Iniziamo con il precisare che Lovecraft Country, pur contenendo ovvi riferimenti alla mitologia di H.P. Lovecraft, non è ispirata a nessuna delle opere del Solitario di Providence. La serie è l’adattamento dell’omonimo romanzo di Matt Ruff (in Italia pubblicato da Piemme con il titolo di Lovecraft Country. La terra dei demoni).

Il libro, così come lo show, è ambientato negli Stati Uniti del 1954 e racconta della comunità nera di Chicago che si ritrova coinvolta nelle oscure ambizioni di una società occulta.

L’orrore fa così il suo ingresso nella già spaventosa America di Jim Crow. Tutto ha inizio quando Atticus Freeman (Jonathan Majors), un veterano della Guerra di Corea, parte alla ricerca del padre scomparso (Michael K. Williams) insieme alla sua amica Letitia (Jurnee Smollett) e allo zio George (Courtney B. Vance). Le tracce portano ad Ardham (no, non si tratta di un refuso ma di una storpiatura della più celebre Arkham), dove i tre vengono a conoscenza di un antico culto, i cui adepti primatisti bianchi hanno però bisogno di Atticus per portare a termine i loro terrificanti piani. 

Negli Usa dell’odio razziale dunque, i temi e l’estetica di Lovecraft diventano il pretesto per creare una narrativa di genere che fino a poco tempo fa non aveva mai visto protagonisti di colore.

Seppure le premesse siano incoraggianti, ben presto gli eventi si fanno confusi e la trama eccessivamente gravata da una serie di temi slegati tra loro. Un miscuglio di contenuti che fin troppo di frequente virano nella tragedia, anche quando assolutamente non necessario allo sviluppo del racconto. Lo stesso accade per gli eventi storici reali che restano separati dalla storia, finendo per risultare un riempitivo più che un modo per dare maggiore credibilità alla trama. E si sarebbe anche potuta perdonare questa volontà di raccontare troppo, se almeno l’esecuzione fosse stata degna di nota.

Se la letteratura di Lovecraft è soprattutto ambientazione, la serie mette invece in primo piano i personaggi, la cui evoluzione è spesso goffa e caotica. Prendiamo ad esempio il rapporto tra Ruby (Wunmi Mosaku) e Christina (Abbey Lee): il loro legame sarebbe stato il mezzo perfetto per esplorare le dinamiche tra razza, sesso e potere e invece finisce per essere poco più di uno spettacolo splatter. Lo stesso accade con Ji-Ah (Jamie Chung) che personifica poco altro rispetto allo stereotipo della seduttrice asiatica. Lovecraft Country non riesce a ribaltare i cliché razziali e anzi li rafforza. Gli stessi protagonisti della serie si trasformano in quel Magical Negro che è proprio della miglior tradizione bianca hollywoodiana.

C’è però un aspetto interessante che riguarda i personaggi principali. I protagonisti dei racconti di Lovecraft sono tutti uomini bianchi, di solito eruditi, che rimangono atterriti una volta messi di fronte all’indifferenza del cosmo. Se loro non hanno altra scelta se non impazzire, la discesa nella follia non è cosa che riguarda i protagonisti della serie.  Atticus, così come la sua comunità, ha imparato fin troppo presto che l’universo non è stato creato per lui e non ha nessun interesse a indagare i misteri insondabili che il cosmo nasconde: salvarsi è il suo unico obiettivo, da qualunque minaccia. La continua lotta per la sopravvivenza di un nero nell’America razzista degli anni ’50 diventa così un vantaggio. Atticus in particolare riesce ad adattarsi facilmente a quello che gli accade intorno, conosce Lovecraft, le sue storie, sa bene cosa lo attende, ed è pronto a superare ogni ostacolo.

Lovecraft Country cerca di raccontare il razzismo così come brillantemente fatto da Watchmen, ma si perde in una miriade di generi, di questioni, coinvolgendo non solo Lovecraft, ma un intero secolo di letteratura. Insomma, un omaggio e allo stesso tempo un ripudio della “letteratura bianca” che probabilmente inizia con le migliori intenzioni, ma si richiude in quello stesso dogmatismo che vuole contestare, peraltro in uno spettacolo che solo di rado è quello che avrebbe potuto essere.

Che il razzismo sia onnipresente nella storia americana è un dato di fatto. Gli Stati Uniti sono da sempre il paese di Lovecraft, ma non certo a causa del Solitario di Providence che merita di essere ricordato per la sua opera e non essere continuamente additato come razzista. E noi meritano un racconto migliore di Lovecraft Country.

Solo alcuni dei mostri che Atticus incontra non sono umani, ed è proprio questo il discrimine tra un buon racconto e un mediocre racconto: riuscire a indicare chi è il vero cattivo.