Trama: Perdutisi nei boschi del West Virginia, tre ragazzi e tre ragazze si ritrovano inseguiti da un trio di mostruosi esseri non solo dediti al cannibalismo, ma geneticamente mutati e con l’hobby di collezionare macabri trofei umani all’interno di una fatiscente casa in legno. 

 

Perché vederlo: Diretto nel 2003 dal Rob Schmidt autore di Delitto + castigo a Suburbia sotto la produzione del compianto Stan Winston, responsabile delle eccezionali creature di Aliens scontro finale e Jurassic park, si tratta, senza alcun dubbio, di uno dei titoli horror derivati dal successo del remake di Non aprite quella porta, ad esso contemporaneo.

Anche se, in realtà, la vicenda dei freaks amanti del massacro all’arma bianca appare maggiormente come un mix de Le colline hanno gli occhi di Wes Craven e Un tranquillo week-end di paura di John Boorman; mentre lascia tranquillamente pensare che, almeno una volta nella vita, il suo regista sia incappato nella visione di The prey, sconosciuto slasher firmato nel 1984 da Edwin Brown.

E, al di là della critica sociale tipicamente nascosta dietro questo genere di storie, ci troviamo dinanzi ad un buon prodotto che, nonostante una trama fin troppe volte sfruttata dall’universo della celluloide, presenta non pochi pregi, a partire dalla sequela di omicidi (non molti, tra l’altro) abilmente orchestrati senza ricorrere in maniera facile ad esagerati spargimenti di liquido rosso.

Aggiungiamo, poi, il ritmo incredibilmente sostenuto, la mancanza di divagazioni ironiche e, soprattutto, la capacità dimostrata da Schmidt di camuffare di originalità perfino le situazioni più scontate (si pensi solo al modo in cui viene ripresa l’accettata in pieno volto di una delle vittime).

  

Curiosità: Buona parte del film si svolge sugli alberi, costruiti per mezzo di un reticolo di tubi d’acciaio ricoperti di corteccia artificiale all’interno di un teatro di posa vicino a Toronto, in modo da conferire allo spettatore anche un certo senso di vertigine che contribuisce a far levitare la tensione.

Ha avuto quattro sequel concepiti per il mercato video, nessuno dei quali, però, diretto da Schmidt.