In occasione dell'uscita dell'antologia I vicini di casa edita da Watson Edizioni, abbiamo intervistato per voi Tamara Deroma, torinese, classe 1979.

Fin da giovanissima si dimostra un'appassionata lettrice di genere fantasy e horror.  La sua saga  I 7 Demoni Reggenti, il primo volume esce nel 2009, ha un meritatissimo successo che porterà alla realizzazione degli altri libri, Il Portale Oscuro (2010), Il Salvatore (2013), L'alba dell'apocalisse (2016), Essenth (2017).  L'autrice ha inoltre pubblicato diversi racconti horror tra cui l'ultimo lavoro, di cui parleremo tra poco.

Ciao Tamara, benvenuta su Horror Magazine.  Innanzitutto grazie della disponibilità. 

Ciao e grazie a voi!

Come stai, come stai vivendo questo periodo così particolare, riesci a scrivere?  

Me la cavo abbastanza bene. Sono abituata a lavorare in casa, nel silenzio assoluto o al massimo con un sottofondo musicale. Tante ore davanti al PC, pause ridotte al minimo, solitudine. Niente vittimismo, per carità, è una scelta che a me calza alla grande. Il difficile è mantenere la concentrazione in un periodo così angosciante come quello che stiamo vivendo. Prendere a pugni l’ansia e sperare di produrre qualcosa di buono. A volte va bene, altre no. L’importante è leggere e scrivere ogni giorno. Insistere. Su quest’ultimo punto, considerata la mia testardaggine, sono avvantaggiata.

Da poco è uscita l'antologia I vicini di casa, che contiene il tuo racconto Il capolavoro. Ti va di accennarci, in breve, l'argomento trattato? Cosa fa paura in questo racconto?

Intanto voglio puntualizzare che scrivere racconti, per una logorroica come me, è sempre una sfida. Limitarsi a un numero massimo di battute, riuscire a dire tanto in poche righe, non è per niente facile. Per questo i racconti sono un’ottima palestra per chi vuole approcciarsi alla scrittura o anche solo allenarsi. 

Il tema dei vicini di casa offre un sacco di spunti e gli esempi in negativo non mancano, ma ho tratto ispirazione da un’immagine che mi si è impressa nella mente durante la rilettura delle norme redazionali: una stanza in penombra; al centro, una donna davanti allo specchio di un comò, il corpo nudo, tinto di rosso. Era nata Benedetta, un’anima tormentata dalla schizofrenia, inadatta al mondo che la circonda e schiava di quello che considera il suo unico amico, il demone Ozvah. Senza affetti che si prendano cura di lei, Benedetta si rifugia nella pittura. Dipinge con il suo stesso sangue e, mentre dolore e piacere si confondono, Ozvah la manipola a suo piacimento. Sa come stuzzicarla, come tentarla, come portarla all’estremo. Conosce la sua ossessione per la vicina di casa, Amelia, e ne approfitta. Ma in questo racconto la paura non è rappresentata solo da Ozvah. A spaventare, è il diverso. È la malattia mentale di Benedetta che la spinge a godere nel farsi del male, a dipingere con il suo sangue, a non saper controllare le pulsioni sessuali, a odiare e desiderare ossessivamente. Mi auguro che il lettore esca turbato dall’incontro con Benedetta, ma che allo stesso tempo provi compassione per la sua misera condizione.

A tuo avviso c'è stato qualcosa in particolare, nella tua vita, che ti ha fatto avvicinare all'horror e al fantasy rispetto ad altri generi considerati più femminili? 

Sono nata e cresciuta a Torino, culla esoterica. Già questa è un’aggravante, ma il mio interesse per il paranormale mi accompagna da quand’ero bambina. Ai libri per adolescenti, che pure ho letto, preferivo le storie tenebrose. Snobbavo i protagonisti dai buoni propositi, i perfettini. Seguivo con interesse quelli misteriosi, i crudeli di spessore. Demoni e vampiri su tutti. Per me è sempre stato naturale schierarmi con la natura oscura. Affinità. 

A che età hai cominciato ad appassionarti a questo genere e quale autore ti ha colpito inizialmente?

Da adolescente ho scoperto l’horror grazie a Stephen King. Lovecraft e Poe sono arrivati dopo. Galeotta fu la miniserie tratta dal romanzo, "It". Avevo dieci o undici anni e non sto a dirvi quanto ne sia rimasta affascinata e spaventata a morte. Per mia fortuna, mio padre leggeva King e non solo. In casa, i libri non mancavano. La proposta andava dai grandi classici, alle avventure di Salgari, ai fantasy, alla fantascienza. Libri, fumetti. Un’altra valida apripista è stata "La Divina Commedia" di Dante Alighieri. L’Inferno, in particolare, ha colpito il mio immaginario. Per una volta, la scuola mi è servita a qualcosa.

