Abbiamo intervistato Danilo Arona a pochi giorni dall'uscita nelle librerie del suo nuovo romanzo Palo Mayombe, edito dalla Dario Flaccovio Editore di Palermo.  L’autore non si è potuto sbottonare più di tanto sull’argomento, per non “anticipare troppo” ai suoi lettori: ne abbiamo approfittato per interrogarlo su molti degli argomenti che costituiscono “l’Universo Arona”.

In un'intervista rilasciata a CarmillaOnLine, affermi che "Palo Mayombe" era in origine un racconto e che è ANCHE un'antologia. Puoi aiutarci a capire meglio?

"Palo Mayombe", il libro da poco uscito per  Dario Flaccovio Editore, nasce come development dal racconto La mano sinistra del Diavolo, pubblicata nell'antologia di Mondadori 14 colpi al cuore. Raccontarne in poche parole non è proprio facile... In ogni caso c'è una maledizione a catena che colpisce nel mondo in modo selettivo oscuri e celebri personaggi del mondo della musica. E' la "Cazuela", il maleficio della mano mozza, nato nel 1989 nella fattoria degli orrori di Matamoros e transitato per Cuba, Key West, Giamaica, Ibiza e che termina, apparentemente, in una nebbiosa e anonima città di provincia dell'Itala del Nord. Ogni "tappa" di questa via crucis dell'orrore è raccontata da un protagonista diverso che ne offre anche la sua interpretazione, quasi sempre difforme. Posso aggiungere che, secondo una tecnica già collaudata ne Il vento urla Mary [una precedente raccolta di racconti dell'autore. NdR], "Palo Mayombe" si legge come un romanzo ma ogni capitolo può essere consumato autonomamente. 

 

Il Palo Mayombe è una religione africana: quali sono i suoi aspetti che ti hanno più colpito e ispirato per il romanzo?

Quelli cruenti e orripilanti che il mondo ha conosciuto, appunto, dopo la vicenda di Matamoros, che portò alla luce nel 1989 la figura del narcosatanista Adolfo Constanzo. Una storia così zeppa di efferatezze che, ancora oggi, nessuno ha il coraggio di servirsi del diritto di cronaca storica per divulgarne i particolari. E' un vuoto che tento di colmare in parte. Constanzo uccise un numero imprecisato di persone, torturandole in modo terribile. Il tutto nell'indifferenza delle forze dell'ordine che non si curavano affatto della sparizione di gente messicana. Quando, alla fine, scomparve un turista americano, Mark Kirloy, entrò in scena l'FBI e si pose fine alla carriera di questo impazzito Torquemada. In "Palo Mayombe" ho ricostruito puntigliosamente tutto questo iter criminale, servendomi di documenti autentici del Boureau. 

 

Chi è il protagonista del romanzo? Qual è il personaggio che preferisci tra quelli da te creati in passato?

In "Palo Mayombe" si muovono diversi protagonisti, chi più chi meno legato al mondo della musica. Quasi tutti con evidenza una proiezione dell'autore. La musica e la notte sono fonti inesauribili d'ispirazione se vuoi scrivere thriller. Ci sono due gruppi, Zake Amplas and the Juke e Lostress, che sono l'uno lo specchio dell'altro. C'è Zuna Desante, la mia versione della divina Sade Adu. Poi il fantasma di Bob Marley, Casone il musicista menagramo... Tutta gente sfiorata, per caso o per imprudenza, dai mefitici effluvii del Nganga, la pentola magica che è l'altare per antonomasia del Palo Mayombe. Ci sono persino un vescovo di settant'anni e un batterista gay e, siccome tutti i racconti sono narrati in prima persona, si potrebbe sottolineare che sono tutte quante "parti del Sè" dello scrittore. Personaggi che, più "deviano", più mi piacciono... In ogni caso il mio personaggio preferito, in questo momento, è quello su cui mi sto concentrando da molti mesi, Nico, un ricco quarantenne fatuo e insignificante che, facendo il pirla in macchina, provoca un incidente uccidendo la giovane moglie. Lo prediligo perché alla buon'ora non sono io, quindi mi devo proprio spremere le meningi per dargli anima e motivazioni. Rimasto vedovo, Nico compera una villa a strapiombo sul mare in un'isola deserta dalle parti dell'arcipelago toscano. Qui vuole morire a causa del senso di colpa, uccidendosi di alcol e d'inedia... E' ovvio che ci sarà un "ma". Però per più di cento cartelle ci sono solo lui e quest'isola immaginaria, abitata unicamente da capre selvatiche. I miei lavori hanno sempre avuto necessità di tanta gente, caos e corpi. Qui volto pagina e provo a sperimentare. Questo romanzo s'intitolerà Malapunta.

