone diventano depresse e cadono così in basso, mettono in discussione la loro salute mentale. Anche Ben lo fa, ma non appena la famiglia viene minacciata, lui capisce tutto”.

La sorella di Carson, Angela, interpretata da Amy Smart (Starsky & Hutch), ritiene che i suoi incubi da sveglio siano una conseguenza del senso di colpa e dello stress legato alla sparatoria fatale. Ma il suo comportamento sempre più strano preoccupa la moglie, un patologo del NYPD decisamente razionale.

“Lei ritiene che stia perdendo la testa”, rivela la Patton, che ha iniziato a leggere la sceneggiatura di Mirrors una sera… e ha dovuto aspettare fino al mattino per finirla (“è stato un buon segno”, scherza lei). “Amy è una persona molto razionale e dotata di una mente scientifica, quindi i fantasmi o le forze ultraterrene sono qualcosa in cui non crede. Lei ha anche visto tante cose orribili e disgustose durante il suo lavoro, quindi non è il tipo che si spaventa facilmente”.

Ma, allo stesso tempo, nota che qualcosa non va con il figlio Michael, che sembra preoccupato per la sua immagine riflessa. “La loro famiglia sta andando a pezzi”, rivela la Patton, “e Ben si sente sempre più strano perché nessuno gli crede”.

“C’è un ottimo equilibrio tra le loro due storie”, nota Aja. “All’inizio del film, Amy è una persona forte e che cerca di mantenere insieme i pezzi della famiglia, mentre Ben è a terra. Quando lui trova il coraggio di confrontare se stesso e la forza malvagia che li sta terrorizzando, Ben e Amy devono combattere su fronti separati con lo stesso scopo: salvare i ragazzi, se stessi e, cosa più importante, la loro famiglia”.

In fin dei conti, Aja si è sforzato di rendere Mirrors non solo un intrattenimento, ma anche una storia provocatoria. “Spero che questo film abbia un enorme effetto psicologico sul pubblico”, sostiene Aja. “Io voglio che si chiedano, ‘guarderò ancora nello specchio o sarò troppo spaventato?’ La volta successiva che vedranno la loro immagine riflessa, potrebbero avere la strana sensazione di non essere soli”. 

Ma Sutherland riuscirà a vedere Mirrors? “La speranza è che io sia abbastanza intelligente da non portare il popcorn con me, perché in quel caso finirà per aria”, scherza l’attore. “Abbiamo creato qualcosa di veramente spaventoso che rimarrà con noi, toccando una paura reale presente nel pubblico e abbiamo fuso tutto questo con un dramma familiare che è veramente importante per me, perché è la storia di un uomo che sta cercando di avere una seconda possibilità. Mettendo assieme questi due generi, penso che abbiamo fornito alla pellicola una profondità che pochi film horror hanno”.

 

LA PRODUZIONE

Pieno di suspense e di un’atmosfera inquietante, MIRRORS è rafforzato da scenografie evocative che evidenziano il viaggio orribile che attende Ben Carson e la sua famiglia.

Mirrors è stato girato completamente a Bucarest, in Romania, con l’eccezione di alcune fondamentali scene in esterni realizzate a New York. Bucarest è stata selezionata dai realizzatori a causa del notevole edificio dell’Accademia delle Scienze, una struttura imponente commissionata dall’oppressivo leader comunista Nikolae Ceausescu e rimasta incompiuta dopo la sua morte avvenuta nel 1989.

Lo sceneggiatore e regista Alexandre Aja ha supervisionato l’Accademia come ambientazione per l’inquietante incendio che distrugge i grandi magazzini Mayflower. “Quest’edificio è fantastico e non potrebbe essere ricreato in un teatro di posa”, rivela Aja, che aveva già visitato la location diversi anni fa mentre svolgeva delle ricerche per un’altra pellicola. “L’atmosfera qui è decisamente piena di paura e di tensione, tanto che noi pensavamo di poter cogliere qualcosa di assolutamente unico”. “Ceausescu ha spaventato e traumatizzato più persone di quante probabilmente faremo noi con questo film”, nota la produttrice Alexandra Milchan. “Si può avvertire la tensione presente in questo edificio, che ne conserva ancora i segni”.

