Durante i vostri viaggi vi sarà capitato di soggiornare in molti alberghi, più o meno costosi. Che fossero corrispondenti alla descrizione riportata sul depliant o completamente diversi, gestiti da personale attento alle vostre esigenze o scorbutico e maleducato, disadorni come ostelli o ricchi di ogni comfort come un hotel di lusso, erano comunque reali. Sì, la parola che dobbiamo tener presente è quella: reali.

L’avventura che vissero due coppie di sposi nel 1979 ha come protagonista principale proprio un albergo, la casa provvisoria del viaggiatore, il luogo dove riposare e rifocillarsi. Un luogo, nel loro caso, che non esisteva.

Geoff e Pauline Simpson decisero di unirsi a Len e Cynthia Sisby in un piacevole viaggio che dalla loro patria natia, l’inghilterra, li avrebbe portati a esplorare la Francia e la Spagna, trasformandoli, loro malgrado, nei personaggi di un episodio della celebre serie Ai confini della realtà.

Preparati dunque i bagagli, in ottobre si imbarcarono al porto di Dover e attraversarono la Manica. Arrivati in territorio francese presero una macchina a noleggio e decisero di proseguire verso sud. La notte non tardò ad arrivare e li trovò stanchi e desiderosi di un morbido letto e di un piatto caldo. Erano appena usciti dall’autostrada e cercavano un albergo poco costoso che li ospitasse per la notte. In un punto abbastanza isolato avvistarono delle luci e decisero di fermarsi davanti a quel motel dall’aspetto raffinato. All’interno un uomo che indossava un’uniforme rosso scuro ascoltò la loro richiesta e li informò che, al momento, non c’erano camere libere. Len chiese se ci fossero altri motel in zona e l’uomo rispose che, procedendo verso sud sulla stessa strada, ne avrebbero trovato uno. I turisti ringraziarono e ripresero il viaggio alla ricerca di un rifugio per la notte. La cosa che li colpì per prima fu la strada che da scorrevole nastro d’asfalto divenne antica via lastricata. Sobbalzando sull’acciottolato, nel buio disturbato solo dai fari dell’auto, continuarono l’escursione. Incrociarono alcuni manifesti pubblicitari di un circo. I tre che non erano costretti a guardare la strada ebbero occasione di osservarli molto bene. Caratteri, impaginazione, disegni, tutto molto all’antica.

Poi, nella notte, videro due edifici. Uno sembrava una stazione di polizia di vecchio stampo e l’altro doveva essere il tanto sospirato albergo.

Len parcheggiò l’auto e raggiunse i suoi tre amici all’interno della costruzione. I tavoli della sala da pranzo erano di legno intagliato rozzamente e non c’era traccia delle tovaglie che normalmente vengono usate dagli albergatori per abbellire l’ambiente. Len continuò a guardarsi intorno, imitato dagli altri, e non vide traccia di telefoni o ascensori.

Giunse il momento di farsi consegnare la chiave delle camere. L’individuo dietro il bancone scosse la testa e fece loro segno di seguirlo al piano superiore. Perplessi e vagamente divertiti dall’atmosfera spartana, decisero di pernottare lì. Viaggiare di notte alla ricerca di una sistemazione migliore non sembrava una buona idea. Quello doveva essere l’ultimo posto con camere disponibili nell’arco di chissà quanti chilometri. Si erano allontanati parecchio dall’autostrada e dagli altri centri abitati.

Nelle stanze li aspettavano altre sorprese. Non c’erano cuscini sui letti e le lenzuola erano di una stoffa ruvida, diversa dal moderno cotone che viene attentamente lavorato e reso più morbido possibile. Altra sorpresa: per chiudere le porte c’erano dei paletti, non serrature. Alle finestre non c’era una lastra di vetro ma una semplice persiana di legno. C’era solo un bagno e i quattro turisti, a quel punto ormai diventati curiosi esploratori, si accorsero subito che le tubature erano del tipo in uso parecchio tempo prima.