L'horror e le donne. Parliamo un attimo di questo binomio.  Pur essendo un genere prevalentemente maschile sono sempre più le dame che vi si cimentano e con ottimi risultati.  Tu come ti senti in qualità di donna-horror? Sei mai stata discriminata rispetto ai colleghi uomini? Credi che l’editoria italiana vi tratti allo stesso modo?

Vorrei poter dire di sì, ma mentirei. Purtroppo c’è ancora molto scetticismo nei confronti di una scrittrice che si cimenta nell’horror. La consuetudine che non sia in grado di produrre un lavoro valido è dura a morire. Eppure ci sono donne dalla penna tagliente, capaci di farti prendere un mezzo infarto a ogni colpo di scena, come pure ci sono uomini dalla penna così sensibile da firmare melodiosi romanzi d’amore. L’affinità a un genere non ha sesso. Editori e lettori dovrebbero fare ammenda, aprire la mente e dare più possibilità alle scrittrici nostrane, soprattutto nell’horror e nella fantascienza. Un ringraziamento, naturalmente, va a chi già lo sta facendo. 

Cosa è l'horror per te? 

È adrenalina pura. Una droga che crea dipendenza senza effetti collaterali. Un lungo viaggio nel tunnel del terrore, tra desideri nascosti e fantasie ardite. L’horror è il ponte che ci collega al bisogno di brivido. Siamo attratti dalla paura, da quel che c’è dietro la porta, al buio, in fondo al corridoio, giù in cantina. Sappiamo che appellandoci alla tavoletta Ouija uscirà uno spirito maligno, che l’uomo con la scure non è lì per tagliar la legna, che il mostro sotto al letto aspetta una mossa falsa, tuttavia ci inginocchiamo sul pavimento. Speriamo che il protagonista lo faccia perché, tramite lui, tocchiamo l’oscurità che ci spaventa e attrae. Anche solo per un istante.

Ti chiedo un’opinione da scrittrice: secondo te come mai la letteratura horror rimane un prodotto di nicchia, mentre al cinema lo stesso genere attira molti spettatori?

Perché l’horror, qui da noi, è catalogato tra le letture degli strani. In Italia se leggi/scrivi fantasy o fantascienza, sei un infantile. Se leggi/scrivi horror, sei un disturbato o comunque qualche problema ce l’hai. Assecondare il bisogno di brivido è tabù e non deve essere sdoganato. Non conto nemmeno più le volte in cui mi si è chiesto perché ho scelto questo genere. Lo percepisco che i più vorrebbero domandarmi che problemi ho, cosa non va in me. Scrivo di demoni, tra l’altro. Il peggio del peggio per i buoni samaritani. Perché al cinema è diverso? Credo dipenda dal fatto che sia un mercato del tutto separato dall’editoria. Due binari paralleli che non si incontrano mai. Chi guarda horror sul maxischermo, spesso non è un lettore. Non mi dilungo sullo scarso bacino di utenza dell’editoria, è sotto gli occhi di tutti. Se lo spettatore horror è anche un lettore, quasi di sicuro bazzica i grandi autori stranieri. Gli italiani non li conosce e nemmeno gli importa. O magari sì, ma l’editoria di casa nostra snobba il genere. Anzi, snobba l’autore nostrano, quindi ha una grande responsabilità in tutto questo. 

Il tuo libro e il tuo film horror preferiti: quali sono?

ll romanzo "Vampiri" di John Steakley. Mi ha aperto un mondo. Credo che lo rileggerò ancora un milione di volte prima di morire. Film horror preferito, "Il Corvo" con Brandon Lee. Lo so, non è un horror puro. Se non me lo passate, dico "The Others". Kidman e atmosfere da urlo. In tutti i sensi.

Cosa ti fa veramente paura nella vita e cosa ti mette i brividi nella finzione?

La mia paura più grande è veder soffrire i miei cari e non poter muovere un dito per aiutarli. Credo non ci sia nulla di peggio. Oppure diventare un peso per loro, magari a causa di una malattia, un incidente. Sarebbe insopportabile. Nella finzione non c’è brivido migliore di una possessione con esorcismo annesso o una casa infestata. 

Sei più per lo splatter o per la tensione psicologica?

Tensione psicologica. È quella che mette davvero il terrore addosso. Lo splatter lo associo più alla repulsione. Non lo condanno, anzi, nei miei libri ce lo metto volentieri, ma credo che vada dosato. Si rischia di annoiare o di ridicolizzare, soprattutto sullo schermo.

Come sei riuscita a entrare nel mondo della scrittura?

