Jeremy è un fragile adolescente che vive con zia Marilyn, una psicotica che sfoga la sua rabbia sul nipote attraverso un terribile potere delle sue mani. Introverso e malinconico, il ragazzo vive le sue giornate all'insegna della paura, reprimendo rabbia e disperazione. Dopo anni di soprusi e inspiegabili avvenimenti un giorno Jeremy decide di partecipare al gioco organizzato da alcuni suoi amici all'interno di una scuola. Ma ben presto il divertimento dei giovani si trasformerà in puro terrore.

Questa è sicuramente la recensione che ha provocato più discussioni nella redazione di HorrorMagazine. C'era (c'è) da un lato la consapevolezza di poter influire, nel bene e nel male, sulle vendite e sulla percezione da parte di alcuni lettori di questo romanzo. Da qui il dubbio e le remore che nascono sempre in caso di parere negativo, figurarsi se tale parere deve poi essere dato nei confronti di una nostra collaboratrice. Perché Laura Cherri scrive su questo sito. Scrive ottime cose, beninteso.

Da qui la riflessione che ha letteralmente dilaniato il sottoscritto, Ivo Torello e Alessio Valsecchi. Si poteva fornire la solita recensione neutra, di comodo, e fare come tutti gli altri, salvare capra e cavoli tanto il tutto sarebbe stato ben presto dimenticato.

Ma non potevamo davvero. Ne andava della nostra coerenza, della qualità etica di HorrorMagazine.

Permettetemi una larga digressione, poi torneremo al romanzo di Laura. In Italia anche (e soprattutto) nel genere horror siamo andati avanti con un sistema profondamente malato: una decina e più di anni fa qualcuno ha deciso di far scomparire il dato soprannaturale dal campo dell'horror, trasformando il genere da noi preferito in un bastardo mix di noir all'acqua di rose, puerili tentativi di mischiare eros e thriller (il primo vissuto a livelli harmony-scolastici il secondo unicamente declinato in chiave di serial killer o violenza gratuita) e scarsi diari di disagio giovanile pronti a provocare più di uno sbadiglio.

La cosa aberrante è che questa scena inesistente, coi suoi scarsi attori e patetiche attrici ha ricevuto immotivata e ampia risonanza da parte di fanzine, siti web e piccole case editrici, creando un'allucinazione globale dalla quale ancora adesso non riusciamo a liberarci. Nomi molto noti, scrittori che i normali lettori e appassionati credono ricchi e famosi in realtà (fidatevi di chi come noi può dare uno sguardo dietro le quinte) non vendono NULLA! Poche copie a parenti amici, si rovina una casa editrice magari vogliosa ma poco esperta e via a vampirizzarne un'altra sulla scia di un tam tam mediatico che a noi sembra più il vociare delle massaie che altro. Scrittrici maledette e novelli maestri del terrore come se piovesse. Peccato che nulla di tutto ciò sia vero, peccato che il loro livello qualitativo sia vicino allo zero, peccato che mucchi dei loro libri ammuffiscano nei magazzini.

HorrorMagazine è nata anche per cercare di contrastare questo Impero del Male, questo Evil Empire (e mi scusino i Rage Against the Machine per il passaggio...) che ha imperversato a lungo anche perché a molti è sembrato l'unico modo di fare e scrivere possibile. Intendiamo abbattere questi colossi dai piedi di fanghiglia (l'argilla mi sembrava materiale troppo nobile...) e rivelare a chiunque abbia voglia di seguirci alcuni sporchi scheletri negli armadi. Da noi non attaccano gli scambi di favori, quel maledetto costume del "io parlo bene di te così tu parli bene di me" che ha imputridito quel poco di editoria horror che ancora abbiamo. Avete avuto modo di notarlo in questi mesi, in varie occasioni, e continueremo su questa strada.

Torniamo a Laura Cherri, alla credibilità, alla voglia di crescere nostra e di chi ci sta attorno. Cosa c'entra Laura Cherri con queste finte dark lady, con queste scipite massaie del noir? Un bel nulla. Laura non c'entra nulla con tutto questo perché sa scrivere. Ecco perché non ci sembrava giusto abbandonarla a una recensione di comodo, paciosa e piacevole, tanto per farle un favore. Non le avremmo fatto nessun favore. Davvero. Ci credete sadici? Tronfi del nostro piccolo potere di stroncare o esaltare? Avete sbagliato sito. Qui intendiamo creare un poco di scena lontana anni luce da quella precedente. Dicevamo di Laura. Sa scrivere. Ama Stephen King e non ne fa mistero. Lo ama troppo. Lo ama al punto di non rendersi conto che il suo primo romanzo, Jeremy, non è altro che una (devota, rispettosa, amorevole) rimasticatura di arcinoti temi kinghiani, dalla zia crudele del protagonista (quanto simile a vari personaggi kinghiani, a partire dalla madre di Carrie...) alla tematica dell'infanzia e dei suoi valori, del gioco che muta in crescita ecc ecc. L'atmosfera di déjà-vu che si respira in Jeremy è francamente oltre il tollerabile e l'omaggio trascende facilmente in plagio. Questo avviene volontariamente? Nemmeno per sogno, altrimenti non staremmo nemmeno a parlarvi dell'autrice. Questo avviene in maniera inconsapevole a causa di troppo amore e ammirazione. Laura potrà facilmente ovviare a cose come questa in futuro.

