Chi é Aileen Wuornos? O meglio, chi era?

Prima dell’uscita del film, qui in Italia, solo gli appassionati di biografie criminali conoscevano la risposta. Aileen é considerata la prima donna serial killer della storia americana. Una prostituta che, lungo le strade della Florida, uccise sette clienti a colpi di pistola per autodifesa. Questa infatti fu la strategia difensiva adottata durante il processo. Condannata a morte, è stata giustiziata nel 2002. Fin qui i fatti, nudi e crudi. Ma dietro c’è dell’altro. C’è una donna che Charlize Theron, con un’interpretazione che lascia senza fiato, ha prelevato dagli sterili archivi di polizia e tribunali (che la considerano solo un’assassina) per mostrarci il suo lato più umano. Quello che attrice e regista ci offrono è una vicenda tragica che non indugia in falsi moralismi né si sofferma troppo a lungo sulle scene degli omicidi, arrivando a ottenere un duplice, pregevolissimo risultato: rispetto per le vittime e compassione per l’omicida.

Girata nelle località dove, tra l’89 e il 90, sono stati effettivamente commessi i delitti, la pellicola comincia con inquadrature volutamente angoscianti che ci mostrano i terribili anni dell’infanzia e dell’adolescenza di Aileen, segnati da traumi indelebili che la porteranno sulla via della prostituzione fin da giovanissima. Sviluppata una personalità contorta dove rabbia e disperazione assoluta sono gli unici sentimenti che riempiono le sue giornate sulla strada, la donna si imbatte forse nel primo raggio di sole della sua intera esistenza in un bar. Selby Wall (Christina Ricci) ha 18 anni ed è una lesbica che i genitori hanno mandato a vivere con una vecchia zia nel tentivo di curare la sua omosessualità. Ostracizzata da sempre per la sua diversità, Selby riesce a comprendere nel profondo una donna che, come lei, ha vissuto una vita da emarginata. L’atteggiamento brusco di Aileen non allontana Selby che, anzi, ne percepisce la fragilità. Né la allontana il sapere cosa Aileen fa per vivere. La scintilla scocca tra le due e Aileen si aggrappa a questo nuovo amore con una rinnovata visione della vita e la speranza in un futuro migliore. Cerca di trovare un’occupazione seria, ma il suo carattere e la sua inesperienza si rivelano fatali. Non le resta che tornare sulla strada e, a quel punto, ciò che accade tra lei e un cliente è la goccia che fa traboccare il vaso. L’uomo la stupra e Aileen reagisce uccidendolo con una pistola. Lo choc per la violenza subita e la necessità di denaro, la spingeranno ad altri sei omicidi.

Monster è uno di quei film che scombussolano anima e corpo e vale la pena di essere visto. La rimarchevole trasformazione fisica della Theron, unita a una recitazione di altissimo livello, valgono da sole il prezzo del biglietto. Quando l’attore mette da parte la sua immagine per darsi totalmente al personaggio che interpreta, realizza la magia che dovrebbe essere l’obiettivo di ogni artista. E osservando Charlize sullo schermo ci si dimentica che stiamo guardando una delle donne più affascinanti di Hollywood. Ingrassata di parecchi chili, con le sopracciglia depilate, i capelli color castano-topo, i denti finti, lenti a contatto scure e un make-up appositamente studiato per dare alla sua pelle un aspetto lentigginoso, eccola incarnare alla perfezione la serial killer con un’intensità di gesti, sguardi ed espressioni che colpisce fin dalle prime immagini. Ruba inevitabilmente la scena alla collega Christina Ricci che non riesce ad essere altrettanto convincente. Buona l’interpretazione di Bruce Dern, che interpreta l’unico amico di Aileen. Patty Jenkins, qui al suo debutto di scrittrice e regista, può camminare a testa alta ed essere più che orgogliosa di un film che lascerà il segno.

Un’ultima osservazione personale sul titolo: banale (credo per una precisa scelta del regista), ma che descrive perfettamente la performance di Charlize Theron. Un mostro, per l’appunto, di bravura.