La fragile ma determinata Christine Brown lavora per un’importante banca, la quale si appresta a istituire una nuova posizione di vice direttore. A giocarsi l’ambiziosa promozione sono la protagonista e un nuovo assunto, tale Stu Rubin, da poco arrivato ma già molto ambizioso. Per il direttore, l’ago della bilancia ai fini della decisione sono le così dette “scelte difficili”, quelle che i due dipendenti devono prendere autonomamente, quelle insomma in grado di determinare parte delle sorti della banca stessa. Proprio una di queste coraggiose scelte, che avrebbe dovuto mettere in buona luce Christine di fronte all’impalpabile nonché sfuggente superiore, scatena invece una maledizione devastante: davanti a un’inquietante anziana la ragazza sceglie di difendere le sorti del datore di lavoro piuttosto che seguire il proprio istinto benevolo, negandole una proroga di pagamento per il mutuo della casa e di fatto espropriandola dell’amata dimora. La signora Ganush, dapprima disposta a prostrarsi davanti a Christine pur di riuscire a mantenere l’abitazione, si scatena in una folle sceneggiata impallidendo la giovane, e infine maledicendola. La corsa verso l’inferno è pronta a cominciare…

Che Sam Raimi nella sua carriera abbia toccato vertici lungimiranti è fuori discussione: alcune sue pellicole sono tuttora tra le più quotate in ambito horror (La casa 2, L’armata delle tenebre). Ma dopo il “fuori strada” percorso con i vari Spiderman, il ritorno all’ovile del noto regista avrebbe potuto essere un buco nell’acqua, se non fosse che Drag me to hell è un metraggio caratterizzato sì da bassi costi di produzione, ma comunque galvanizzato da molta cura, da un preciso intento e soprattutto convincente dall'inizio alla fine. La trama è di stampo classico, ma il condimento con cui è stata addolcita l’intera realizzazione, assoluto marchio di fabbrica di Raimi, lo eleva rispetto ad altre produzioni di semi nicchia come questa.

Ripensandoci, non si può che rimanere compiaciuti davanti ai riferimenti più o meno celebri, a inserimenti dal sapore estremamente grottesco – sangue e liquidi gastrici scorrono spesso fluenti - ma, soprattutto, di fronte a spezzoni assolutamente esilaranti, che riportano lo spettatore a fare i conti con lo stupore, perché la pellicola è sul serio originale sotto molteplici punti di vista.

Il primo aspetto è senza dubbio la varietà di approcci con cui il regista ama giocare. Il saliscendi è continuo: ci si spaventa, poi si ride, si percepisce ansia, ma poi ci si rilassa un minuto dopo, sorridendo. Il secondo è la sceneggiatura, mai ridondante e ricca di richiami di rilievo, come il primo incontro tra Christine, il suo fidanzato Clay, e il cartomante che li aiuterà nella lotta contro la maledizione, tra citazioni di Freud e un apostrofo new age di Carl Jung. Il terzo, infine, è quello degli effetti speciali, coscientemente grezzi, quasi scialbi, fatiscenti ma sempre d’impatto.

Un discreto plauso va anche agli attori. Alison Lohman nella parte della sfiancata Christine, inaspettatamente accostabile, sarà un caso, alla musa di Spiderman Kirsten Dunst per appeal e stile recitativo, svolge bene il suo compito attutendo ogni genere di sventura con discreta accondiscendenza. L’azzeccata Lorna Raver nella temibile signora Ganush non potrebbe fare di meglio, mostrando nel corso del film personalità da vendere. Inoltre, il meno partecipe Justin Long, Clay, il fidanzato di Christine, completa il cast principale con brevi ma centrate apparizioni, che pur non si addicerebbero ai suoi canonici standard.

Drag me to hell è quindi un horror particolare, abbastanza fuori dagli schemi, originale ma ben raggruppato. Il tocco del regista è senza’altro il maggior pregio, nonostante attori e sceneggiatura non sfigurino. Seppur quindi in lieve discrepanza con il miglior sviluppo del genere, in particolare in territorio europeo, l’opera horror di Raimi merita di essere vista, di certo un appassionato non potrà rimanere deluso, per un finale tutt'altro che scontato.