Il tuo amico Gianfranco Nerozzi ha recentemente confessato in un’intervista che gli piacerebbe molto poter scrivere opere di “horror puro” senza dover cedere ai compromessi imposti dalle grosse case editrici. La strada editoriale dell’horror in Italia è proprio così “sbarrata”? E’ capitato anche a te di dover rinunciare a progetti “troppo horror” a favore di opere “camaleonte” più vicine al thriller/giallo? Come “definiresti” il tuo nuovo romanzo?

Parlo per me. Non so quanto il Nero sia d’accordo. Io però non ritengo di scrivere horror puro. La mia è una letteratura meticcia che, con una certa umiltà e molto senso del divertimento personale, tenta di sovvertire qualche canone e di proporre qualcosa di nuovo, un’idea, una visione del mondo o la possibilità di spiegare la storia feroce dei nostri tempi attraverso un mix, non troppo ragionato, di generi popolari. In modo anche da interessare più lettori, sia quelli che amano il realistico noir alla francese che i “fantascientifici”. Sono anche dell’idea che gli italiani in genere si stiano avviando a fondare una scuola (gotica o mitica, non lo so, è un degno argomento da convegno universitario…) con peculiarità proprie e riconoscibilissime: Baldini, Nerozzi, certo Lucarelli, Sclavi, Evangelisti, e tanti altri “minori” (ma importantissimi) che non posso citare qui per mancanza di spazio. E’ un blob culturale che proietta i suoi frutti a mo’ di schegge impazzite, ma il fenomeno è in atto. Certo, un po’ di lotta bisogna anche farla. Ma la strada è meno sbarrata che in passato. A me molti anni fa è solo successo di non poter pubblicare “Rock” con la casa editrice che l’aveva opzionato a causa di una scena onirica molto violenta e morbosa, ma sostanziale nell’impianto della storia. Secondo l’editor andava tolta, punto e basta, perché un certo pubblico si offendeva o si scandalizzava. Penso che oggi, al di là del genere di pertinenza, un fatto del genere non accadrebbe più. Definire “Palo Mayombe”? Potrei risponderti, sogghignando un po’ sotto i baffi, che, uscendo nella collana Gialloteca di Dario Flaccovio, gli amanti della definizione sono serviti… Per me, in ogni caso, si tratta di un noir dove il terrore scaturisce dall’atmosfera e dai dialoghi e anche, in senso accademico alla Todorov, dalla “esitazione” sull’interpretazione della realtà. Quasi tutta in pieno sole.

Che fine fanno i racconti che ti vengono commissionati per progetti che poi non vedono la luce? Sono molte le tue produzioni ancora inedite che tieni nel cassetto?

Mah, di solito tutto vede la luce prima o poi. In questo momento d’inedito, a parte “Malapunta” che sto finendo, ho solo il sequel di”Palo Mayombe”.

“Un brivido sulla Schiena del Drago” è stato recentemente ristampato dalla Editrice Impressioni Grafiche. Hai in mente qualcosa di simile anche per “Il vento urla Mary”? Molti tuoi racconti sono apparsi solo su riviste o raccolte “miste”: hai qualche progetto “antologico” su di loro?

No, francamente non ho progetti antologici. Queste sono idee di esclusiva pertinenza di chi fa l’editore.

Ho notato che da più di due mesi sul sito inAlessandria.it non compaiono nuovi interventi nella tua rubrica “Misteri di Provincia”: progetto terminato o misteri esauriti? Il materiale raccolto per questa rubrica ti ha fornito ispirazione per altre produzioni più vicine alla ghost story classica?

Il sito ha avuto un lungo cambio gestionale durante il quale mi sono preso le ferie…Scherzi a parte, i “misteri di provincia” non possono considerarsi eterni, soprattutto in una provincia come la mia che, da qualche anno a questa parte, sembra essere divenuta ancora più ostica per certi argomenti. Non so, per qualche mese posso ancora far vivere la rubrica di rendita. Poi vediamo. Per la seconda domanda, la risposta è un sì senza condizioni. Non più tardi di un mese fa, un vecchio “mistero”, incamerato nel mio archivio come “Il pupazzo misterioso”, ha fornito impianto e ispirazione, senza che io cambiassi praticamente nulla, per un racconto intitolato Dagida che finirà nell’antologia Dreadful Dolls pubblicata contemporaneamente in più nazioni europee.

