Come ci insegnano i film horror della Hammer, quando credi di aver eliminato Dracula, lui trova sempre un modo per risorgere. E il vampiro, in verità, non ha mai abbandonato la ribalta cinematografica, ma la prepotenza con cui ha richiamato l'attenzione su se stesso grazie ai primi due capitoli della saga di Twilight, ci costringe a riflettere sulle ragioni del suo successo. Il Twilight cinematografico nasce da una fortunatissima serie di romanzi nero-rosa, composta di quattro titoli, che guardano innanzitutto alla letteratura romantico-sentimentale indirizzata principalmente al pubblico femminile, e colorano il genere rosa con risvolti vampireschi che sono contestuali. I vampiri di Twilight rispondono solo in parte alla mitologia tradizionale – non si disintegrano al sole, per esempio – dimostrando un interesse solo marginale verso il fenomeno da parte dell'autrice. La storia di Bella, ragazza solitaria e vagamente emo, che si innamora di Edward, bel ragazzo tenebroso che si rivela poi un vampiro buono – beve solo sangue animale – è insomma prima di tutto una storia d'amore più che una storia d'orrore. Il vampiro - “demone che beve” questa l'etimologia – non è visto in primo luogo come un mostro – Nosferatu, il “non morto”, Draculya, il “figlio del Diavolo” - ma come un essere dal fascino irresistibile. La creatura di Frankenstein suscita il giusto orrore che ci si aspetta verso un mostruoso patchwork di pezzi di cadaveri in bilico tra vita e putredine. Pari repulsione suscitano gli zombies di Romero e i vari lupi mannari – sono un caso a parte le rivalutazioni d'immagine in chiave machista in film recenti come Van Helsing, Underworld e nella stessa saga di Twilight, un fenomeno che meriterebbe una riflessione a parte -. Probabilmente nessuno accetterebbe un invito a cena da parte del Mostro della laguna nera – tralasciamo l'attestato di affetto espresso da Marilyn in Quando la moglie è in vacanza - ma come dire di no al fascinoso conte Dracula? Perchè la figura del vampiro risulta così seducente e ricorrente fino dall'antichità? Tra i vari mostri partoriti dalla mente e dalla cultura umana, il vampiro è quello maggiormente investito di simbologie erotiche. L'atto penetrante del morso – con cui il vampiro si nutre, da cui trae vita - ricorda l'atto sessuale – atto con cui si dà la vita – creando nell'amplesso tra succhia-sangue e vittima una concretissima realizzazione del connubio tra Amore e Morte. Nell'empio atto d'amore il vampiro toglie la vita – il sangue che ne è simbolo e tabù in numerose religioni – ma al contempo trasmette una nuova vita, maledetta ed eterna. Questo binomio di Eros e Thanatos trova in periodo romantico una particolare proliferazione sia in campo artistico che filosofico. L'amore tragico, che “finisce male”, che porta alla morte è un tema annoso. Si pensi all'amore impossibile e tragico in Romeo e Giulietta, ch

Bela Lugosi, il vampiro originale
Bela Lugosi, il vampiro originale
e è poi la ripresa attualizzata del mito di Piramo e Tisbe riportato nelle Metamorfosi di Ovidio. Il Romanticismo porta però questo antico tema alle estreme conseguenze: l'Amore raggiunge la sua massima perfezione, la sua sublimazione perfetta, nel momento in cui i due amanti si fondono con l'Assoluto, ossia quando muoiono assieme. L'amore, con la consuetudine e l'abitudine, può scolorirsi, perdere la sua carica ideale e scadere nel prosaico. Trova quindi la perfezione solo nella Morte, che lo trasfigura in una forma eterna, immutabile e pura e lo sottrae al rischio della consunzione della quotidianità. Nell'abbraccio in punto di morte, i due amanti trovano un equilibrio tra la Pulsione di vita – che spinge l'uomo a procreare e ad agire in “modo costruttivo” – e la Pulsione di Morte – che agisce in senso contrario, verso l'annientamento, il cupio dissolvi. Il morso mortale del vampiro si configura come esperienza erotica estrema di Amore e Morte, che spiega l'ambivalente atteggiamento di attrazione e repulsione delle vittime verso il mostro. Chi ha familiarità con la letteratura e la filmografia sul tema ben conosce le descrizioni miste di paura ed eccitazione riportate dalle varie vittime vampirizzate e, nei film, la relativa espressione prima di terrore, poi di ammaliata attrazione e infine di voluttuoso piacere, una volta che gli affilati canini penetrano nel collo della giovane di turno. Torniamo all'Ottocento, al periodo Romantico, all'epoca dell'Amore-Morte, che guarda caso è il periodo della fioritura letteraria del fenomeno. Il vampiro - da residuo delle superstizioni medievali, un villico non-morto che infesta le campagne slave - diventa un moderno dandy. Lord Ruthven, il primo vampiro letterario, elegante e raffinato corruttore di brave giovani, è plasmato dal suo creatore John William Polidori sulla persona di Lord Byron – di cui era segretario e di cui voleva evidentemente vendicarsi facendo una caricatura mostruosa del suo famigerato e amorale datore di lavoro. Il vampiro diventa un gentleman dal fascino irresistibile, una specie di empissimo Don Giovanni. I connotati sessuali del fenomeno - oltre al suddetto binomio Amore-Morte – sembrano spiegare lo straordinario successo che questa demoniaca figura ha riscosso in quel secolo. In un'epoca famosa per il rigore morale e per la pruderie, e in un paese come l'Inghilterra che si distinguerà, almeno ufficialmente, per la frigidità e la repressione dei costumi, la figura del vampiro diviene simbolo inconfessato di liberazione