Per caso. Ho sempre scritto per me stessa, ma, terminato "I 7 Demoni Reggenti", un paio di persone fidate mi hanno convinta a tentare la strada della pubblicazione. Mi sono buttata. Ho fatto la mia brava gavetta, ho peccato di ingenuità, ho studiato e studio per migliorarmi. Per fortuna in questo settore c’è sempre da imparare. Il difficile non è pubblicare, è trovare qualcuno che creda nel tuo lavoro al punto da investirci sul serio. Il difficile è lavorare sodo, tirare fuori qualcosa di buono, crederci nonostante tutto. È dura, ma la soddisfazione di sentire le emozioni di chi ha amato i tuoi romanzi, a voce o per mail/messaggio, vale ogni goccia di sudore (o sangue) versato.

Sempre parlando di scrittura, hai qualche sogno o progetto che ancora non hai realizzato 

Il mio sogno è quello di raccontare le mie storie a un numero sempre maggiore di lettori. Riuscire a coinvolgerne di nuovi, magari di lingue e culture diverse. Approdare ai paesi anglofoni è un progetto che mi piacerebbe realizzare. Da quelle parti, i romanzi horror sono visti in maniera diversa. Sono considerati letteratura. Poi c’è il progetto più ambizioso, quello che chi ama la saga mi chiede dalla prima pubblicazione: un film o una serie tv a tema "7 Demoni Reggenti". Be’, questo sarebbe davvero un Sogno, la “s” maiuscola è d’obbligo. È ben accetta una produzione su altri miei lavori, eh. Non diamo limite all’immaginazione. :D 

Ti va di raccontarci una tua giornata dedicata alla scrittura? Come ti organizzi?

Mi alzo presto, musica di sottofondo e giù a scrivere. Interrompo per leggere o studiare, mangio mentre lavoro. Di solito vado avanti fino a sera con poche pause. Con mio marito in smart working, le cose sono un po’ cambiate. Mi fermo per la pausa pranzo, poi entrambi torniamo ai nostri uffici, lui in mansarda, io in sala. Lavoro di giorno, ma i brani migliori li ho scritti a tarda ora. Sono una creatura della notte.  

Quella de I 7 demoni reggenti è una saga davvero appassionante. Da dove è nata l'idea iniziale per sviluppare questa storia molto articolata e ricca, e soprattutto come hai creato questi personaggi così ben riusciti? Ti sei ispirata a persone reali? 

L’idea generale è nata parecchi anni fa. Frequentavo le scuole superiori, avrei dovuto impegnarmi di più nello studio, ma sognavo a occhi aperti. La demonologia, l’occulto in generale, mi suggerivano spunti interessanti e farneticazioni. Storie, personaggi. I libri a tema, la musica, i fumetti, gli anime, il cinema, tutto ha contribuito a posare un mattone per la creazione dei Reggenti. Avevo in testa una trama a grandi linee e i personaggi principali, ma ho iniziato a sviluppare i primi capitoli solo attorno al 2001, tra gli appunti del corso di programmazione post diploma. Scrivevo nel poco tempo libero, tra un lavoro e un altro. Ho mollato il romanzo per poi riprenderlo, mollarlo di nuovo. Ci ho messo un’infinità a terminare la bozza. Nel frattempo, i personaggi erano diventati reali. Li conoscevo perfettamente. Pregi, difetti. Sapevo cosa pensavano, come si sarebbero comportati in ogni situazione. Erano veri. Ci tenevo tanto che lo fossero. Non mi sono ispirata a persone reali. All’inizio speravo di inserire qualcosa di due persone a me care in Judith e Lene, ma poi, proprio come ogni altro protagonista, si sono ribellate ed espresse in libertà. È stato un bene. Ora mi limito ad assecondare ogni voce del romanzo e a preparare colpi di scena degni di essere definiti tali. Ci pensano i Sette a imporre alla trama la direzione giusta.

Qual è il tuo personaggio a cui sei più legata?

Sono due, quelli a cui sento di aver regalato qualcosa di me. No, non sono ispirati a me. Hanno qualcosa di me. Parlo di Shell dell’Invidia e Rayiin dell’Accidia.

Ti ringraziamo moltissimo per averci dedicato questo tempo e chiudiamo l’intervista con un’ultima domanda molto importante: quali sono i tuoi progetti per il futuro? E soprattutto quando avremo modo di leggere il nuovo capitolo della tua saga?

È stato da poco pubblicato il racconto "Il Capolavoro" per Watson Edizioni, dopo che un altro racconto, "La Regina della Notte di Natale", era uscito a febbraio per Delos, ma dovrei avere una terza sorpresa per i primi mesi dell’anno prossimo. In cantiere c’è anche un romanzo horror metropolitano, nuovo di zecca. Di quest’ultimo non conosco la data di uscita, per ora. Non posso fare anticipazioni, ma posso dirvi che il sesto capitolo della saga "I 7 Demoni Reggenti" è già a buon punto. Con la casa editrice abbiamo rallentato causa covid-19, ma verso primavera dovrebbe uscire e non vedo l’ora di presentarlo. Colpi di scena assicurati, preparatevi! 

Grazie a voi di Horror Magazine e a presto!