Horror Magazine intervista Chelsea Quinn Yarbro durante la DeepCon di Fiuggi. La scrittrice descrive ai lettori il difficile mestiere di scrittore. E rivela qualche curiosità sul suo personaggio più famoso: il vampiro di Saint Germain.

Una domanda “classica”: chi è Chelsea Quinn Yarbro. Dove è nata, studi fatti, dove vive attualmente e perché (se c’è un perché) del suo doppio cognome?

Sono nata a Berkeley, California, e abito tuttora lì; ho frequentato l’Università della California, dove mia madre insegnava Storia dell’Arte. Yarbro è il mio cognome, d’origine finlandese dato che la famiglia di mio padre proveniva da quel paese. Chelsea e Quinn sono due nomi di battesimo: gli amici mi chiamano Quinn, ma sulle copertine dei libri il doppio nome fa un bell’effetto…

Quando ha deciso di diventare scrittrice? Quando ha iniziato e su quali argomenti?

La decisione la presi quando avevo 4 anni e scoprii che esisteva questo tipo di mestiere. Ho cominciato a scrivere attorno ai vent’anni, componendo testi per una compagnia teatrale.

Quali sono state le sue letture giovanili, diciamo formative ed ora ha ancora tempo di leggere oppure è totalmente assorbita dallo scrivere?

La lettura che mi ha più orientato verso il fantastico è una saga finlandese che si chiama Kalevala, un’epica nordica con 4 eroi protagonisti e un’etica molto spiccata. Poi, naturalmente, Shakespeare, di cui credo che ogni scrittore sia in qualche modo tributario.

Se vuoi scrivere, devi necessariamente leggere: è l’esercizio migliore per mantenersi mentalmente elastici e non atrofizzare il cervello solo sul tuo lavoro. Dedico in genere un paio d’ore al giorno alla lettura: non è molto e sono di solito un bel po’ indietro rispetto ai libri che si accumulano sulla mia scrivania.

I suoi autori preferiti? Films?

Sono sempre alla ricerca di autori nuovi e non posso dire che ci siano dei veri e propri favoriti, ma ho un debole per Michael Connelly e leggo spesso i suoi romanzi. Parlando di film, ce ne sono due che adoro: Il Trono di Sangue di Kurosawa e Le Avventure del Barone di Munchausen di Terry Gilliam.

Quale è stato il suo primo romanzo che è riuscita a farsi pubblicare? Ha avuto difficoltà nel trovare un editore?

Trovare un editore per la tua prima opera è sempre un’impresa. Il primo romanzo che ho pubblicato si chiamava Ogilvie, Tallant and Moon: il mio agente riuscì a venderlo sulla base delle prime 50 pagine che avevo scritto; una volta fatto il contratto, mi chiese se sarei stata in grado di finirlo in 6 mesi. Io non ne avevo la minima idea, ma dissi di sì e mi misi al lavoro: due settimane dopo arrivò il contratto per altri 2 romanzi, e da allora non ho più smesso di scrivere e pubblicare.

Cosa l’ha spinta a scrivere romanzi horror oppure di science fiction?

Nella mia vita ho scritto praticando quasi tutti i generi, compreso il western, il giallo, il pastiche letterario ispirato a Conan Doyle. Trovo che il “fantastico” sia il genere che rappresenta per lo scrittore la sfida più grande: una volta che hai saputo “prendere” il lettore con romanzi appartenenti a questo genere, allora puoi farlo con qualsiasi argomento.

Lei ha delle abitudini di scrittura regolari, delle modalità, dei luoghi particolari, ha un rituale nello scrivere? Usa il pc?

Di solito la mia giornata lavorativa inizia intorno verso le 9; mi sistemo alla scrivania nel mio studio (l’ex sala da pranzo). Sbrigo la corrispondenza email e controllo il mio sito Internet (ChelseaQuinnYarbro.net), poi affronto la pagina. Lavoro fino alle 13, poi pranzo e sto un po’ coi miei due gatti. Verso le 14,30 ritorno al lavoro e tiro avanti fin verso le 16; a quell’ora accendo la televisione e ascolto il telegiornale oppure mi dedico al lavoro di ricerca. Seguo questa routine 5 o 6 giorni alla settimana. Quando ci sono delle bozze o un manoscritto da rivedere, dedico a questo compito la parte finale del pomeriggio e la serata, in modo da non interferire con lo sviluppo del lavoro creativo. Uso il computer da quasi 15 anni, ma quando viaggio, oltre a un lap-top, mi porto dietro taccuino e penna: non si sa mai…

In ogni caso ci sembra che la sua preferenza vada ai temi horror/vampiri visto la lunga saga di Saint Germain. É così?

