Jeff Stenn Adam Baldwin è uno sceneggiatore che fatica a trovare qualcuno che compri i suoi script. Un giorno riceve una telefonata dal misterioso George Trueman Udo Kier, produttore della True Films che gli propone di scrivere la sceneggiatura per un thriller ispirato a un fatto di cronaca avvenuto trentacinque anni prima. George consegna a Jeff una borsa che contiene il materiale su cui dovrà lavorare. La borsa contiene alcune videocassette su cui sono riversati dei filmini in superotto e alcuni ritagli di giornale. Tramite questo materiale Jeff apprende la storia del regista Gramm Eric Caselton che uccide la sua famiglia e si toglie la vita subito  prima di aver terminato le riprese della sua prima pellicola. Stenn accetta il lavoro, sebbene non sia entusiasta all’idea di scrivere un horror, ma non appena mette mano alla sceneggiatura violenti incidenti iniziano a verificarsi attorno a lui.

Il regista Mark Atkins, con un passato da operatore in altre produzioni, ovvia alla povertà dei mezzi a sua disposizione conferendo al film un taglio volutamente documentaristico che ben si accorda con la riflessione sviluppata nel soggetto tra i diversi  piani di reale e immaginario.

A conferire realismo contribuiscono, oltre alla fotografia con le immagine dei sobborghi di Los Angeles caldi e granulosi, anche gli inserti in superotto provenienti dal set di Gramm. A tutto ciò si aggiunge l'uso della camera a spalla, proprio dei  documentari.

Il film è una riflessione forse un po’ pretenziosa sul cinema e sulla scrittura filmica. Lo dicono l'evidente parallelismo delle due vicende, quella del regista Gramm e dello sceneggiatore Jeff; l’insistenza sul blocco creativo di Jeff, mostrato mediante riprese della pagina bianca dello schermo del suo portatile; l’interrogarsi ossessivo di Jeff dapprima sui perché dell’azione del personaggio Gramm nella sceneggiatura che Jeff sta scrivendo (a significare la ricerca di una motivazione plausibile della vicenda da parte della stessa sceneggiatrice Naomi Selfman?) e poi sui perché delle azioni del vero Gramm.

La sceneggiatura, pur nella prevedibilità di situazioni e di svolgimento insita in un simile soggetto, è abbastanza solida e ben costruita, sebbene alcune situazioni rimangano inesplorate e si avverta la mancanza di qualche vero colpo di scena.

Naturalmente un film horror su di uno scrittore non può che fare i conti con Shining ed evoca l’immagine di Jack Nicholson nel film di Kubrick, soprattutto quando Jeff inizia a identificarsi con Gramm. L’elemento più interessante del film è, però, l’interrogativo se sia la scrittura di Jeff a influenzare la realtà oppure quest’idea sia frutto solo della sua immaginazione. Purtroppo lungi dall’essere lasciato in sospeso, questo interrogativo viene risolto sin dall’inizio con il ricorso alla spiegazione soprannaturale, salvo poi ricorrere a un finale a sorpresa che mostra qualche forzatura e non sorprende lo spettatore più smaliziato.

Gli attori sono discreti. Adam Baldwin (nessuna parentela con il più famoso Alec) appare abbastanza convincente nel ruolo dello scrittore in crisi creativa, salvo poi perdere di credibilità quando inizia a dare segni di squilibrio e si spinge sulla strada pericolosa dell’istrionismo alla Jack Nicholson.

Udo Kier è magnificamente mellifluo e luciferino nel ruolo del produttore George Trueman (citazione del Louis Cypher di Angel Heart?) che sembra manipolare l’esitante Jeff come una marionetta.  Il resto del cast, da Jennifer Gates nel ruolo di Tree Stenn  (la moglie del protagonista) al regista Gramm (Eric Caselton) è piuttosto efficace.

La musica elettronica ambient della colonna sonora ben si addice al tono della pellicola. In sostanza un prodotto dignitoso anche se poco originale che forse sarebbe stato meglio destinare direttamente al mercato dell'home video.