Mentre il luogo lentamente prestava le sue grandi dimensioni e la sua storia inquietante alla creazione del set della Mayflower, lo scenografo Joseph Nemec III (Le colline hanno gli occhi, Terminator 2 - il giorno del giudizio) e il suo reparto hanno affrontato sfide importanti per trasformare i quasi 2.000 metri quadri di questa spoglia architettura istituzionale nell’opulenza in rovina di un ex grande magazzino rinomato.

Dalla grande scalinata ai cartelli, ogni aspetto del piano terra è stato ideato, scolpito, fabbricato e arredato in sole dodici settimane al sesto piano dell’Accademia abbandonata, che peraltro è priva di ascensori.

Questo processo ha portato a bruciare ogni centimetro del grande magazzino, come se un vero incendio l’avesse divorato. Due squadre armate di torce hanno bruciato tutto, dalle pareti ai pavimenti, dai mobili agli arredi fino ad arrivare anche alla ‘mercanzia’, tra cui vestiti, orologi, gioielli, oggetti per la casa e cosmetici.

Un’attenzione particolare è stata rivolta alla posizione e alla decomposizione dei manichini, sfruttati per evocare la passata vitalità ed importanza della Mayflower, così come per rappresentare la malvagità che si nasconde al suo interno. “I manichini forniscono la sensazione che sia rimasta una vita in questo posto distrutto dal fuoco”, spiega Nemec. “Li abbiamo vestiti e messi in posizioni comuni, per poi cercare di bruciarli e affliggerli in un modo che sottolineasse la tragedia delle vite che sono rimaste intrappolate negli specchi. Uno l’abbiamo chiamato David, perché aveva una posa regale nonostante tutti i tessuti attorno a lui fossero bruciati. Un altro si chiamava Freckles (‘lentiggini’), perché noi abbiamo bruciato il suo rivestimento fino a quando non ha formato delle bolle, che simboleggiano le emozioni che stanno traboccando dall’interno”.

 All’incendio strategico del set ha fatto seguito lo spegnimento ad opera della ‘squadra dell’acqua’. I pittori hanno poi aggiunto strati d’acqua che ‘macchiavano’ per ottenere l’aspetto autentico di una struttura bruciata, rimasta a marcire sotto la pioggia ed abbandonata per cinque anni. Inoltre, è stato bruciato del legno che ha poi coperto il set, creando uno spesso strato di fuliggine. I risultati erano inquietantemente realistici, sia a livello visivo che nell’atmosfera. 

“C’è una società a New York che fornisce gli odori, tutto dai calzini sporchi alle rose fresche”, rivela Nemec, che normalmente arricchisce i suoi set con degli aromi appropriati. “Ma in questo caso, non ho dovuto contattarli perché abbiamo creato da soli l’odore di un edificio bruciato!”.

L’odore umido e pesante, così come la notevole autenticità del set marcio di Nemec, ha fornito un’intensità unica alla produzione, almeno secondo l’opinione di Aja. “Girare per settimane tra i vetri rotti e la polvere, con l’odore del fumo e del fuoco presente nell’aria, ha creato un’atmosfera per gli attori e la troupe che ha permesso a tutti di capire quanto sarebbe spaventoso trovarsi da soli in questo luogo, con soltanto una torcia a guidarti nell’oscurità”.

“Come attore, quando arrivi su un set che è reale e gestibile come questo, hai un’incredibile dose di libertà”, sostiene Kiefer Sutherland, che è abituato a lavorare in ambienti più ridotti per la sua fortunata serie 24. “Il set si espande a 360 gradi, così se volevo fare un giro completo o spostarmi in una certa direzione, potevo farlo. Non dovevo preoccuparmi che mancasse un muro. E’ fantastico”.

