Cosa fareste se all’età di otto anni foste testimoni dell’uccisione di vostro padre risucchiato nell'armadio della camera da letto dall’uomo nero?

Una volta cresciuti pensereste di essere stati vittima di un’allucinazione, ma come Tim Jensen (Barry Watson, conosciuto come uno dei protagonisti della serie TV 7th Heaven), eliminereste comunque dalla vostra casa ogni armadio, angolo buio e posereste il letto direttamente sul pavimento.

Il destino, e un orribile sogno fatto nella stessa notte in cui muore la madre, riporta Tim nella vecchia casa gotico-vittoriana dove ha vissuto da bambino, complice il consiglio della terapista che lo ha avuto in cura all'epoca della tragedia, e che lo convince dell’esistenza di un solo modo per esorcizzare una volta per tutte le paure.

Tim si decide ad affrontare la verità insieme alla fidanzata Jessica (Tory Mussett), all’amica Kate (Emily Deschanel) e soprattutto a Franny, un’enigmatica bambina in grado di percepire gli stessi fantasmi che tormentano Tim e squarciare il velo che separa l’immaginazione dalla realtà.

La Ghost House Pictures (la stessa casa che ha prodotto il fortunato The Grudge, 10 milioni di costo, 183 di incasso), è un'etichetta nata per creare film di genere horror, sci-fi e riguardanti temi di fantasia, dietro alla quale ritroviamo due nomi che gli appassionati horror conoscono bene: Sam Raimi e Rob Tapert.

Barry Watson ed Emily Deschanel
Barry Watson ed Emily Deschanel

Di loro sappiamo molto e abbiamo apprezzato film che sono stati campioni d'incasso e vere pellicole di culto che hanno saputo ridare linfa al genere horror: La casa, La casa II, Darkman, e L’armata delle tenebre.

Tapert dice che lui e Raimi hanno visto la nascita della Ghost House Pictures come "Una grande opportunità. Sam e io siamo sempre stati cultori del genere horror, pertanto questo è un ritorno alle nostre radici".

Raimi affida a Stephen Kay la regia e la scelta suscita qualche perplessità: Kay ha all’attivo due lungometraggi: il primo è L’ultima volta che mi sono suicidato (The Last Time I Committed Suicide, 1997), seguito dalla Vendetta di Carter (Get Carter, 2000), remake di un vecchio giallo con Michael Caine. Prove che non lasciavano supporre un talento imbrigliato dai limiti di budget.

Con venti milioni di dollari a disposizione, e sessanta incassati fino a oggi, Kay non riesce comunque a convincere e confeziona un prodotto che funziona bene fino a che rispetta la regola d’oro secondo la quale l’ignoto fa molta più paura dell’orrore rivelato, i problemi cominciano quando all’ignoto cerca di dare forma.

Le atmosfere e la tensione sono sapientemente costruite per buona parte del film, ma vengono risolte in modo disastroso. Sono proprio le sequenze in cui l’uomo nero viene mostrato, in una zoppicante ricostruzione CG, le peggiori della pellicola.

Il film cerca di seguire la ricetta horror asiatica, ma i personaggi non riescono a scrollarsi di dosso la bidimensionalità tipica delle figure di cartone senza passato e senza futuro, costretti a recitare dialoghi improbabili.

La regia è pigra, svogliata, con qualche guizzo, ma senza una vera struttura.

Il tentativo di produrre horror di qualità è evidente, ma il risultato patinato è purtroppo senz’anima. Peccato perché le premesse per uno sviluppo diverso c’erano tutte: dove e quando nascono le nostre paure? Non scendere dal letto, così la cosa che si nasconde sotto non può prenderti. Non aprire lo sgabuzzino, così la cosa che si nasconde nel buio non può uscire. Comportati bene, altrimenti l'uomo nero viene a portarti via. L’uomo nero esiste o è frutto della tua fantasia?

Le radici della paura sembrano essere l’obiettivo di Boogeyman, che finisce per essere una sbiadita e non edulcorata versione del geniale Monster della Disney.

La sensazione è che il vero uomo nero sia stato troppo impegnato in qualche armadio a spaventare bambini per poter comparire nel suo film.