Trama: Abituato a strappare il cuore alle proprie vittime, il serial killer Jonathan Chambers viene giustiziato sulla sedia elettrica ma torna in vita, più spietato di prima, per lasciarsi dietro una nuova scia di cadaveri nei corridoi di un ospedale in cui è ricoverata anche la giovane Sara Wexler, reduce da un tentato suicidio.

 

Perché vederlo: La specialità dell’omicida in questione è chiara già nel corso dei titoli di testa, quando lo vediamo, appunto, impegnato a strappare a mani nude il cuore ad un povero malcapitato.

L’idea di base non è certo delle più nuove, se consideriamo non solo che di vendicativi ammazza-innocenti tornati dopo l’esecuzione capitale ne abbiamo avuti, sullo schermo, in Prison di Renny Harlin, Sotto shock di Wes Craven e La casa 7 di Jim Isaac, ma anche che massacri in corsia sono stati raccontati, tra gli altri, nel secondo Halloween e nel terzo Maniac cop.

Datato 2006, però, il film di Bob Keen, effettista dalla lunga carriera (Punto di non ritorno, i due Waxwork e il terzo Hellraiser nel curriculum) già cimentatosi diverse volte dietro la macchina da presa (citiamo solo Proteus), colpisce il fan puro del genere per la sua capacità quasi nostalgica di rievocare quel certo spirito dei sanguinolenti b-movie degli anni Ottanta, il cui scopo principale era inscenare un liberatorio massacro.

Infatti, mentre la protagonista di cui sopra viene aiutata nella lotta per la sopravvivenza da un coetaneo di colore ricoverato nel posto, il body count non è affatto basso e lo splatter si spreca.

Senza alcuna pretesa e con la velocità tipica degli slasher che segnarono l’epoca d’oro di Venerdì 13 e derivati.  

 

Curiosità: Nel ruolo di uno sceriffo troviamo Robert Englund, il Freddy Krueger della serie Nightmare.