La vastità del set e l’oscurità tenebrosa che offre presentavano la sfida maggiore della carriera per il direttore della fotografia Maxime Alexandre (Le colline hanno gli occhi). “E’ decisamente la maggiore location che abbia mai illuminato ed è piena di pareti nere”, rivela il responsabile, facendo notare che le uniche fonti di luce naturale realistica nell’ambiente sono le ampie finestre all’ingresso dei grandi magazzini e i buchi nei pannelli rotti della cupola causati dagli agenti atmosferici e del passaggio del tempo. Abbiamo utilizzato delle luci alte e forti per dividere le forme e gli oggetti tra loro e per creare una certa profondità di campo e distanza tra gli attori, gli specchi e le loro immagini riflesse”.

Gli specchi grandi dieci metri che adornano le pareti della Mayflower sono stati sistemati per enfatizzare l’ampiezza dello spazio e riflettere l’orrore, la perdita e la desolazione che pervade questo luogo. Ma da un punto di vista pratico, girare un film che è incentrato sugli specchi rappresenta l’incubo di ogni realizzatore.

“Quando sei un direttore della fotografia e ricevi una sceneggiatura intitolata Mirrors, è come trovarsi di fronte a un impressionante tabù”, rivela Alexandre. “Ogni inquadratura è una scommessa quando metti la cinepresa di fronte a uno specchio. Sei sempre al limite, perché rischi di vederti riflesso”.

La regola era particolarmente vera per questa produzione, perché Aja e Alexandre non si sono limitati agli specchi e hanno preparato molte inquadrature che catturavano dei riflessi su una gamma di superfici comuni (finestre, schermi televisivi, pareti di acciaio, cornici, pavimenti e acqua), ognuna più complicata da girare di quella seguente.   

“Sapevamo fin dall’inizio che sarebbe stato molto difficile”, riconosce Aja, “ma penso che siamo riusciti a utilizzare gli specchi e le superfici riflettenti come nessun altro aveva fatto prima d’ora”.

“Osservare Alex che coglieva dei riflessi da ogni cosa è stato affascinante”, ricorda Sutherland. “Ha un’immaginazione incredibile. Ogni giorno al lavoro ho visto qualcosa di nuovo. La storia si presentava in maniera decisamente originale”.

Per semplificare le riprese delle scene che comprendevano l’inondazione della residenza dei Carson e cogliere dei riflessi sulla superficie dell’acqua, la squadra di Nemec ha costruito un set per questa casa modesta in una cisterna, utilizzando delle pareti in fibra di vetro e un pavimento sigillato che poteva essere riempito e prosciugato a seconda delle necessità. Nemec ha anche scelto dei colori scuri per i pavimenti in modo da aumentare i riflessi. Delle sezioni rimovibili del pavimento sono state installate per una sequenza all'ultimo respiro che riguarderà Michael Carson.

Per quanto fosse complesso realizzare un set funzionale come la casa dei Carson nell’acqua, Nemec ha trovato ugualmente difficile farla sembrare una tipica residenza del New Jersey. “Trovare dei mobili e degli oggetti domestici a Bucarest, in Romania, che potevano sembrare un arredamento tipicamente americano è stata una sfida”, rivela lo scenografo.

Sutherland è rimasto impressionato dal soggiorno nella capitale di questo stato. “La Romania può sembrare una nazione giovane dal nostro punto di vista, ma stiamo parlando di una delle società più istruite al mondo, con un tasso di alfabetismo del 97%”, nota l’attore. “Ci sono dei bambini di cinque anni in grado di massacrarmi a scacchi. Qui ci sono degli scrittori e dei realizzatori incredibili. La Romania ha vinto l’anno scorso la Palma d’oro a Cannes ed è entrata nell’Unione europea, tuttavia sta ancora cercando di trovare una nuova identità. Sta vivendo una transizione imponente, sia a livello politico che economico. E’ veramente un periodo eccitante per questa nazione. Tutto questo ha influenzato la realizzazione del film? Assolutamente sì”.