Il secondo punto a sfavore di Jeremy, altrettanto ovviabile nei suoi prossimi scritti, è l'ambientazione. Laura vive nei pressi di Venezia. Vi immaginate quale ricchezza descrittiva si può nascondere in quella città e nei territori limitrofi? E i bambini, i ragazzini italiani? Con le loro differenze regionali, ma che dico, addirittura da città a città! Immigrati, biondi, bruni, bassi, alti, con mille sogni e abitudini... Bastava uscire in strada, mettersi ai bordi di un campetto da calcio con un taccuino e mezzo romanzo era già scritto. Ma Laura ama troppo Stephen King e sceglie quindi di ambientare negli Stati Uniti, a Seattle. Che magari è anche una città che conosce bene ma che inevitabilmente non "possiede" come la sua Venezia. Ne escono quindi scorci fra la televisione e la cartolina, bidimensionali come la cartina topografica che magari avrà anche usato per dare maggior "realtà" alle vie della capitale del grunge.

Capite perché vi parliamo di errori gravi ma facilmente superabili? Arrivano in redazione scritti che, sinceramente, non hanno speranza. Brutti oltre ogni dire, al di là di ogni possibile grammatica fantastica e non. Laura non ha questi problemi e quando deciderà di "volare con ali sue" scoprirà di poter tranquillamente fare a meno di maestri e ambientazioni americane. Noi saremo qui, pronti a leggere ogni sua cosa e a segnalarla a tutti voi con entusiasmo, onorati del fatto che una piccolissima parte del suo miglioramento sarà anche merito nostro e delle nostre parole. Che sono parole di amore e di incoraggiamento, sia ben chiaro.

Veniamo ora alla Ferrara Edizioni, per la quale vale lo stesso identico discorso fatto in precedenza. Il dubbio è sempre se recensire positivamente o non recensire del tutto, almeno ci si evitano dei problemi. Noi vogliamo superare questa empasse e rivolgerci direttamente a Massimo Ferrara.

Massimo, per conoscenza anche personale, è mosso da un amore per la letteratura di genere che ha pochi rivali in Italia. Pieno di iniziative e di voglia di fare ha avuto l'ottima idea di fondare una casa editrice specializzata. Oltretutto, in tempi di editori a pagamento, la Ferrara Edizioni non chiede contributi ai suoi autori. Massimo gioca di tasca sua e rischia grosso. Come non ammirare una iniziativa del genere?

Sapete chi può rovinare una casa editrice come questa? I recensori buonisti (che magari sperano in una futura pubblicazione da parte di Massimo o comunque in uno scambio di favori da riscuotersi poi con percentuali strozzine) e tutti gli autori che lo bombarderanno con quintali di spazzatura e sbraiteranno per essere pubblicati.

Così la Ferrara Edizioni morirà.

Massimo si deve contornare di uno staff fidato, che non sappiamo indicargli, ahimè. Deve circondarsi di redattori e correttori di bozze, di un comitato di lettura cattivo, cattivissimo. Deve scegliere la via della qualità al posto di quella della quantità, imponendosi e distinguendosi dal resto delle piccole case editrici che ancora affogano in quel mare poco limpido di cui vi parlavo a inizio articolo. Così come con Laura, anche nel suo caso siamo sicuri che possa tranquillamente riuscirci se avrà al suo fianco persone disposte a consigliarlo per il bene del genere horror e non per il tornaconto di pochi amici.

Siamo, a nostro modo di vedere, in un periodo di cambiamenti. Alcuni autori, alcuni editori potranno guidare questi cambiamenti e mettersi in evidenza. Se sapranno scrollarsi di dosso dieci e più anni di malgoverno editoriale e terrorismo mediatico. Se sapranno accettare e proseguire il dialogo che noi, nel nostro piccolo, stiamo cercando di intavolare. Ci sarà sempre spazio per la Ferrara Edizioni su queste pagine, nella speranza di condurre insieme un percorso di crescita.