sessuale, assume su di sé, per identificazione e proiezione, i desideri più nascosti e indicibili dei lettori e delle lettrici: è colui che non si cura delle norme sociali, che obbedisce solo al proprio volere, è colui che insegue il suo piacere, è colui che si intrufola di notte nelle stanze da letto delle fanciulle per placare la sua sete... Il fascino del vampiro e questi suoi connotati, già consistenti, subiscono una nuova impennata nel 1897, con la pubblicazione del celeberrimo romanzo di Bram Stoker e l'introduzione del vampiro per antonomasia: Dracula. E' sufficiente riportare un brano del romanzo per ribadire il contesto repressivo dell'epoca vittoriana in cui agisce il sovversivo e immorale succhiasangue: Mina esce precipitosamente in camicia da notte per cercare Lucy - inconsapevole vittima del malvagio conte durante il sonno - che vaga nel parco come in preda a una trance. Fattala tornare in sé, Mina la riaccompagna a casa, non prima però di aver nascosto con del fango la nudità dei propri piedi, nel timore che qualcuno possa notare il fatto che è scalza. Se a quell'epoca una caviglia femminile risultava conturbante, figurarsi il piede nudo! Dracula diventa dunque la tap
pa più evidente di un percorso che, da Lord Ruthven passando per Varney the Vampire – protagonista di una monumentale pubblicazione a puntate tra il 1845 e il 1847 - e Carmilla di Joseph Sheridan Le Fanu – la più famosa “vampira” letteraria, con malcelate inclinazioni saffiche - innerva tutto il XIX secolo, manifestazione di una sessuofobia che provoca nevrotiche oscillazioni tra attrazione e repulsione. Del resto, proprio la sessuofobia o un tipo di sessualità deviata o inappagata sembra essere una delle chiavi dell'interesse verso il vampirismo, se si considera che uno dei primi racconti di vampiri occidentale è quello della Fidanzata di Corinto. Flegone racconta nei suoi Mirabilia (II secolo d.C.) la storia della giovane Filinnio – la fidanzata del titolo, appunto – a cui i genitori cristiani impediscono di avere una relazione con un giovane pagano. La ragazza allora si uccide e torna dal mondo dei morti per congiungersi con l'amato. Per spiegare questo fascino verso il vampiro è stata avanzata anche una spiegazione freudiana. Il vampiro rappresenterebbe una sessualità regressiva, ferma alla fase orale e quindi incompleta. Tutto risiede nel bacio, il piacere è privo delle responsabilità e delle conseguenze fisiologiche che la sessualità genitale implica – cioè la procreazione. Il bacio vampirico sarebbe, insomma, una forma di attività sessuale esclusivamente epidermica, superficiale e, paradossalmente, più tranquillizzante e meno problematica. Lettura avanzata anche da Stephen King e citata nel saggio Il mito del vampiro di Riccardo Reim (I grandi Romanzi dell'orrore, Newton & Compton): “A quanto pare il conte Dracula (e del resto anche le spettrali sorelle) sono morti dalla cintola in giù: fanno l'amore soltanto con la bocca. La bocca sessuale di Dracula è un'oralità infantile […] E' anche sesso decolpevolizzato. […] Questo atteggiamento infantile, sfuggente verso il sesso, è forse uno dei motivi per cui il mito del vampiro […] è sempre stato così popolare tra gli adolescenti che stanno ancora cercando di padroneggiare la propria sessualità”. E i vampiri adolescenti di Twilight sembrerebbero trovare la ragione del proprio successo proprio in base a questi meccanismi. Alcune affermazioni dell'autrice (ritrovabili in Tony Allen-Mills, “The Times”, 10 agosto 2008, News Review Interview: Stephenie Meyer) sembrerebbero, del resto, confermare questa sessuofobia di fondo in cui la figura del seducente Non-morto ha ancora una volta trovato un fertile terreno di sviluppo: “[Stephenie Meyer] è anche una mormona puritana che non beve alcool né fuma e, prima di iniziare a scrivere, non aveva mai letto un libro sui vampiri o visto un film che fosse vietato ai minori. Grandissima fu la sua sorpresa quando una notte ebbe un sogno su una teenager che incontrava un vampiro sorprendentemente cortese.
Nosferatu non era certo aitante come il moderno Edward...
Nosferatu non era certo aitante come il moderno Edward...
Qual bel ragazzo spiegava alla ragazza che lui voleva fortemente bere il suo sangue, ma non riusciva ad accettare di ucciderla. […] La trama è più vicina a Jane Eyre che a Dracula, con forti dosi di Romeo e Giulietta. E la serie è sviluppata attraverso una tensione erotica elastica che un critico ha descritto come 'l'erotismo dell'astinenza'. E' un merito significativo della Meyer che, nonostante i suoi personaggi non facciano mai sesso, i suoi libri restino comunque piuttosto sexy. […] La Meyer insiste che lei non voleva consapevolmente che i suoi libri fossero propaganda mormonica, promuovendo le virtù dell'astinenza sessuale e della purezza spirituale; ma riconosce che le sue opere sono modellate sui valori che ha imparato dalla sua famiglia e dalla sua Chiesa...”. La nostra non è certo un'epoca puritana, ma al contrario la prepotente presenza in ogni ambito del sesso materialistico ridotto a mercanzia può portare a desideri più o meno consci di dimensioni più alte e sublimi, o a nuove forme di sessuofobia in reazione all'aggressività con cui il sesso viene proposto. E l'immortale mito del vampiro, adattandosi alla nuova società con la versatilità che gli è propria, viene ancora una volta a soddisfare questi desideri repressi ed insoddisfatti. Il Vampiro è risorto dalla tomba dell'Inconscio, ancora una volta.