Come avvenuto per i loro sforzi di catturare i riflessi in maniera nuova ed eccitante, i realizzatori hanno lottato per creare il maggior numero possibile di effetti visivi e speciali attraverso materiale concreto, piuttosto che affidarsi completamente al digitale in postproduzione.

 Uno degli effetti visivi più sconvolgenti del film, quando il riflesso della sorella di Ben, Angela, la spinge a strapparsi la mascella dal viso, è stato ottenuto attraverso un’elaborata protesi makeup creato da Mike McCarty e Jaremy Aiello della K&B Effects (Le colline hanno gli occhi, 24). 

“Per settimane, ci siamo scervellati per capire come mostrare che questo personaggio non ha più una mascella”, ammette

Aja e Sutherland durante le riprese del film
Aja e Sutherland durante le riprese del film
. “Come riferimento, ho trovato una foto della guerra civile che ritraeva un soldato colpito alla bocca da una cannonata, ma sembrava assolutamente falsa. Abbiamo anche guardato dei giornali che non censurano le foto più forti, ma le cose reali danno l’impressione di essere fasulle”.

“Se lo avessimo realizzato come appare nella realtà”, aggiunge Aiello, “le persone avrebbero pensato che aveva un aspetto stupido!”.

Realizzare la terribile distruzione della ‘stanza degli specchi’ segreta comportava distruggere un intricato insieme di specchi di tre metri per due con degli esplosivi controllati e coreografando l’implosione di un tunnel attorno a Ben Carson, mentre lui sfugge alla furia di Anna, un potente demone liberato dall’esplosione.

 La sicurezza era una preoccupazione assoluta, perché Sutherland insisteva nell’eseguire personalmente molti dei suoi stunt, compresa la battaglia di Carson con Anna e la sua complessa fuga tra il fuoco, le acque agitate, le molteplici esplosioni e i detriti che si infrangevano intorno a lui. “La precisione era fondamentale”, rivela il supervisore agli effetti speciali Jason Troughton. “Kiefer voleva trovarsi lì con le fiamme che lo sfioravano. E’ stato perfetto nei tempi dalle prove e in ogni ciak e lo stesso si può dire della mia squadra”.

“Kiefer è un attore instancabile”, sostiene Paula Patton, che recita insieme a Sutherland nei panni della moglie separata di Ben Carson. “Lui crede completamente in quello che fa. Quando lavori con un collega che è così impegnato, questo rende il tuo compito molto più facile e soddisfacente”.

“Kiefer è fantastico”, sostiene Aja. “Ha un grande talento ed esperienza. I cambiamenti sottili che apportava a ogni ciak rendevano l’evoluzione del suo personaggio anche più naturale e affascinante. Lavorare con Kiefer è stata la migliore esperienza che io abbia mai avuto con un attore”.

Il fatto che tanti elaborati effetti visivi e speciali del film siano stati ottenuti con un minimo apporto del digitale dimostra la creatività e le capacità di Aja e della squadra produttiva di Mirrors. “Alex è un genio a livello stilistico e ha un senso magnifico della suspense”, sostiene Sutherland. “Mentre molta gente segue la strada più facile, lui sceglie sempre i sentieri più impervi. Noi abbiamo le stesse idee in termini di narrazione e io ho la massima fiducia in lui. E’ stata una delle migliori collaborazioni della mia carriera e sono veramente eccitato di aver vissuto questa esperienza”.

Mirrors sbarcherà nelle sale il 3 ottobre prossimo.

Si ringrazia lo studio Punto e Virgola per il materiale fornitoci.