Rebecca Johns ci porta, con La Contessa nera, nella brutale e fredda Ungheria di fine cinquecento, narrandoci la storia di Erzsébet Bàthory, detta la contessa Dracula, accusata e condannata a essere murata viva in una stanza fino alla morte, per aver ucciso e torturato innumerevoli giovani serve.

Il romanzo è una sorta d'epistolario che scrive la contessa in prima persona, rivolgendosi a suo figlio, mentre già si trova incarcerata. Nelle lettere la donna racconta la sua vita dall'infanzia fino al tragico epilogo.

Erzsébet è fin dalla più tenera età innamorata sopratutto dei libri e poco propensa a imparare le arti femminili, che la madre cerca d'insegnarle. Appena adolescente, viene fidanzata al potente e nobile Ferenc Nádasdy. Per i primi dieci anni, il matrimonio non le porterà nessuna gioia. Ferenc è uomo sempre lontano, più interessato alla guerra e alle scorribande che a lei. Erzsébet rimane sola e la responsabilità di gestire le proprietà e i beni del marito grava tutta sulle sue spalle. Tuttavia Erzsébet è una donna istruita e testarda, ciò che vuole ottiene, i mezzi con cui raggiungere i suoi fini non hanno importanza. Non tollera in casa sua né pigrizia né ozio, pena pesanti punizioni.

La sua vita non è facile, le gioie sono sempre seguite da tragedie. Con il tempo impara ad amare il marito, che, però, muore prematuramente. Ha sette figli ma ne perde tre, due a causa della peste e una l'allontana perché illegittima. Con il passare degli anni le sue preoccupazioni aumentano, senza un marito è alla mercé degli amici e dei vicini, tra cui deve destreggiarsi per riuscire a salvare le sue proprietà e il suo status. E più le sue paure crescono, più la sua intransigenza aumenta, sfociando nella paranoia. A subirne le conseguenze è la sua servitù. Ogni errore è visto come un dispetto, ogni lamentale come un tradimento. Erzsébet trova la sua valvola di sfogo nel perseguitare le sue serve...

Per una volta la protagonista non è un eroe e nemmeno un anti-eroe, è un'assassina. Se da un lato il contesto storico, può in parte giustificare alcune sue scelta, dall'altro la contessa raggiunge eccessi che nemmeno alla nobiltà del tempo, a cui era concesso molto, poteva essere perdonato.

Efficace la descrizione della civiltà del tempo, senza filtri o censure, dove la nobiltà era molti gradini al di sopra dell'uomo comune. Un nobile poteva quasi tutto, poteva spezzare gli arti di un uomo e lasciarlo morire dentro una carcassa di un cavallo sviscerato, poteva incatenare una donna nuda a un palo e ricoprirla di miele lasciandola esposta al sole e agli insetti per giorni. Poteva tutto questo, ma non quello che fece la contessa Bàthory...

Per quanto però le rievocazioni d'epoca siano morbosamente affascinanti, non salvano un romanzo che racchiude in sé un importante difetto.

Se la contessa nera riesce a interessare, sicuramente non incanta.

L'anello debole del romanzo è proprio la sua protagonista, un personaggio che risulta incompleto e irrisolto. Fatto che deriva in parte dalla scelta di presentarlo in una visione totalmente soggettiva e sopratutto in un finto racconto al figlio amato (si può sospettare in più punti un'autocensura). Dall'altra parte, però, la visione soggettiva doveva offrire la possibilità di spiegare meglio le sue ragioni, la sua morale, ma questo la Johns non lo fa.

Ne risulta un personaggio certamente abbruttito dalla vita, che più che averala scelta le è stata imposta. Tuttavia non si arriva mai a comprenderla, la sua personalità è solo tratteggiata e molto resta sotto un tappeto di reticenza.

Inoltre Erzsébet risulta ingenua fino all'inverosimile, non comprende fino alla fine la gravità dei sui delitti, che lei non vede mai come tali, ma sopratutto non vede il pericolo che questi causano alla sua reputazione. Credibile il suo mancato pentimento per gli omicidi che lei vede come atti compiuti in pieno diritto derivante dai suoi nobili natali, ma la sua cecità di fronte ai pericoli sociali, che la sua condotta poteva portare, non è coerente con il suo personaggio.

In conclusione La Contessa nera, è il naufragio di una donna, schiacciata da una società maschilista e dalle proprie insicurezze e paure. Una donna che perde la ragione e la connessione con la realtà.

Estremamente umana, ma tutto è abbastanza scontato e già letto.