Film del 1960 diretto da Alfred Hitchcock, tra i più conosciuti del regista e suo maggior successo commerciale, tanto da aver dato il via tre sequel, uno spin-off e un remake di Gus Van Sant. La pellicola, candidata a quattro premi Oscar, è tratta dall’omonimo romanzo del 1959 di Robert Bloch, a sua volta ispiratosi alle vicende reali di Ed Gein che tra il 1947 e il 1957 uccise due persone in Wisconsin, decorando la casa con i resti delle sue vittime. Hitchcock acquistò i diritti del romanzo per soli 9mila dollari, in forma anonima, per poi comprare più copie che poteva del libro per cercare di mantenere il finale segreto. Anche Non aprite quella porta (1974) e Il silenzio degli innocenti (1991) hanno attinto alla figura di Ed Gein.

Trama: Marion scappa dalla sua città con quarantamila dollari rubati, durante la fuga si rifugia in un motel dove la attende una sorte crudele. Più tardi il suo fidanzato, insieme alla sorella, svolgeranno indagini per scoprire cosa le è accaduto.

Perché vederlo: Girato all’interno degli Universal Studios, Psycho ebbe a disposizione un budget di 800mila dollari, per risparmiare ulteriormente tempo e denaro Hitchcock si servì della stessa troupe con cui aveva lavorato alla serie tv Alfred Hitchcock presenta.

Quasi tutta la vicenda si svolge nella cupa casa dietro il Bates Motel il cui design fu ispirato da un dipinto di Edward Hopper, The House by the Railroad del 1925.

Il film fu realizzato in bianco e nero sia per contenere i costi sia per evitare problemi con la censura; Hitchcock infatti viola il Codice Hays mostrando esplicitamente il sangue (realizzato con del cioccolato fuso). La decisione si rivelò azzeccata, la fotografia di John L. Russell si fonde con la scenografia e accentua il clima di angoscia che soffoca lo spettatore.

Massiccio è l’uso del red herring, tecnica che spinge lo spettatore a concentrarsi su cose poco importanti ai fini della trama: la prima parte della pellicola si sofferma quindi sulla fuga di Marion che termina con il terribile omicidio, per l’epoca piuttosto crudo. La morte della protagonista dopo appena 40 minuti di visione rappresentò un importante cambiamento delle convenzioni del racconto cinematografico.

Psycho fu costruito proprio intorno alla celebre scena della doccia che, basata su uno storyboard di Saul Bass, si discosta notevolmente dalla descrizione di Bloch che mostra Marion decapitata. Nonostante il noto passaggio duri solo 45 secondi, per realizzarlo occorsero 7 giorni di lavorazione e 72 posizioni della macchina da presa. L’accoltellamento ne dura poi solo 22 e, a dispetto delle 35 inquadrature, non si vede mai affondare il coltello nel corpo di Marion.

Hitchcock voleva che la scena della doccia non fosse accompagnata da nessun commento musicale, ma Bernard Herrmann lo convinse a cambiare idea dopo avergli fatto ascoltare la sua composizione di archi stridenti. Dopo la scena della doccia di forte impatto, Hitchcock evitò scene troppo violente, perché il pubblico potesse ricordare lo shockante omicidio iniziale.

Psycho è anche tra i primi film ad aver utilizzato effetti speciali atti ad aumentare il senso di orrore: l’inquadratura finale mostra Norman Bates sorridente mentre sul suo volto si sovrappone il teschio della madre, altra sua vittima. Anthony Perkins rende magistralmente l’equivocità del suo personaggio, abietto e attraente allo stesso tempo, tanto da non riuscire più a scrollarsi di dosso questa interpretazione che lo portò alla fama: in molte altre pellicole seguenti vestirà infatti il ruolo del maniaco omicida.

A sottolineare la dualità c'è la continua presenza degli specchi che, così come ne La donna che visse due volte, simboleggiano appunto la doppiezza e la complessità di Norman Bates che poco alla volta diventa sempre più esplicita. La troupe non incappa mai, nelle complicate riprese, nell’errore di apparire nel riflesso di uno dei tanti specchi.

Hitchcock è l’indiscusso maestro del brivido, abilissimo nella costruzione della tensione e altrettanto astuto nel distruggere qualsiasi aspettativa del pubblico. Psycho è un capolavoro del thriller in grado di atterrire e scuotere anche a distanza di più di cinquant'anni.

Curiosità: Hitchcock fa la sua usuale, breve apparizione davanti alla società dove lavora Marion, con in testa un cappello texano. Il regista si mostra all’inizio del film perché teme che gli spettatori si distraggano per cercarlo tra le comparse.