È sempre più raro entrare in una sala convinti di vedere l’ennesimo blockbuster fatto di aria fritta e super effetti speciali e uscirne con il sorriso sulla bocca, finalmente soddisfatti di aver speso bene soldi e tempo. Nell’era in cui fumetti e cinema hanno dato vita a una produzione in serie di pellicole (per lo più mediocri), il bravissimo regista Christopher Nolan (Memento, Insomnia) convince con una qualità molto alta, forse la più alta dai primi “esperimenti” di Richard Donner e del suo uomo d’acciaio (Superman, 1978). E non parliamo di forza visiva, a quella ormai ci hanno abituato, bensì di solidità della sceneggiatura, di fotografia perfetta, di grandi interpretazioni, di montaggio senza sbavature; parliamo di una regia in grado di amalgamare tutto questo e offrire due ore e un quarto di cinema in cui si finisce per dimenticarsi il titolo del film e dello spettro della fregatura che un “quinto” della serie si porta inevitabilmente dietro, stampato sul biglietto da visita.

Batman Begins è un film sulla paura, della peggior specie. Non una paura legata ai mostri che si vedono con gli occhi, o ai rumori che si sentono con le orecchie. Non una paura da “bu!” che sta in agguato dietro la porta. Bensì una paura che si instaura come un’anima sporca nel cuore di un bambino e che accompagnerà la sua crescita come una madre oscura, nutrendolo di cattiveria, voglia di vendetta, incubi. Questo è il passato di Batman, il più umano dei super-eroi, l’unico dell’universo fumettistico privo di super-poteri e per questo il più identificabile; il passato dell’uomo, Bruce Wayne, che nasce nella ricchezza e nell’amore e si trova ben presto orfano, immerso nella povertà e nella malavita, perfetta impersonificazione della feccia della società.

Tutto per colpa di quei dannati pipistrelli.

Il film è il percorso di resurrezione del personaggio, ma non aspettatevi la solita storiella piena di luce. Luce e ombra non hanno il significato che siamo abituati ad attribuirgli: la Gotham City dell’alta società, infatti, è la faccia pulita della malavita organizzata, in grado di corrompere le autorità a tutti i livelli; mentre il bene viaggia nei ghetti, si sposta sui tetti, si fa strada terrorizzando. È un tema che pervade tutto il film: i concetti si ribaltano e non si sa più chi porta la maschera e chi fa vedere il suo vero volto. L’eroe diventa così il protagonista di tutte le scene di tensione, perché il terrore questa volta sta dall’altra parte. Sono gli spacciatori che tremano sentendo rumori sospetti; sono loro a essere accompagnati dalla musica che prelude al peggio; è vedendo loro incamminarsi nel vicolo buio che ci si sorprende a trattenere il fiato. Qui la regia raggiunge il suo apice, trasmettendo sensazioni più che visioni nitide. Quello che a prima vista sembra un insieme di immagini confuse, scure e troppo veloci, finisce per diventare il mix migliore per farci provare quello che le vittime del cavaliere oscuro provano, ossia quel senso di smarrimento che diventa il nemico peggiore da sconfiggere quando gli occhi non distinguono e le prospettive si ribaltano.

Cosa non funziona in questo film? Ben poco, per essere sinceri. Stiamo pur parlando di un film hollywoodiano, di una produzione Warner Bros., di un film “costretto” comunque a far vedere le solite cose commerciali. Ecco quindi l’addestramento nelle montagne ghiacciate, i combattimenti corpo a corpo, gli inseguimenti in macchina alla James Bond, gli effettoni speciali delle armi super-tecnologiche. Un prezzo che Nolan paga riuscendo a non vendere l’anima del film al diavolo del commercio, ma fondendo bene tutto nelle tinte dark. A tratti, anzi, il regista riesce pure a volgere a proprio favore la situazione, sfruttando certi elementi per dare ritmo ad alcune fasi che ne avrebbero sentito troppo la mancanza. Infatti il film scorre bene sin dall’inizio e, incredibilmente, non dà fastidio che l’eroe in costume faccia la sua prima comparsa dopo oltre un’ora di proiezione.

Molto convincente Christian Bale, tornato in forma dopo il dimagrimento eccezionale a cui si era sottoposto per interpretare L’uomo senza sonno; in generale ottimo tutto il cast, a partire dalla bella Katie Holmes, che dimostra di essere un’attrice e non solo la fidanzatina di Tom Cruise che vediamo in tutte le prime pagine dei giornali, per finire con i grossi nomi che regalano interpretazioni senza sbavature, come al solito: Michael Caine (il maggiordomo Alfred), Gary Oldman (il commissario Gordon), Morgan Freeman, Liam Neeson, Rutger Hauer.

E i due film di Tim Burton (consentiteci di dare per scontato che gli altri due Batman non meritino considerazione)? In realtà non ha molto senso fare un confronto, dal momento che siamo di fronte a storie completamente diverse. Di certo Nolan non tradisce, semmai accentua, il taglio da tinte scure che il suo predecessore aveva tracciato. Anche questo è un film che non piace ai bambini che adorano l’Uomo Ragno, un film maturo che non cede il passo al lato ironico che caratterizza da sempre ogni super-eroe e ogni super-nemico. Certo Burton aveva, permetteteci il gioco di parole, giocato il Jolly, mettendo in campo un Joker straordinario che dello sfoggio dei colori aveva fatto il suo lato più oscuro, e questo era il risultato inimmaginabile della fusione tra il talento visionario del regista e la folle interpretazione di Jack Nicholson. Eppure Nolan si rende conto di non aver bisogno di un vero super criminale, e preferisce lasciarlo in ombra per ammantare tutta la città del male più profondo. Un’arma senza dubbio più vicina alla realtà, più difficile da portare avanti (eliminando il facile dualismo buono vs cattivo), e per questo vincente.

Se questo è un nuovo inizio, come recita il titolo del film, per il cinema dei fumetti si prospetta un futuro pieno di... ombra.