E’ uscito pochi mesi fa per Falsopiano il tuo saggio “L’esorcista, il cinema, il mito”. Poco prima era stato il turno di “L’ombra del dio alato”. Nel decennio passato videro la luce “Satana ti vuole” e “Possessione mediatica”. Danilo Arona e “il demonio” sembrano fare “coppia fissa”. Da dove nasce la tua passione per l’argomento? E cosa ne pensi dell’allarme satanismo in Italia, che ciclicamente viene lanciato dalle frange più sensazionaliste dei media? Il fenomeno è così esteso come si dice che sia?

Il demoniaco e il theological horror sono tra le stanze più affascinanti del vasto condominio del gotico. Chi non è rimasto colpito, ai suoi tempi, da Rosemary’s Baby o, appunto, da L’esorcista? La mia passione per l’argomento nasce dal cinema, come al solito, e nasce indubbiamente dalla passione un po’ morbosa che lo spettatore sente nei confronti della “assenza” del mostro. Il diavolo, in effetti, sempre chiamato in causa, è la “creatura” più visivamente assente dai film che lo tirano in ballo e non c’è bisogno di ricordare quanto siano stati ridicoli, nei vari periodi storici, i tentativi di “comprenderlo”. E’ proprio per questo che quella statuetta impolverata, nel prologo de “L’esorcista”, colpì così a fondo l’anima di una generazione. L’allarme satanismo è un allarme mediatico, ovvio, dove la stampa ci campa e i titolisti, a volte, ci prendono per i fondelli, definendo “satanisti” persino i dementi lanciatori di sassi che qualche anno fa uccisero da un cavalcavia una poveretta che stava andando in vacanza con il marito. Il fenomeno però esiste, fuor di dubbio. La sua estensione si può solo ipotizzare. E qualche prolungamento nella cronaca nera, come insegna l’inchiesta di Giuttari (e qualche mia ipotesi già anni adombrata in “Satana ti vuole”), è garantito. Non ho il minimo dubbio ad esempio, parlando a titolo personale, che il misterioso delitto di qualche anno fa avvenuto a Castelluccio dei Sauri (la studentessa soffocata da due pseudo-amiche) abbia una sua “leggibilità” satanica, parola di un laico.

Sei un esperto di cinema: dove sta andando quello horror? Il filone “demoniaco” si è esaurito o ci sono stati film “di genere” negli ultimi anni che ti hanno soddisfatto? Il nuovo capitolo de “L’esorcista” cambierà la situazione?

Sarò controcorrente. Ma a me il settore pare vitale. Averne di film come The Ring di Verbinski, My Little Eye, Cabin Fever o Identity. Con persino dei sequels che, quasi quasi, funzionano meglio dei capostipiti, come Final Destination 2 e Jeepers Creepers 2. Sì, certo, è horror “divertente” (per capirci), tutto sommato classico e che, forse, osa poco, discorso a parte per tutta la mitologia sulle “immagini che uccidono” messa in campo da The Ring. Sono solo “prodotti”, però t’inchiodano. Il nuovo capitolo de L’esorcista? E che si dovrebbe dire, se non che porta iella… Con Daniela Catelli abbiamo messo in piedi un capitolo ne “L’esorcista, il cinema, il mito”, tutto dedicato a questo prequel, forti di avere tra le mani lo script originale filmato poi da Paul Schrader. Una storia forse un po’ scontata, però in mano a Schrader… E chi lo sa? Magari ne veniva fuori un piccolo capolavoro, con questa trovata dedicata a noi nostalgici degli anni Settanta del finale in Iraq con Padre Merrin invecchiato che ritrova la statuetta di Pazuzu negli scavi di Ninive che altro non è che la rilettura del prequel di Friedkin. Tutto sparito… La Morgan Creek sta facendo “rifilmare” tutta la storia da Renny Harlin perché, secondo loro, forse c’era poca action. Renny Harlin, quello di Die Hard 2 e di uno dei Nightmare peggiori… Non cambierà nessuna situazione, temo. Ma Daniela è convinta che tra qualche mese vedremo in circolazione due “Beginning”, l’uno contrapposto all’altro. Horror vacui contro horror alla Michael Bay. Bah, così va il mondo e così va il cinema.

Sei un autore decisamente attivo: a cosa hai dovuto rinunciare per trovare il tempo di dedicarti a tutti i tuoi impegni di giornalista, saggista, escrittore?

Potessi tornare indietro, opereresti gli stessi “tagli”?

