È disponibile su Netflix Il Legame, un nuovo film horror che sta facendo parlare di sé. Questa produzione italiana – e precisamente pugliese così come il suo regista, il tranese Domenico de Feudis – è riuscita a far ricordare, in circa un’ora e mezza di film, che gli italiani l’horror sanno farlo molto bene. Del resto vantiamo una grande e florida tradizione di maestri dell’orrore: Fulci, Bava, Argento, tra i più innovativi e sorprendenti registi del panorama mondiale, che hanno contribuito a dare al genere l’aspetto attuale.

In un periodo in cui si vedono così tanti horror, tanti da confonderli e dimenticarsene, sempre caratterizzati dalle stesse trame e dagli stessi espedienti per spaventare lo spettatore, cosa fa davvero la differenza? Una regia fresca, nuova, che non sfrutti le solite scappatoie. De Feudis, con questa splendida prova d’esordio, è riuscito in questo difficilissimo intento. D’altronde, non stiamo parlando di un novellino, ma dell’assistente alla regia di Paolo Sorrentino.

Il regista si mette in gioco usando la telecamera con grande maestria, alternando riprese dall’alto a riprese riavvicinate, adoperando la camera a mano nei momenti di massima tensione, specie nelle scene d’interni poco luminose. Attraverso le panoramiche dà risalto agli splendidi luoghi pugliesi, all’aria misterica che li avvolge, rendendo la regione protagonista indiscussa della pellicola. In primo piano anche la tradizione folclorica pugliese, costituita da riti contro il maleficio, antichi saperi del mondo contadino e conoscenze ben più terribili.

Il film comincia con viaggio in macchina verso la Puglia. Sulla scia di The Shining, Francesco (interpretato da Riccardo Scamarcio, che è inoltre il coproduttore  del film insieme a Ht e Indingo, con il contributo di Apulia Film Fund) viaggia in macchina con la sua compagna Emma e la figlia di quest’ultima, Sofia, in direzione della casa natale in Puglia per annunciare alla famiglia il loro futuro matrimonio. Sin dal loro ingresso nella tenuta, una mastodontica villa circondata da enormi ulivi, si respira un’atmosfera angosciante. Madre e figlia si sentono completamente estranee a quell’ambiente fuori dal tempo.

La sensazione di pericolo si inizia ad avvertire quando la piccola Sofia viene morsa da una Tarantola, per poi salire quando rimane vittima di un maleficio. Solo Teresa, mamma di Francesco, sembra in grado di allontanare il male dalla bambina. Emma cercherà di proteggere la figlia, anche da Teresa e da quel mondo di superstizioni e di anacronistiche credenze sovrannaturali. Costretta all’alleanza con la sua futura suocera, Emma fa ufficialmente il suo ingresso in quel mondo da cui inizialmente si sente respinta. E quante cose accadranno e quante ne verranno fuori sul passato di Francesco!

Domenico de Feudis, arricchisce la solita trama horror, rende centrale il tema della maternità, come sempre di più accade nel cinema degli ultimi anni, e inserisce elementi folclorici tutti pugliesi, recuperati dal passato. Turba e sorprende lo spettatore, spegne le sue certezze in un crescendo di palpabile tensione. Tutte ragioni che ci fanno rimpiangere di non averlo potuto ammirare nell’accogliente sala cinematografica.