Ogni volta che un artista fa uscire un nuovo album c’è sempre qualcuno che rimpiange i lavori passati. Immancabilmente, quasi fosse una tassa che gli artisti devono pagare dal secondo disco in poi. Anche Absolution è stato subito bollato, da alcuni, come “inferiore” rispetto ad Origin of Symmetry.

Mah… lasciando da parte ogni paragone puramente competitivo (chi l’ha detto che un album debba per forza somigliare o “essere degno” di un altro?), Absolution si può considerare davvero un buon album. C’è il giusto dosaggio emozionale, senza eccessi nei quali sarebbe stato facile cadere, se ci si fosse lasciati trascinare dalla spirale di angoscia che si apre fin dalle prime note. L’apertura è intensissima: una breve ma minacciosa introduzione, a cui fa degnamente seguito Apocalypse Please, brano a tinte fosche, dall’incedere implacabile, quasi una moderna canzone di guerra. La hit Time Is Running Out (tuttora singolo di successo) emerge, immediatamente trascinante, senza però offuscare gli altri brani. Il livello dell’album è alto nel complesso, non ci sono pezzi che “scivolino” o si distacchino troppo dall’oscurità che permea l’intera opera. “Apocalittico” è senza dubbio un aggettivo che ben si addice all’efficace mix di suoni e voce che, via via, catturano l’ascoltatore in un crescendo di angoscia e tensione che non cala neppure in una ballata meno violenta quale Falling Away With You, di una lentezza inquietante. Forse l’unica track che appare più pacata è Sign For Absolution, in cui spicca comunque la voce di Matthew Bellamy avvolgente e sofferta.

Se si volesse per forza trovare una somiglianza, l’accostamento più spontaneo è quello ai Radiohead, anche se, rispetto a questi ultimi, i Muse appaiono più distaccati dai suoni elettronici, prediligendo strumenti “classici” del genere: chitarre distorte, un basso decisamente notevole e l’accompagnamento di un pianoforte, che, contrariamente a quanto si possa pensare, non “mitiga” ma accresce la drammaticità di quei pezzi che non si presentano come puramente (…semplicemente? A volte fare rumore è facile) hard. Butterflies And Hurricanes, solenne, si contrappone a un vero “pugno nello stomaco”, come la vigorosa Hysteria.

Una sapiente alternanza di diversi colori, tutti tesi però allo stesso fine: la fine. Infatti i testi sono sinceramente, non polemicamente, senza speranza; arrabbiati perché costretti a esprimere un’impotenza incapace di essere altrimenti, nonostante l’incombente minaccia… Our Time Is Running Out.