Ciao Gianfranco, ben tornato su Horror Magazine. Ci eravamo lasciati l’ultima volta in occasione della nuova edizioni di “Cry Fly Trilogy” (Mondadori) e successivamente con l’uscita del tuo romanzo “Il Cerchio Muto” (Editoriale Nord). In questi giorni i lettori possono trovare un tuo nuovo libro intitolato “Continuum”, pubblicato da Tre60 libri, nuovo marchio di TEA che pubblica novità assolute di autori italiani e stranieri al prezzo competitivo di 9,90 euro. Come è nato questo nuovo lavoro e cosa ci puoi dire di questa nuova collana?

Ben ritrovati a voi! Come si dice: sembra ieri! Invece sono passati tre anni dal mio ultimo libro pubblicato, ma adesso finalmente ci siamo. La nuova creatura delle tenebre è nata. E strilla come un’ossessa. Il romanzo si doveva intitolare Anestesia dell’ombra, ed era già stato annunciato in rete un anno fa. Poi, essendo in clamoroso ritardo per la consegna del manoscritto a causa del corposo lavoro effettuato per la fiction del Tredicesimo apostolo, tutto si è dovuto spostare in avanti. Nuove considerazioni commerciali sono sopravvenute e alla fine si è deciso di fare uscire il romanzo in questa nuova collana della Tea, dal titolo enigmatico e accattivante: Tre60. Libri rilegati a prezzo stracciato. Uno dei tanti tentativi per arginare la fottuta crisi. (In questo caso: un elegante tentativo!, assolutamente di classe, considerando gli ottimi titoli e i bei libri che stanno sfornando). A quel punto si è pensato di cambiare anche il titolo. Anestesia dell’ombra era bello, oscuramente poetico, ma piuttosto criptico, e abbiamo pensato di sostituirlo con qualcosa di più diretto. Alla fine mi è uscito Continuum, a cui è stato aggiunto il sottotitolo: il soffio del male, per non lasciare alcun dubbio sul tipo di trama trattato. Sapevamo che sarebbe stato trasmesso a breve un serial tv canadese di fantascienza con quel nome e non volevamo che potessero nascere equivoci. Così la creatura tenebrosa è stata battezzata ufficialmente. E devo dire che il nuovo titolo mi piace molto, e mi sembra davvero perfetto per il tipo di storia che è venuta fuori.

“Continuum” riprende un personaggio che abbiamo già visto in altri tuoi romanzi. Quel Francesco Negronero, già protagonista di “Immagini Collaterali” (Addictions) e padre di uno dei personaggi di “Il Cerchio muto”. Come si colloca temporalmente questo episodio all’interno del tuo personale universo narrativo? Inserire questi continui rimandi ti diverte tantissimo, ma bisogna aver letto gli episodi precedenti per poter leggere questo romanzo?

Questo romanzo, così come gli altri, ha una trama indipendente, che diventa dipendente solo per chi ha letto i precedenti. Dal punto di vista cronologico, Continuum si pone esattamente in mezzo, fra Immagini collaterali e il Cerchio muto. Ormai andare avanti indietro a ruota libera sta diventando una delle mie peculiarità deliranti di scrittore, considerando che ho fatto la stessa cosa con Genia e Resurrectum. Scrivere qualcosa che si pone cronologicamente prima di qualcosa di già pubblicato diventa un vero delirio, a meno di non aver già pensato prima entrambe le trame nei minimi particolari, cosa che io, naturalmente, non faccio mai. Tutto deve tornare e non si può uscire da quello che è già stato seminato. Ma del resto: adoro le sfide impossibili e quindi va bene così. Ho pubblicato ormai 19 romanzi, e sono tutti in qualche modo collegati. Il mio universo creativo è un gran golosone e vuole cibo, per crescere sempre di più: parallelo da morire.

Il romanzo viene definito come thriller, ma gli amanti dell’horror tout court (come molti dei lettori di HM), avranno pane per i loro denti?

