La storia la conosciamo tutti, ma ripercorriamola comunque a favore dei pochi che non hanno ancora visto il capolavoro di Tobe Hooper: in un paesino sperduto nel Texas qualcuno si è messo a dissotterrare i cadaveri del cimitero; alcuni corpi vengono ritrovati messi in posa a cavalcioni di un monumento funebre. Una ragazza che ha il nonno sepolto in questo movimentato cimitero si mette in viaggio con un furgone insieme al fratello paralizzato, al fidanzato e a una coppia di amici per controllare che le tombe di famiglia non siano state violate.

Giunti a destinazione i ragazzi si troveranno a fare i conti con una seire di imprevisti inquietanti, come l’autostoppista pazzo con una collezione di foto di vacche macellate (e che, inequivocabile segno premonitore, fotografa i ragazzi prima di essere cacciato dal furgone); poi la benzina proverbialmente finirà e i ragazzi si avvicineranno a una casa isolata per chiedere aiuto. Il massacro avrà inizio.

Questa pellicola è un classico indiscusso, un punto di riferimento imprescindibile per il cinema horror, ma anche un frammento della storia del cinema in generale.

Il mondo messo in scena da Hooper rimane inquietante anche dopo mille visioni; e la cosa interessante è che a generare inquietudine non sia tanto il nutrito pacchetto di smembramenti serviti allo spettatore (che comunque non manca di originalità, varietà e spettacolarità), quanto il modo in cui viene tratteggiata, accennata la quotidianità della famiglia di rednecks cannibali: la normalità del gesto divenuto consuetudine (abbattere un bovino come abbattere un essere umano) che si scontra con l’orrore disperato negli occhi della vittima. Indimenticabili i resti e i trofei, umani e animali, sparsi in giro per casa, le discussioni domestiche intorno alla tavola e di fronte alla vittima, gli incitamenti affettuosi al vecchio nonno al quale viene riservato, in ricordo dei vecchi tempi, l’onore di abbattere la cena. Gli assassini del Texas Chainsaw Massacre non ci trovano nulla di male nelle loro azioni: ammazzano persone come ammazzavano mucche; e ora che al macello il lavoro scarseggia, e di mucche se ne vedono poche…

La (molto) libera ispirazione a un fatto realmente accaduto come l’accresciuto effetto di verosimiglianza offerto dal prologo danno le pennellate finali, contribuendo all’indiscusso fascino che la pellicola continua, da una trentina d’anni buoni, a esercitare.

Extra

Questa edizione in dvd, terzo titolo della collana Cult Horror, presenta un vantaggio e qualche problema.

Il vantaggio è il prezzo: con meno di dieci euro ci si porta a casa un capolavoro in formato digitale.

I problemi sono l’assenza di contenuti speciali (che in realtà si può anche non giudicare particolarmente penalizzante) e una scarsa qualità in generale: probabilmente il film è stato tradotto in digitale partendo da una registrazione datata e, diciamo così, vissuta: a volte sfarfalla, a volte compaiono le famose bruciature di sigaretta. Inoltre (e questo è principalmente il motivo per cui non gli abbiamo assegnato le cinque stellette che il film in sé avrebbe meritato) a un certo punto si nota un vero e proprio salto nella riproduzione della pellicola dovuto probabilmente a un errore nell’allineamento dei capitoli. Questi difetti, anche se certo non rovinano l’indiscusso fascino di Non aprite quella porta e potrebbero quasi conferire una vago fascino vintage al dvd, in realtà risultano irritanti durante la visione.