Alex è costretto sulla sedia a rotelle da quando è caduto misteriosamente dalle scale molti anni fa. Vive con due genitori psicotici che lo traumatizzano: il padre Max, un frustrato compositore è diventato completamente pazzo e violento; e Mary, una fredda e isterica mamma. L’unica amica che ha è sua sorella Melinda, che si è sempre presa cura di lui. Ma Melinda, incinta di un uomo sconosciuto, sta per lasciare la famiglia per cominciare una nuova vita, lasciando Alex da solo. E proprio allora, nel momento di massima crisi della famiglia, una misteriosa porta appare nella casa, lì dove prima non c’era niente.

Un mondo sommerso, quello di Alex, fatto di pensieri e intricati passaggi temporali che si svolgono tra la realtà della vita quotidiana e i perturbanti universi trascorsi. The Room, però, non è un film dell'orrore. Almeno non di quel genere di orrori che la locandina potrebbe far immaginare. No, il film di Giles Daoust è intimista, o meglio onirico, racchiuso in un alternanza di chiaro-scuri narrativi più simili a Stay - nei labirinti della mente di Marc Forster, che non ad altri improbabili "parenti" a cui fa il verso quali, per esempio, Poltergeist di Hooper e Shining di Kubrick. A tal proposito non convince il personaggio di Max, il padre di famiglia, troppo simile al Nicholson pazzoide di Shining, in un ritratto del tutto diverso. Bravo comunque il regista a raccontare l'inconscio, dove la forma dei pensieri è originale e senza censure. Un tunnel oscuro celato dietro a una porta segreta, pronta a ingoiare tutto ciò che fa male e provoca sofferenza.

Ottimo anche l'utilizzo dei flash back, costruiti perfettamente come piccole sottotrame di supporto, che non inficiano minimamente sul peso strutturale della storia, se non per alcuni tagli sequenziali poco chiari che indeboliscono la forza trainante del film.

Un incipit che avrebbe potuto raccogliere meglio quanto di buono aveva promesso ma che si perde, forse, nel punto culminante del racconto, ovvero nel momento in cui si spiega qualcosa che avrebbe dovuto essere intuito. Non ha caso The Room ha girato le commissioni di ben otto concorsi europei tra i quali annoveriamo: il Luxembourg International Filmfestival nel 2006 e il Lyon Festival del cinema nel 2007, senza però raccogliere nulla.

La tematica del sogno e del "ciò accade solo nella mia mente" funziona pefettamente nel cortometraggi, è vero, ma in un film di ottanta minuti si rischia di compromettere indelebilmente l'opera cinematografica lasciando allo spettatore un senso di incertezza che non aiuta a godere appieno della particolarità del racconto.

Senz'altro un prodotto che merita di essere visto, soprattutto per chi ama le tematiche psicologiche e gli orrori nefandi racchiusi nelle profondità della mente, dietro a quella porta in cui tutti noi nascondiamo i nostri dolori.

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