Avranno non solo pane. Ma anche tante bistecche: al sangue, naturalmente. In realtà si tratta di un thriller soprannaturale, proprio come il Cerchio muto. Un poliziesco che prende via via le sembianze di qualcosa d’altro. All’inizio sembra addirittura una gangster story. La sfida fra un poliziotto duro e senza paura e un criminale spietato: un pericoloso boss che dirige una holding criminale per soddisfare certe sue pulsioni, una sorta di serial killer formato Al Capone. Poi la trama si evolve, si espande, si trasforma. Alla base di tutto c’è una riflessione sulla nascita del male, visto come un qualcosa di profondo, che parte dalla nostra interiorità per proiettarsi all’esterno fino a divenire entità: tangibile e pericolosa. Gli incubi si materializzano battezzati dal dolore. E il count down inizia… Con i suoi inarrestabili battiti di tempo: tic tac tic tac…

Cosa è cambiato nella tua scrittura (se è cambiato) dai tempi del “Cerchio muto”?

È una domanda a cui non so rispondere. Gli esseri umani si evolvono di continuo. E gli scrittori non sono da meno, grazie a Dio. Il cambiamento è inevitabile, passano gli anni e le esperienze ti segnano nel bene e nel male. Se avessi scritto Continuum tre anni fa, forse lo avrei realizzato in modo diverso. E se avessi scritto ora il Cerchio muto non sarebbe stato come quello di allora. La creatività è sempre qualcosa d’insondabile che agisce seguendo logiche interiori su cui abbiamo pochissimo controllo. Soprattutto quando è sincera e spontanea.

Il Cerchio Muto è stato tradotto e distribuito in Germania. Cosa ci puoi dire di questa edizione e come è stato accolto il romanzo dal pubblico tedesco? Saranno tradotti altri tuoi romanzi per l’estero?

È stato molto entusiasmante seguire le diverse fasi della lavorazione della versione tedesca. Mi sentivo continuamente con Birgitte Hopken, la mia traduttrice, per far sì che il testo non venisse stravolto troppo e che la sua poetica rimanesse intatta. Poi, quando ho avuto fra le mani il volume finito, con quel titolo strano: Todesmaske, che significa maschera della morte, e la copertina diversa. E lo ho aperto… Era strano vedere tutte quelle parole incomprensibili sulle pagine… Che erano però le mie parole. Pensare che persone di un altro paese possono leggerti, e comprenderti: è davvero una cosa che ti riempie di orgoglio. Un’esperienza che ovviamente spero di ripetere.

Come è stato lavorare per la realizzazione del Tredicesimo apostolo?

Terribilmente impegnativo. Non tanto per il lavoro creativo in sé, che non si discosta tanto da quello che si fa per scrivere un romanzo: ti fai venire un’idea, cominci ad elaborarla, la espandi, la fai crescere. Ti documenti e trovi altre idee da altre idee. Il problema è che non è un processo solitario, ma collettivo. Tante teste devono entrarci per dire la loro. E devi rassegnarti a fare cambiamenti continui. Riscritture su riscritture. Perché bisogna accontentare la produzione e poi la rete e poi il regista… Io ho partecipato a questo progetto, scrivendo la bibbia iniziale, naturalmente sotto la supervisione di Pietro Valsecchi, capo supremo della TAODUE. In seguito avrei dovuto continuare ad occuparmene assieme a Sandone Dazieri. Alla fine, però, per una serie di vicissitudini, la stesura finale è stata affidata a un gruppo di giovani editor interni alla casa di produzione. E io ho scritto solo due sceneggiature sulla base della nuova versione. E sono sempre loro che hanno scritto la seconda stagione, che andrà in onda il prossimo anno e per la quale io: dichiaro la mia assoluta innocenza. È stata comunque una bella esperienza, appagante, proprio in tutti i sensi. Sono appassionato da sempre di cinema e di serial televisivi e quindi: diventare autore di un progetto così importante è stato fantastico, al di là del risultato finale… E spero di poterla ripetere con la realizzazione di qualche nuovo lavoro, magari, chissà: con qualcosa di tratto dai miei romanzi.

Un tuo racconto (“Fino alla fine”) è stato incluso, recentemente, nell’antologia Apocalissi 2012 (Bietti) curata da Gianfranco de Turris. Ci racconti (senza anticiparci troppo) la tua visione di Apocalisse?

La mia visione dell’Armageddon ho già cominciato a (de)scriverla nei volumi della saga di Genia, che per ora sono solo due. E Fino alla fine, è un racconto che si rifà a quell’immaginario lì: ci sono riferimenti ad un altro racconto intitolato Alla fine dell’estate, apparso nell’antologia horror In fondo al nero da me curata e pubblicata nella collana di Urania Mondadori nel 2003. In pratica piccoli frammenti che hanno a che fare con il libro finale della saga, semmai lo scriverò.

