Il mondo è in mano agli zombie, chi l’avrebbe detto, eppure partendo da un assunto così banale, David Wellington ci regala qualche ora di divertimento ininterrotto, come dire... vorace.

Questi esseri disgustosi e goffi, capaci di tenere nefandezze sono i figli di quelli partoriti da George Romero e lasciati a far la spesa al supermercato. E infatti, non a caso, Mr. Wellington è nato a Pittsburgh, la città della Notte dei morti viventi.

Zombie Island vive di contrasti e capovolgimenti: dai semplici ribaltamenti geopolitici (gli umani tengono duro solo nel Terzo Mondo), a quelli scenografici e più intimamente narrativi (Manhattan comparve nella nebbia che si diradava. Sembrava una catena di montagne in stile cubista, sospesa sopra l’acqua. Come una fortezza sul punto di sbriciolarsi. Ma aveva sempre avuto quell’aspetto. Mi ero aspettato di vedere qualche segno evidente di danni, una sorte di cicatrice dell’Epidemia. Non c’era nulla. Soltanto il silenzio, quella calma assoluta che aleggiava sull’acqua, avvertiva che da quelle parti era successo qualcosa di brutto), fino allo stravolgimento delle aspettative stesse del lettore: chi sia aspetta puro intrattenimento rimane deluso come pure chi si aspetta un trattato sociologico. Wellington allude, suggerisce, provoca senza risultare spocchioso.

Dire che già stiamo vivendo nell’era dell’homo mortis, che siamo tutti morti, è semplice, certo, ma è altrettanto innegabile; e in questo sta il nocciolo “popolare”, lansdaliano, del romanzo e anche un suo essere propedeutico a riflessioni più profonde. L’autore porta un po’ oltre il parallelismo essere umano/zombie, ovvero, cosa succederebbe se i non morti, solitamente senza volontà, si organizzassero? Il processo di umanizzazione di questi mostri è fra le cose che colpiscono di più: non tornano solo per attaccarsi al ricordo di quello che furono, ma hanno fame, qualche bisogno secondario e brama di esistere. Non sono solo un riflesso, sono il nostro volto tragico.

Qualcuno potrà obiettare che Zombie Island è uno di quei romanzi scritti con lo stampino. E allora? La cara, vecchia formula protagonista/antagonista/quest/scontro finale funziona ancora. E non è il caso di tirare in ballo i videogame: vista così, anche l’Odissea potrebbe essere un giochino ripetitivo, con tanto di mostri per livello.

Nota: Il romanzo è stato pubblicato ad agosto 2008 come Urania Horror 2, supplemento al numero 1537, col titolo di Monster Island