Non avrebbe saputo come spiegarlo, ma non sentiva l’attrito della sua pelle sulla propria, il muoversi della carne sotto le sue mani. Le sembrava invece di percepire distintamente l’incedere metodico delle dita di lui sulle scanalature del piede, attraverso tutte le giunture, come se le stesse passando direttamente sopra le asperità delle ossa.

E non era una brutta sensazione. Insolita, ma gradevole. Sicuramente un’illusione dovuta alla bravura dei massaggiatori Dynter.

Ma quando le mani di Christian presero a risalirle le gambe, le sue supposizioni crollarono di colpo. Adesso era sicura di sentire i suoi palmi attorno alle tibie, mentre procedeva verso le ginocchia. Lo sentiva muoversi nello spazio tra le tibie e i peroni, dove non si può arrivare dall’esterno, lo sentiva entrare e stringere da dentro, scendendo nuovamente verso i piedi.

Strillando, si sollevò a sedere.

– Rilassati, Eva – disse lui con la sua voce delicata. – Il disagio scomparirà non appena i tuoi sensi si saranno adattati alla nostra tecnica.

– Ma... come?

– È il massaggio delle ossa – la interruppe Christian. Quella voce, così morbida, così convincente. La svuotava di ogni intenzione.

– Dammi un’altra opportunità – continuò, e il suo tono era irresistibile.

– Non è possibile – gemette lei, ma era una protesta inerte, docile.

Era assurdo, se ne rendeva conto, ma aveva quasi voglia di riprovare l’ebbrezza di quel tocco estraneo dentro di sé, sulle ossa.

Eva si distese nuovamente sulla pelliccia fine che la cullava senza apparentemente muoversi, che respirava calma sotto di lei, e sentì subito le mani di lui avvolgere le sue, le dita intrecciarsi con le dita.

– Svuota la mente, Eva, e accogli il piacere che il mio massaggio può offrirti – sussurrò lui.

Ma Eva era già persa.

Era un’ebbrezza, sì, a pensarci bene era come uno stordimento. Le mani di lui che le risalivano le braccia, lentamente, scorrendo leggere sulle sue ossa lunghe, fino ad arrivare a stringerle le clavicole come maniglie, e poi giù di nuovo a frugare le piccole giunture delle dita.

E poi su ancora a impugnare le clavicole e lasciarle solo per avvolgere la gabbia toracica in un abbraccio di mani che seguivano il ritmo del suo respiro, lo accompagnavano, e poi dita che entravano come pettini tra gli incavi delle costole.

La stava toccando dove dovevano essere i suoi seni, il suo petto caldo che rantolava in sospiri profondi, irregolari.

Allora perché non sento nulla su di me, solo attraverso me? Come fa a toccarmi dentro, sotto la carne? Mi sembra di essere fatta d'aria. Tutta, tranne le ossa, che lui sfiora e stringe e poi carezza e fa risuonare come il bordo di un bicchiere. Sento che tutto il sale, la sabbia fina che forma il mio scheletro, sta vetrificando. Al tocco delle sue dita splendide io divento di vetro.

Poteva sentire il suono delle sue costole che vibravano, al passaggio di quelle mani. Poi, all’improvviso, una certezza orribile, ma ovattata, distante, come una rassegnazione.

Quando mi alzerò, so che non riuscirò a sostenermi e cadrò dilaniata da un mare di schegge. Quando uscirò, morirò per il frantumarsi di tutte le mie ossa di vetro sotto il peso dei miei passi.

Christian infranse i suoi pensieri:

– Ora non muoverti. Ti toccherò dov’è la tua vita.

Eva strinse i denti, sentendolo scendere lungo il costato, fino al ventre. Allora lui entrò nella sua cavità toracica, e doveva averle tastato il cuore, doveva per forza averle attraversato i polmoni per arrivare ad accarezzare le costole da dentro, seguendone l’arco fino al loro nido tra le vertebre, mentre invece Eva non avvertiva che l’onda delle sue mani che continuava a lambirle tutte le ossa, una per una.

Si sentiva totalmente in balia del suo massaggiatore, ora che lui scavava dentro al suo torace. Nonostante il piacere, non poteva fare a meno di pensarsi fragile con il cuore così esposto, così facile da afferrare e stringere, adesso che batteva forte, che scaricava sangue rapido, carico di adrenalina.

Lui sembrò cogliere la sua agitazione. Si estrasse e le affondò invece le mani nelle cosce, stringendole i femori fino a farle male. Le sfuggì una lacrima, asciugata subito dalla benda già intrisa di sudore.