Quattro vampiri: Viago (379 anni), Deacon (183 anni), Vladislav (862 anni) e Petyr (8000 anni), condividono un appartamento nella periferia di Wellington. Una sera, la schiava umana di Deacon porta loro la cena. La vittima è Nick, uno studente universitario. Petyr per errore lo trasforma e da questo momento la vita dei quattro protagonisti si complica. La vampirizzazione di Nick porterà solo guai.

What We Do in The Shadows è una commedia sorprendente, capace di rinnovare con intelligenza la cinematografia di genere pur non alterando (e soprattutto non degradando) la classica e rassicurante immagine del vampiro. Il film è strutturato come un mockumentary: una coraggiosa troupe di umani, che si premura di cercare protezione in crocifissi e collane d’aglio, si aggira nell’abitazione decadente e impolverata dei vampiri perché sia portata alla luce la vita segreta di questa inquietante comunità e si documenti la preparazione dell’annuale ballo in maschera organizzato dai non morti.

Il film comincia più che bene con l’esilarante presentazione dei quattro personaggi, impacciati ed egocentrici, raccontati alle prese con le faccende domestiche e con la non facile interazione sociale. La ferocia propria di queste terrificanti creature della notte è nascosta da una caratterizzazione scanzonata che fa il verso alla molesta tragicità dei vari Twilight. I non morti di Jemaine Clement e Taika Waititi si vestono di uno spirito leggero ma non dimenticano i fondamenti vincolanti dettati dalla cinematografia e dalla letteratura. Ci si fa beffe di tutte le spaventose caratteristiche dei vampiri ma nell’ossequioso rispetto della tradizione, e così ironia nera e scene di splatter non mancano di citazioni accostate a soluzioni farsesche. La sequela ininterrotta di gag ideata dai due registi trova quindi gioco facile sugli stereotipi del genere: l’omoerotismo, il non potersi specchiare, la necessità di essere invitati a entrare, la maledizione della vita eterna.

La cura dei costumi e della scenografia è maniacale, così come accurata è la caratterizzazione dei personaggi, ognuno di loro attinge dalle numerose raffigurazioni che il mito del Conte ha affrontato durante gli anni. Viago è un dandy del 18° secolo, elegante, pedante e attento alla forma. Vladislav è il depravato del gruppo, sanguinario e violento, trascorre il suo tempo tra la camera da letto e quella delle torture. Deacon è il giovane ribelle, sempre pronto a far festa. Petyr è l’anziano del gruppo, per aspetto molto simile al Nosferatu di Murnau, e passa tutto il tempo relegato nella sua bara nel seminterrato. Il ritmo non è sempre sostenuto e pecca di una narrazione un po’ episodica, nonostante questo la pellicola si spiega piuttosto linearmente. Ottimi gli effetti speciali, anche in questo caso si mantiene il legame con la tradizione: all’uso della computer grafica viene infatti preferito un trucco più artigianale.

What We Do in The Shadows è un film straordinario, un gorgo demenziale in cui tutto è possibile che trasforma la crudeltà dell’horror in un irresistibile black humor, un film consigliato anche agli esegeti del genere. In conclusione segnalo un altro mokumentary, sotto molti aspetti simile a questa pellicola neozelandese: Vampires film del 2010 diretto da Vincent Lannoo, anche questo purtroppo mai uscito in Italia.