In uscita il 26 febbraio, il secondo album degli israeliani Red Rose è un bel misto di hard rock e power metal melodico: molto ben suonato e ben prodotto e con alcuni spunti melodici molto interessanti. Eppure, nonostante queste premesse positive, le canzoni scivolano via e non rimangono in testa. C'è un difetto di fondo che accomuna sia voce di Lene Leiter, sia gli altri membri: la mancanza di incisività. Peccato perchè alcune tessiture musicali del tastierista Deion Kristen (non è menzionato chi compone le canzoni ma le tastiere costituiscono l'impalcatura di tutti i pezzi dei Red Rose) sono davvero di alto livello compositivo, virtuosistico e melodico. Il resto della band gli va dietro eseguendo in modo più che egregio il proprio lavoro e anche le strutture dei pezzi non sono affatto banali. Segnalo quelli più interessanti:

La prima track, When Roses Faded si apre con un'atmosferica intro di tastiera di sapore AOR per poi continuare con suoni sinfonici, aperture arpeggiate e momenti prog che ricordano i Dream Theater di Images And Words. Stranamente, il ritornello è uno dei meno convincenti del disco, ma questa rimane la miglior canzone di On The Cusp Of Change.

L'incredibile e bellissima tessitura di pianoforte all'inizio di King Of The Local Crowd vale non solo l’intera canzone ma forse l’intero disco: dieci secondi intensissimi e magici che però poi danno spazio a una canzone piuttosto banale anche se dinamica.

Altro bel ritornello è quello di This Bitter World, con un accattivante riff di tastiera e il miglior assolo di chitarra di tutto il disco.

La simpatica ed energica Don’t Believe These Tales presenta un’intro orientaleggiante, un'avvincente partenza e un ritornello potente in gran crescendo. Secondo miglior pezzo del disco.

Alla fine dell’ascolto però poco o nulla resta in mente. Mi sembra che i Red Rose restino troppo in bilico nel volere esprimere contemporaneamente positività e cupezza, ogni aspetto risulta schiacciato dall'altro e il complesso non raggiunge omogeneità, equilibrio: l’esempio migliore di questo dualismo è la a conclusiva e delicata ballata in maggiore Seize The Day e questo è secondo me il secondo grande punto debole dei cinque (insieme alla già menzionata mancanza di incisività). Nonostante le melodie convincenti e in certi punti anche ispirate, il disco non riesce a decollare, non ha mordente, esita.

Però è un lavoro che merita assolutamente l'ascolto proprio grazie ai suoi punti di forza: l’affiatamento del gruppo, gli alti livelli virtuosistici dei componenti (su tutti il chitarrista Elnuv Aliev e il già menzionato tastierista Deion Kristen) e i diversi spunti interessanti melodico-strutturali che speriamo un giorno potranno salvare On The Cusp Of Change dal dimenticatoio.