Stampa digitale e stampa cartacea. Il tuo parere e come vedi in quest’ottica il futuro dell’editoria.

Per me risulta insopportabile leggere il testo di un romanzo per diletto sul computer. Quindi non credo per niente nella formula ebook. Il libro deve essere un oggetto da assaporare da tenere in mano, da guardare, da annusare. Le pagine debbono contenere le nostre impronte digitali e organiche, deve essere una cosa nostra, da sfogliare liberamente, da iniziare, da leggere a metà, da terminare, usandola a tuo piacimento.

Ti rifaccio una domanda, che ti feci ai tempi di “Cry Fly Trilogy”: parliamo della narrativa horror italiana. Ultimamente sembra tirare una brutta aria in questo settore. Gli spazi che si erano creati (anche con collane da edicola) sembrano aver subito un’inversione di tendenza e si assiste, forse, a un nuovo fenomeno di chiusura verso il genere. Che ne pensi? È possibile scrivere ancora horror in Italia e ci sono speranze per gli esordienti?

Storia vecchia e ritrita. Così come i discorsi che si fanno a riguardo. I discorsi si aprono e si chiudono e poi si riaprono. Le definizioni cambiano e nello stesso tempo restano sempre le stesse. Alla fine i romanzi buoni, sono buoni e quelli cattivi sono cattivi, al di là del genere. Io da sempre faccio libri dove mescolo tanti generi insieme, ed è la mia particolare forma di ribellione riguardo queste preclusioni editoriali. Occorre uscire dagli schemi, dalle gabbie, lo dico da sempre, letteratura è libertà che libera. La cosa importante è condividere delle emozioni, con intensità, senza paura. Tutto il resto è marketing. Niente per cui valga la pena boccheggiare. Gli esordienti, così come i professionisti, debbono fare una sola cosa: credere nella propria febbre. Se hai qualcosa da dire: devi cercare di dirla. Fare di tutto per riuscirci, con le parole che vuoi: le tue. Senza preoccuparti troppo dei contorni.

Farai un tour promozionale per “Continuum”? I tuoi fan dove ti potranno incontrare?

Per adesso ho un'unica data certa: la prima presentazione del libro sarà a Milano. Rassegna Borderfiction, all’Hotel Admiral, il 20 giugno. Parleranno del mio libro Andrea G. Pinketts, Andrea Carlo Cappi e Stefano Di Marino, tre grandi autori, tre grandi amici. E ci sarà da divertirsi! Poi ho intenzione di mettere su il solito reading concert sul romanzo, che intitolerò: Continuum redivivo, parole e musica per far rivivere il romanzo in un live show con musicisti d’eccezione. Farò una data a Bologna, credo alla fine di Luglio al Caffé Teatro Costarena in via Azzogardino 48, con la collaborazione del Ten Teatro di Graziano Ferrari.

Qualche anticipazione sui tuoi prossimi progetti?

Debbo mettermi sotto a scrivere (assieme a Jo Lancaster Reno) il quinto romanzo della serie di spionaggio Hydra Crisis (il numero quattro uscirà il prossimo anno). E poi uno dei tanti prequel/sequel da piazzare… E speriamo che non arrivi davvero l’Apocalisse. E che possa chiudere qualche altro cerchio prima della fine della fine. Un Continuum inarrestabile!

Gianfranco Nerozzi è nato a Bologna nel 1957. È passato attraverso numerose esperienze artistiche, fra cui la pittura e la musica, ed è appassionato di culture orientali (pratica diverse discipline di combattimento ed è cintura nera di karate), ma è soprattutto uno degli autori di genere più apprezzati del panorama italiano. Nel 1990 entra tra i finalisti del Premio Tolkien con il racconto In fondo al nero e nel 1991 pubblica il suo primo romanzo, Ultima pelle. Da allora, la sua attività di narratore non si è mai interrotta: dal thriller Cuori perduti (Premio Tedeschi per il miglior romanzo giallo dell'anno) a Genia (Premio Le Ali della Fantasia) allo sconvolgente Resurrectum. Nel 2009 ha pubblicato il Cerchio Muto per Editoriale Nord. Ha scritto anche moltissimi racconti apparsi in diverse antologie e alcuni romanzi per ragazzi.