Le due coppie, conquistate da quella che credevano un’originale attrazione turistica francese basata sul fascino dell’antico, cenarono senza lamentarsi delle stoviglie e delle pietanze. Poi si ritirarono nelle loro camere per riposare. Il mattino dopo era una splendida giornata di sole e i quattro ospiti scesero di buon umore nella sala da pranzo, aspettandosi una colazione simile alla cena. Infatti fu così: dovettero accontentarsi solamente di un caffè molto forte e senza zucchero che Geoff giudicò orribile. A quel punto una donna entrò nella stanza e prese posto al tavolo di fronte al loro. Vestiva un abito da sera, come se fosse appena tornata da una festa di classe e teneva tra le braccia un cagnolino. In un primo momento Pauline lo trovò strano, visto che erano le otto del mattino, ma poi pensò che la donna doveva aver deciso di prolungare il divertimento fino alle prime luci dell’alba per poi finire a fare colazione nella prima locanda disponibile. Nonostante quel pensiero, Pauline continuò a fissare la donna a lungo. In seguito avrebbe confessato che la trovava strana nel senso più completo del termine. Strana l’espressione, strano l’atteggiamento, strani i vestiti, strano persino il cagnolino.

Due gendarmi entrarono nella sala e ordinarono una tazza di quell’orribile caffè che evidentemente trovavano gradevole. I turisti avevano già visto altri poliziotti francesi e nessuno di loro indossava quel tipo di divisa. Si trattava di uniformi blu scuro, mantello in tinta e cappelli larghi e a punta. Uniformi antiche, non moderne. Nonostante tutto, Geoff e gli altri continuavano a essere convinti che si trattasse di una messinscena per favorire il turismo in quella zona. Una brillante pensata che, durante la stagione estiva, sicuramente attirava un sacco di viaggiatori a caccia delle ormai perdute usanze francesi. Decisero di ripartire e si misero di buona lena a infilare di nuovo nei bagagli le poche cose che avevano usato. Scattarono due foto, una in ogni stanza. Scesi nella sala da pranzo, chiesero ai gendarmi qual era il tragitto più breve per arrivare ad Avignone e quindi al confine con la Spagna. Furono divertiti dall’espressione confusa che si dipinse sui volti dei gendarmi quando udirono la parola ‘autostrada’. Geoff ne dedusse che la sua pronuncia francese doveva essere pessima. I gendarmi avevano capito solo ‘Spagna’ e diedero specifiche indicazioni per raggiungere il confine. I quattro erano perplessi: i tutori dell’ordine non avevano tenuto in nessun conto la grande comodità costituita dalle nuove strade e li avevano indirizzati verso percorsi ormai trascurati da qualsiasi turista con un numero ristretto di giorni a disposizione. D’altra parte pensarono che, da bravi fautori di tutto ciò che era arcaico, i gendarmi avessero volutamente tracciato per loro un itinerario all’altezza delle atmosfere dell’albergo.

Al momento di pagare il conto Len rimase di stucco. Il totale era di 19 franchi. Incredulo, Len ricordò al direttore che nel suo albergo avevano soggiornato quattro persone che avevano consumato una cena e un paio di caffè per colazione. L’uomo annuì. Len lo fissò in silenzio, aspettando che confessasse lo scherzo e gli presentasse il vero conto. Non accadde. L’ambiente era antico e così i prezzi, non c’era nulla da discutere. Felicemente sorpreso che il suo portafogli non fosse stato brutalmente alleggerito, Len raggiunse i compagni che lo attendevano all’esterno, accanto all’auto, e riferì l’accaduto. Rimasero sorpresi quanto lui e altrettanto contenti del notevole risparmio. Dunque alla base della messinscena c’erano solidi principi. Davvero ammirevole. Da pazzi, ma ammirevole.

Con una stima per i francesi in crescente aumento, le due coppie raggiunsero Avignone come progettato e in seguito entrarono in Spagna.

Alla fine della vacanza, percorsero all’indietro lo stesso itinerario, già decisi a fermarsi di nuovo in quello strano albergo che offriva vitto e alloggio, per quanto scadenti, a prezzi eccezionali. Trovarono la strada, ma non trovarono l’albergo. Non era un momento ideale per cercare un edificio in una zona che non conoscevano bene, era buio e pioveva, ma i quattro erano ormai risoluti a scovarlo. Geoff, al volante, era convinto che l’avessero mancato e si fermò per fare marcia indietro e percorrere ancora una volta la stessa strada. Niente. Tranne i suoi occhi, fissi sul parabrezza, ce n’erano altri sei che scrutavano l’oscurità in cerca delle luci dell’albergo. Non c’erano neanche i vecchi cartelli del circo. Geoff proseguì fino al motel in cui avevano scambiato due parole con l’uomo in divisa rosso scuro. Interrogato a tale proposito, il direttore li assicurò che nessuno, nel suo albergo, portava divise di quel colore, né esisteva tra i membri del personale un ragazzo corrispondente alla descrizione.