Non ho rinunciato a nulla. Ho trovato il tempo anche per suonare, fare il dee-jay, sposare la donna dei miei sogni, diventare qualcuno nel settore dell’alimentazione biologica, dare una mano al mio amico Marco Tropea a fondare ad Asti l’Associazione Alberto Tedeschi, scrivere pezzi “dance” per il mercato discografico giapponese e avere un sacco d’amici. Beh, di sicuro non dormo molto.

Non poteva mancare la domanda sui “progetti futuri”: puoi raccontaci su cui stai lavorando al momento?

Lavoro su “Malapunta”. Però sto cesellando anche “Palo Mayombe 2”, titolo presumo provvisorio. In più mi è venuto in mente di presentare al prossimo convegno stregonesco di Triora (31 ottobre 2004) un collective book, che sarà edito da Larcher Editore, in tema: un vero e proprio romanzo “ibrido” che ho proposto ai più bei nomi della letteratura nera italiana. Hanno tutti detto di sì, ma non mi posso sbottonare sino a quando non ho incamerato tutti i contributi. Posso però dirti che stiamo andando alla grande perché tre “frammenti d’autore” sono già in memoria nel mio hard disk. Nei prossimi mesi anch’io ne saprò qualcosa di più. Anzi, guai se non va così… Infine, se posso sbilanciarmi, mi auguro che Dario Flaccovio diventi in futuro il mio interlocutore privilegiato. Amo questa casa editrice dove ho trovato amicizia, competenza e una progettualità che condivido in pieno. E’ un bel matrimonio fra Nord e Sud, visto che io abito in Piemonte e Dario Flaccovio è di Palermo. In questi tempi di “separatismi” mi sembra proprio il massimo...

Danilo Arona, classe 1950, nato ad Alessandria, giornalista e direttore della rivista mensile "La guida della notte", vademecum piemontese dedicato agli usi e ai costumi del tempo libero notturno tra Alessandria a Milano. Al suo attivo: un incalcolabile numero di articoli disseminati fra i giornali locali e non ("Il Piccolo di Alessandria", "Notes", "La Stampa") e riviste varie ("Robot", "Aliens", "Cinema & Cinema", "Focus" e "Primo Piano"); saggi sul cinema fantastico ("Guida al fantacinema" per Gammalibri, "Guida al cinema horror" per Ripostes, "Nuova guida al fantacinema - La maschera, la carne, il contagio" per PuntoZero, "Vien di notte l'Uomo Nero - Il cinema di Stephen King" e "Wes Craven - Il buio oltre la siepe" per Falsopiano) e saggi sul fantastico "sociale" ("Tutte storie", Costa & Nolan, "Satana ti vuole", Corbaccio, "Possessione mediatica", Marco Tropea Editore), e romanzi fanta-noir a rigida ambientazione italiana. "La penombra del gufo" e "Un brivido sulla schiena del Drago" per Amnesia, "La pianura fa paura" per l'Editoriale AGP, "Rock" acquistabile on-line sul sito delosstore.it e "Il vento urla Mary" per PuntoZero. Ha curato le versioni italiane di "Rock Babilonia" di Gary Herman (Interno Giallo) e di "Secondo natura" di James e Phyllis Balch (Longanesi). Ha partecipato per tre anni consecutivi sotto pseudonimo al Premio Letterario per racconti fantastici "Città di Montepulciano", classificandosi sempre tra il 1° e il 2° posto, dimostrando così che le "metà oscure" sono i migliori compagni di viaggio per gli scrittori che vogliono avventurarsi per le oscure vie della paura e dell'inconscio. Suoi racconti sono apparsi nelle antologie "L'hotel dei cuori spezzati" (Gammalibri), Spettri metropolitani (Addictions), Jubilaeum (PuntoZero) e "14 colpi al cuore" (Mondadori), nonché suoi interventi sono reperibili in "Note di paura", a cura di Edoardo Rosati e Dennis Maroni (Granata Press), "La congiura degli Hitchcockiani", a cura di Roberto Lasagna e Saverio Zumbo (Ripostes), "L'esorcista - Venticinque anni dopo" di Daniela Catelli (PuntoZero) e ne "Il cinema degli alieni" di Roy Menarini (Falsopiano). Collabora alla rivista Carmilla diretta da Valerio Evangelisti. E' membro, con Marco Tropea e Laura Grimaldi, del Comitato Scientifico di "Chiaroscuro - Tutti i colori del libro" famosa manifestazione multimediale che si tiene annualmente durante il mese di giugno in Asti, organizzata dall'Associazione Culturale "Alberto Tedeschi" e dalla Biblioteca Astense.