- E che ci tocca restare? - chiese Cosimo alle loro spalle.

- Stasera non torni a casa, eh no - disse Berto.

- Io a casa non ci torno lo stesso questo Natale - disse Cosimo.

Berto si pentì della battuta e pensò alla Calabria. Era la punta dello stivale e oltre a questo non sapeva altro e pensò a come doveva essere un anno lontano da casa, con gente nuova, lavoro nuovo e poi su in una baita in mezzo al niente senza una ragazza. Stava per dire qualcosa a Cosimo, ma aveva ancora la cerniera mezza sbottonata e la sigaretta all’angolo della bocca che gli faceva salire il fumo agli occhi. Fu allora che vide le luci avanzare in fondo al rettilineo della statale.

- Non ci crederete ma sta arrivando lo spazzaneve - disse.

Lo spazzaneve andava a zig-zag e illuminava il bianco e la neve larga che scendeva e gli alberi gonfi ai lati.

- Ehi! - gridò Berto - che cazzo fa?

Mario tornò indietro lasciando la porta della baita aperta.

- Chiudere la porta! - dissero da dentro.

- Qualunque cosa sia, porca puttana, non è uno spazzaneve - disse Mario appoggiato alla rete di recinzione.

- Ma fa apposta? - chiese Berto.

Le luci disegnavano una gimcana bianca. Uscirono anche gli altri.

- E’ un’auto - disse Mario.

- Quello s’ammazza - disse qualcuno da dietro. Qualcun altro bestemmiò nel momento in cui la macchina strisciò con la fiancata sinistra lungo il muraglione e poi si mise di traverso la carreggiata e puntò verso il ciglio opposto andando a sbattere contro il guardrail. Testa coda fino al punto in cui finiva la protezione zincata e la luce dei fari andò in alto a sorprendere gli uomini con le bocche aperte e i capelli bianchi per la neve.

- E’ in bilico sulla scarpata - disse Sandro. - Una pila, chi ha una pila? Cazzo!

- Porco zio che è successo? - chiese Andrea con il berretto di lana in testa uscendo dalla baita.

- Dobbiamo andare a vedere - disse Sandro a Mario. Si guardarono per un momento indecisi, poi scesero lungo la rampa.

- Telefonate, chiamate qualcuno! - disse Berto e sentì il mento gelato che andava per conto suo e le gambe correre dietro a Sandro e Mario. Sulla strada la neve gli arrivava a metà caviglia e non aveva mai visto tanta neve in vita sua e nemmeno i fari dell’auto immobili contro il cielo basso.

Sandro avanzava saltando un passo avanti l’altro, le braccia come una scimmia. Berto sorpassò Mario e arrivò alle spalle di Sandro che gridava - EHI EHI! - rivolto alla sagoma nera della Mercedes.

- Non c’è nessuno dentro - disse a Sandro.

- Deve esserci per forza.

Dentro la macchina era tutto nero. I fari dell’auto illuminavano il cielo basso e i fiocchi larghi. Qualcuno gridò - La torcia, portate la torcia cazzo!

- Porco zio porco zio - rispose Andrea con il berretto in testa e la torcia impazzita in mano.

Erano tutti in strada, sparsi nel soffice e fluorescente di un rettilineo lunare.

- Che freddo che freddo - disse Cosimo.

- Neanche una tacca - disse Piero. - Che carogna di un telefonino bastardo, neanche una tacca. Non prende non prede! - gridò agli altri.

Rimasero immobili intorno alla macchina vuota. Andrea forava il buio dei finestrini con la torcia impazzita.

- Sta fermo porca puttana! - gli urlò Mario.

- Dammi qua - disse Sandro prendendogli la torcia dalle mani.

Illuminò i sedili di pelle chiara e vide una coperta nera dentro. Non era una coperta era un uomo. Aveva la faccia bianca come la neve.

- Eccolo!

- Chi è chi è? - chiese Andrea.

- Ma che cazzo di domanda è? - rispose Sandro.

- Fai luce sotto la macchina, fai luce sotto… - disse Mario.

Le ruote posteriori erano fuori.

- Oh no porca puttana!

- Tenete ferma questa cazzo di macchina! - disse Sandro.

- Attenti attenti che scivola - disse Berto.

- Lo lasciamo dentro? - urlò Sandro.

- Teniamola dai tutti insieme. Dai! - disse Mario.

Bestemmiarono forte, piegati sulla macchina nera, senza sentire la neve che si scioglieva e correva lungo le loro schiene e le dita gelate sulle fiancate dell’auto di merda, oh cazzo cazzo, stai ferma ti prego, porco zio stai ferma, macchina di merda, oh porca puttana.