Per la prima volta i quattro turisti cominciarono seriamente a preoccuparsi. Testardi come chi non accetta una verità sgradevole ormai confermata, trascorsero parte della notte a percorrere avanti e indietro quel tratto di strada. Dopo molto tempo, Geoff, stanco di quell’inutile spreco di benzina, si allontanò verso Lione. Da quelle parti gli alberghi c’erano e costavano anche molto. Inutile negarlo, la piacevole vacanza si era trasformata, nella sua ultima fase, in una sorta di incubo. Se il protagonista fosse stato uno solo, si sarebbe probabilmente ritrovato a dubitare della propria sanità mentale. Ma i testimoni erano quattro e non uno. Come mettere in discussione le affermazioni di più individui che avevano visto, odorato e toccato le stesse cose?

Tornati a casa si precipitarono a far sviluppare i rullini. Erano sicuri che la verità fosse lì e che quelle due immagini avrebbero confermato che l’albergo esisteva. Ovviamente, accanto alle certezze, permanevano i dubbi. Arrivati a quel punto, erano ugualmente pronti a sentirsi dire che le foto erano sfocate o troppo scure. Il fotografo a cui avevano affidato lo sviluppo dei negativi li fece rabbrividire con una notizia molto diversa: le foto non c’erano. I negativi erano tutti lì, impressi a dovere, e il numero di pose era corretto. Nessun errore da parte del fotografo e nessun difetto nella pellicola. C’era inoltre un particolare inquietante: a metà di quest’ultima, dove in teoria avrebbero dovuto trovarsi le negative delle foto delle due stanze, le perforazioni erano leggermente danneggiate, come se la macchina fotografica avesse tentato di riavvolgere il rullino. In pratica era come se qualcuno avesse contemporaneamente schiacciato il pulsante per scattare l’immagine e quello del riavvolgimento. Errore di Geoff e Len, dunque? I due non erano d’accordo. Appartenevano a quella categoria di fotografi dilettanti che prestano molta attenzione a ciò che fanno e non muovono a casaccio le mani sul corpo della macchina fotografica. Allora la colpa era della macchina stessa? Strano, perché il resto delle foto c’era e la qualità era ottima. Qualche fantasma burlone aveva manomesso l’apparecchio proprio mentre i due uomini scattavano?

In mancanza di prove concrete il gruppo di amici decise di non raccontare niente a nessuno. Molto tempo dopo, però, avvertirono il bisogno di rendere partecipi altre persone della cosa. Nessuno di loro aveva mai smesso veramente di pensare a quanto era successo. Nella ricerca spasmodica di una risposta avevano scoperto che le divise indossate dai due gendarmi erano di prima del 1905. Anche il vestito da sera della ragazza con il cagnolino era un modello che andava di moda in quel periodo.

I resoconti della vicenda arrivarono alle orecchie di un giornalista di Dover che la rese pubblica. In seguito venne trasmessa alla tv una ricostruzione sceneggiata. Geoff si sottopose all’ipnosi per vedere se fosse possibile scuotere il suo inconscio e ricavare altri particolari, ma durante la seduta disse le stesse cose che aveva detto da sveglio.

Cosa pensare di questa storia? Sorge il sospetto che le due coppie si siano inventate tutto, ma a che scopo? Ci vuole coraggio per mettere a repentaglio la propria reputazione con trovate del genere. I quattro amici non chiesero alcun compenso al giornale che diffuse la loro vicenda e questo è un punto a loro favore. A parte i dubbi leciti sull’onestà di Geoff e compagni, una precisa domanda si presenta alla mente dello studioso di tali fenomeni: hanno fatto un viaggio nel tempo? Quesito interessante seguito da molti altri: come mai i presunti personaggi del passato non si stupirono nel vedere lo strano mezzo di trasporto a quattro ruote dei turisti? Come mai nessuno guardò incuriosito gli abiti che indossavano? Come mai il direttore dell’albergo accettò banconote del 1979 senza batter ciglio? Dobbiamo supporre che fossero avvezzi alle cose moderne? Dobbiamo supporre che l’uomo con la divisa rosso scuro fosse uno spettro con il compito di indirizzare le persone verso il motel che non esisteva?

L’idea è affascinante anche se accompagnata da brividi di paura: esseri soprannaturali, pieni di nostalgia per i bei tempi andati, che si radunano durante le notti più buie per allestire un teatro che sarà visibile solo per poche ore. Spiriti e luoghi che vogliono interagire ancora una volta con il mondo dei vivi, come se la morte non avesse mai trionfato sulla vita e il tempo sulla materia.

(Illustrazioni di Laura Cherri)