Tokio. Una strana casa popolata di inquietanti presenze, già teatro di un grave fatto di cronaca nera, provoca in chi la visita orrende visioni che conducono alla morte. Karen, giovane infermiera statunitense, vi giunge ignara per assistere una donna catatonica, ma avrà modo di sperimentare sulla propria pelle il terrore annidato. Mentre visioni e morti si propagano come un contagio tra tutti quelli che hanno a che fare con la vicenda, Karen scoprirà di non essere l'ultima ma neppure la prima vittima della casa.

Arriva anche da noi questo pluriannunciato campione di incassi dell'horror, in sala in un periodo forse favorevole a richiamare il pubblico specializzato, saturo dei vari film-pacco natalizio. Chi cerca la sua dose periodica di brividi, meglio se non troppo rifritti, probabilmente non rimarrà deluso da questa pellicola. Pur inserendosi nell'ormai stabile (e non certo in via di spegnimento) filone della ghost story del sol levante, The Grudge ha abbastanza inventiva da spiccare rispetto ad altri prodotti che hanno affollato le sale nell'ultimo anno. All'origine c'è un film televisivo, poi rifatto per il cinema giapponese, entrambi per la regia dello stesso Takashi Shimizu, che Sam Raimi produttore ha voluto dietro la macchina da presa anche per questo remake a stelle e strisce. Il set rimane lo stesso, e con esso alcuni attori secondari, ma il cast principale è quasi integralmente composto da occidentali, in Giappone per svariati motivi. A capitanare la truppa degli interpreti, l'aspirante star Sarah Michelle Gellar (Buffy), nome di traino per il pubblico del pop corn horror, e viene da sospettare sia solo quello.

La pellicola segna alcuni punti a proprio favore con la costruzione della suspense, dando vita a almeno un'icona azzeccata, il bimbo con il gatto nero, spesso però trascurato in favore della canonica ragazzina con il viso nascosto dai capelli. I tempi lenti funzionano bene nel caricare esponenzialmente le singole visioni spaventevoli, che prese a sé stante più di tanto non otterrebbero, e nella sequenza risulta un buon crescendo, che sfrutta gli elementi a disposizione senza sforare nel trash o nello splatter. L'idea di base ha dalla sua la fisicità delle visioni, che non presuppongono lo sconfinamento da un horror più etereo a uno materiale (e più ridicolo) come capita in altri casi. La struttura temporale frammentaria è poi forse la scelta migliore, che permette di portare avanti un soggetto che altrimenti mostrerebbe presto la corda, con almeno un espediente ottimale nell'accavallamento del tempo verso la conclusione, su cui è opportuno non aggiungere altro per non guastare la visione.

Probabilmente questo film è maggiormente apprezzabile da chi non sia già saturo di pellicole analoghe, che costringono a paragoni in cui le differenze risultanti non sono molte, anche se a quanto pare la versione televisiva di The Grudge ha anticipato di gran lunga tutti i cloni. Resta un fastidioso appiattimento dei personaggi e le loro reazioni al soprannaturale, che se con attori nipponici sarebbe accettabile, fa apparire gli interpreti occidentali poco più che pedine narrative, in una trama che per di più non va da nessuna parte. Guardacaso, in vista di un sequel.