Qualcuno potrebbe dire (non a torto): "Lasciamo che degli Evanescence parlino le cifre…" Effettivamente Fallen, fortunatissimo esordio per la ventenne Amy Lee e la sua band, è stato tra i cento album più venduti in Italia e, a distanza di mesi dalla sua comparsa, non accenna a passare nel dimenticatoio. Bring Me To Life, che accompagna le immagini di Daredevil, è stato solo l’inizio di un vero e proprio bombardamento di hit singles, che hanno garantito a Fallen una presenza quasi costante in classifica.

Fallen è un album intelligente, di una band che ha saputo costruirsi un’identità alternativa, riuscendo però ad andare incontro a una vasta fetta di pubblico (quella “stile Mtv”, tanto per capirci), ricalcando le orme di gruppi quali i Linkin Park e Nickelback. Immediatamente si coglie un’alternarsi di atmosfere e stili che è la caratteristica forse più importante, oltre che la ricetta del successo, di quest’opera. Going Under è un pezzo immediato, nel quale, insieme a My Last Breath e ad Haunted, si condensa l’essenza dark del disco, enfatizzata, più che dai suoni (per quanto indulgenti non si può negare che l’aspetto strettamente musicale lasci a desiderare… traspare troppa "costruzione", troppo lavoro di studio), dalla apprezzata voce di Amy Lee, paragonata a una versione acerba di Tori Amos. Il resto, diciamolo, sono canzoni gradevoli, ma un po’ confondibili l’una con l’altra, che deludono ogni aspettativa "hard" da questo cd. Spuntano poi anche due ballate malinconiche, con pianoforte in sottofondo, come Hello e la raffinata My Immortal, l’ultimo, indovinato, singolo.

Insomma, senza che suoni dispregiativo, si può affermare che ce n’è un po’ per tutti i gusti. Indubbiamente non va male come esordio, ma non si coglie niente di originale che possa garantire longevità al gruppo.