Il mito del vampiro è uno dei più affascinanti nell’ambito del fantastico e la situazione di immortalità provvisoria (la Yarbro si riferisce al fatto che un vampiro può comunque essere ucciso - n.d.t.) offre una grande opportunità per raccontare storie in tempi e luoghi molto diversi.

Dove ha “scovato” questo personaggio (realmente esistito) e quali ricerche ha fatto su di lui?

L’inizio del mio rapporto con SG risale a quando lessi “La Dama di Picche” di Pushkin, in cui una contessa sosteneva di avere appreso da SG il segreto per vincere alle carte; poi lo ritrovai in uno studio scritto da un occultista di fine ‘700, e dopo una decina d’anni mi ricordai di lui e decisi di adattarlo al personaggio che avevo in mente di utilizzare. A parte il fatto di averne fatto un vampiro, tutte le affermazioni del SG letterario sono citazioni di quanto sostenuto dal SG storico.

In pratica con la saga di questo conte (18 volumi, più altri 5 related titles) al lettore fa compiere dei viaggi nel tempo. É così?

I romanzi della saga di SG già pubblicati in America sono al momento 19; sto attualmente lavorando alla rifinitura del n. 20, Borne in Blood. Poi esistono alcuni spin-off relativi ai personaggi di Olivia e Madelaine, e una decina di racconti. Sì, come ho detto prima SG è una guida molto efficace per accompagnare il lettore attraverso lo spazio geografico e la storia.

In Italia purtroppo (e lo diciamo veramente dispiaciuti) sono stati tradotti (senza contare questi ultimi due della Gargoyle) tra il 1978 ed il 1987 “solo” cinque romanzi (False Dawn; Dead and Buried; The Good forsaken; A flame in Byzantium); la domanda è: quale romanzo ritiene sia il migliore della sua produzione e che gradirebbe veder tradotto in Italia?

Il romanzo che ritengo migliore è per me sempre il prossimo che intendo scrivere… Visto che Gargoyle sta facendo un ottimo lavoro, mi auguro che gradualmente tutta la mia produzione letteraria arrivi al pubblico Italiano, in particolare perché sono legata al vostro paese dalla provenienza della mia famiglia da parte di madre (mia nonna era di Venezia) e da un grande affetto.

Abbiamo letto che una sua dote è quella di cucinare, quali sono i suoi piatti preferiti (o che le riescono molto bene?).

Sì, mi piace molto cucinare e me la cavo abbastanza bene. La mia specialità è un dolce a base di crema, mandorle e vaniglia: un po’ pesante, ma molto buono… potrei dire buono da morire…!

Oltre alla cucina ed alla musica ha altri hobby, oppure un passatempo preferito?

Fino a qualche anno fa mi piaceva molto andare a cavallo; purtroppo ho dovuto smettere perché soffro di una dolorosa forma di artrite alle due ginocchia.

Il romanzo ora pubblicato dalla Gargoyle (Il palazzo – The palace) è ambientato nella Firenze del ‘400 (Lorenzo de Medici, Savonarola ecc.) lei descrive veramente bene la città dell’epoca, il modo di vivere e di comportarsi ecc. E’ stata una ricerca a tavolino oppure è già stata in Italia?

Sono stata a Firenze una quindicina di anni fa, ma avevo già scritto Il Palazzo. Le ricerche preferisco farle a tavolino, perché così non devo faticare a sfrondare dal “moderno” quello che ho visto coi miei occhi. Però mi piace molto visitare successivamente i posti di cui ho scritto.

Torniamo al Conte di Saint Germain, è un vampiro diciamo particolare (non il solito, ormai quasi tedioso, vampiro cattivo e succhiasangue) e “vive” (!) ormai da secoli. In qualche romanzo lei spiega come e quando è diventato un vampiro?

La scommessa che feci con me stessa quando cominciai a scrivere Hotel Transylvania – ben 35 anni fa – era quella di veder fino a che punto si poteva virare in positivo il mito del vampiro senza perdere quelle che sono le caratteristiche basilari del relativo archetipo: sono molto soddisfatta del risultato, che mi ha consentito di portare avanti senza stanchezza da parte dei lettori un personaggio così diverso dalla restante produzione letteraria dedicata ai “signori della notte”.

Tra il 1970 ed oggi, come si è evoluta negli Usa la situazione editoriale nel campo sempre del genere horror/fantascienza?

La fantascienza ha subito una pesante influenza da parte dei media, e si è dovuta orientare prevalentemente verso gli aspetti scientifici a danno di quelli fantastici; l’horror è uscito un po’ alla volta dagli schemi rigidi del genere e si è orientato negli ultimi anni verso lo splatter. Sono però convinta che il ciclo relativo sia in fase discendente e che nel prossimo futuro registreremo un ritorno all’horror psicologico e d’atmosfera.