Di tutti i film leggendari scomparsi, o non reperibili nella loro completezza, London after midnight, diretto nel 1927 da Tod Browning e interpretato da Lon Chaney, occupa stabilmente la seconda posizione nei desideri di molti collezionisti di cinemabilia , non necessariamente appassionati del solo horror, preceduto soltanto da Greed, film bellissimo (nonostante ne sopravvivano soltanto due ore su un totale di otto girate e montate) e maledetto di Eric Von Stroheim.

Giudicando dalle recensioni, sia quelle scritte al suo apparire nel 1927 che quelle succedutesi fino alla metà degli anni ’50, quando qualche copia era ancora rintracciabile, London after midnight non fu molto apprezzato dalla critica statunitense se non per le scenografie e per la consueta prova magistrale, e come sempre esplicativa del suo masochismo professionale, di Lon Chaney, impegnato nel duplice ruolo (almeno così sembrerebbe, ma non dimenticate che parliamo di un film diretto da Tod Browning, abituato a offrire finali sempre sorprendenti) di un vampiro e di un ispettore di polizia.

La trama è piuttosto semplice e anche la soluzione finale della (non troppo) intricata vicenda, sospesa in bilico tra horror e thriller, appare almeno oggi scontata oltre che piuttosto mal condotta, ma le ragioni di interesse nei confronti di questo film sono molteplici.

Innanzitutto va fatto notare che, pur essendo stato realizzato con il budget  di 125.000 dollari, ne incassò oltre 500.000 nella sola prima settimana di programmazione, a dimostrazione del fatto che l’horror era anche allora uno dei generi preferiti dal pubblico, sicuramente attratto dall’accoppiata vincente Chaney-Browning (quest’ultimo, inviso ai produttori, era però adorato dai maggiori attori dell’epoca che si sentivano onorati a essere diretti da lui), sodalizio che nello stesso anno aveva già offerto l’affascinante horror-thriller The unknown.

Inoltre, alcuni dialoghi furono sonorizzati in via sperimentale – il coevo The jazz singer, con Al Jolson, è soltanto il primo film interamente parlato, ma gli esperimenti andavano avanti almeno dall’immediato primo dopoguerra - e molti aspettavano di poter udire la voce di Chaney, uno dei divi più amati (restarono delusi: dopo la prima, l’attore chiese che le parti fossero tagliate perché la sua voce era già troppo compromessa dal cancro alle corde vocali che ne avrebbe decretata la morte prematura).

London after midnight, ritirato molto presto dalle sale, riapparve a intervalli sporadici fino alla metà degli anni ’50, quando l’unica copia finì misteriosamente distrutta nell’incendio di uno dei caveau dove i film vengono solitamente custoditi, sorte spettata, guarda caso, a quasi tutti i film leggendari e introvabili del periodo muto, come per esempio il già citato Greed o Straight shootin’ di John Ford.

Si favoleggiava di copie in sedici e addirittura, fatto assai improbabile, in otto millimetri, custodite gelosamente da collezionisti privati in attesa che le quotazioni salissero, ma nessuna di queste voci è mai stata corroborata dai fatti.

Di una programmazione televisiva si parlò per la prima volta il 31 ottobre 2002, quando la Turner Cinema Classics annunciò orgogliosamente il recupero del film, salvo poi deludere, di anno in anno, le aspettative dei fan con scuse mai avallate o comprovate. Quest’anno sembrerebbe la volta buona, pare (ma sono soltanto voci che rimbalzano nel web, non altrimenti riscontrabili) grazie a una copia messa a disposizione da un anonimo quanto generoso donatore – collezionista dell’est europeo… Probabilmente si tratterà dell’ennesima delusione, ma gli appassionati sperano.

Nell’attesa ci si potrebbe accontentare del remake sonoro, abbastanza facile da reperire, di London after midnight, Mark of the vampire, anche noto come I vampiri di Praga, diretto dallo stesso Browning nel 1935 e interpretato da Bela Lugosi, già protagonista, sempre con Browning, del famoso Dracula, e da Lionel Barrymore, un cast quindi apparentemente di tutto rispetto.

Lugosi prese il posto di Lon Chaney, morto nel 1930 quando l’eclettico regista stava già progettando il remake e purtroppo (non me ne vogliano gli estimatori del celebre attore ungherese) la sostituzione non si rivelò felice.

A questo film mancano del tutto la magia e la “novità” del primo e il finale, quasi identico, è troppo tortuoso e frutto di incongruenze narrative.

Barrymore gigioneggia a tutto spiano come sua consuetudine (era comunque, a mio parere, molto meno dotato dei fratelli Ethel e John, come è riscontrabile anche in The Devil’s doll dell’anno successivo, sempre diretto da Browning), Bela Lugosi sembra compiacersi dello “scherzo”, ammicca al pubblico e ci manca soltanto che strizzi l’occhio alla platea, decisamente l’inventiva del regista è al tramonto, ma si può almeno godere di una curiosità: gli abiti, le acconciature e la recitazione di Carol Borland nel ruolo di Luna, complice di Bela Lugosi e Lionel Barrymore (che dividono a metà il ruolo interpretato otto anni prima dal solo Lon Chaney, creando una certa confusione narrativa) furono d’ispirazione primaria al disegnatore Charles Addams nel creare la sua, e nostra, indimenticabile Morticia.