Telly Paretta ha perso il figlio in un incidente aereo l'anno precedente, e vive straziata dal dolore, in cura presso uno psichiatra e in continuo scontro con il marito, colpevole secondo lei di aver dimenticato il piccolo Sam troppo presto. Errori di memoria sono per Telly d'ordinanza, ma quando le foto del bambino cominciano a scomparire, e tutti intorno si mostrano convinti che il figlio non sia mai esistito, il quadro assume una sfumatura inquietante. Ma la donna non si rassegna, e con la forza dell'ostinazione si lancia in una folle corsa, al contempo fuga e indagine sulla verità. Scoprirà un mondo radicalmente diverso da quello che conosceva, in cui le persone sono schiave di una volontà esterna e inesorabile.

Sulla carta, questo The Forgotten è tutt'altro che un cattivo film: può contare su un buono spunto iniziale, una protagonista convincente (Julianne Moore: Il mondo perduto, Hannibal) e un gruppo di attori azzeccati, su cui spicca Gary Sinise (Mission to Mars, Forrest Gump). E la prima parte del film tutto sommato funziona, retta da situazioni credibili e portata avanti da questo senso di minaccia incombente, che le numerose riprese dall'alto della città sottolineano con eleganza. C'è un mistero, e una donna talmente determinata nelle proprie certezze da far sì che la seguiamo con interesse nelle ricerche, senza temere il rischio dell'ennesimo mondo soggettivo, espediente abusato di recente, e per fortuna scongiurato già nelle prime scene. La sceneggiatura si impantana però nel passare da un patto narrativo di tipo realistico a uno più fantascientifico, poiché a quel campo appartiene la spiegazione, e il risultato complessivo finisce per essere una pellicola indecisa, che giunge al lieto fine solo a costo di grossi buchi nella trama.

Eppure, nonostante questo, il film si fa vedere senza che i difetti maggiori infastidiscano troppo. Si tratta, in fondo, di un prodotto fortemente localizzato nel tempo, a partire dalla regia che usa abbondantemente camera a mano, montaggio da videoclip e musica elettronica. Se questo significhi “moderno” oppure “modaiolo”, sta a ogni spettatore deciderlo, in base alla personale sensibilità. Quello che rimane, dal punto di vista positivo, sono almeno un paio di colpi di scena d'effetto (sonoro), in grado di far saltare sulla poltrona l'intero cinema, e un attento gioco di equilibrismo a partire dalla sterzata fantascentifica, che riesce quantomeno a non toccare il ridicolo involontario, sempre in agguato quando si tentano simili crossover di generi.

Piacerà a chi vuole passare un'ora e mezza di discreto interesse, e non ha gusti troppo difficili in fatto di idee e sviluppo delle stesse. Gli altri usciranno dalla sala con l'amaro in bocca, per una serie di promesse non mantenute da uno script che pareva buono, e invece si perde nell'anteporre personaggi che si fanno sempre più incolori man mano che la storia procede, troppo impegnati a urlarci in faccia le spiegazioni per essere davvero interessanti.